Cambiamenti (M)

Giancarlo Niccolai
Pillole di Rai’an
7 min readOct 6, 2014

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Satsuki è così paffutella che, ogni volta che la guardo, mi viene voglia di abbracciarmela tutta e soffocarla di bacetti sulle guanciotte!

Oh, le guanciotte! Sono così carine! Ogni volta che le guardo, mi viene voglia di pizzicarle e tirarle per vederle ancora più rosse di come sono adesso!

Oh, sono così rosse! Ogni volta che… beh, insomma, Satsuki è una sorellina terribilmente coccolosa!

Chissà come starà con lo shiroi bianco l’hakama rosso da miko! Insomma, ormai è deciso; ora che Rokugane si è ritirato e Kaori è stata promossa a kannushi, ci mancava una miko, e istruirla toccherà a me, Midori, la nuova prima miko del santuario di Koumon!

Eh già, non ci sono ancora abituata. Io prima miko del santuario di Koumon! E chi l’avrebbe mai detto?

—Midori-san!— mi chiama con una vocina sottile sottile.

—Eddai, che se mi appiccichi il san mi fai sentire vecchia!—

Satsuki ha quattordici anni, ed io ho passato da poco i diciotto; non mi va di farmi dare della “signora” da una ragazzina che potrebbe essere la mia sorellina.

—Ma… Kaori-sama ha detto che…—

—Oh, lei il -san e il -sama se li dice persino a se stessa! Perché non mi chiami sorellona?—

—Oh, beh, questo sarebbe troppo…—

Speravo di riuscire a farmi chiamare almeno neesan, ma Satsuki non vuole proprio partecipare. Pazienza.

—Vabbeh, per ora lasciamo perdere. Cosa volevi chiedere?—

—Ecco… è un po’ imbarazzante…—

Le prendo le guanciotte.

—Dovrai ballare di fronte a stuoli di uomini, e ti senti imbarazzata a fare una domanda alla tua sorellona?—

Satsuki mi guarda con gli occhi piagnucolosi, ma io non demordo.

—Non… scono… prsconta!— cerca di dire con le guanciotte fra le mie dita.

—Eh?— la libero dalla terribile presa!

—Non sono pronta, Midori-san!—

—Oh, nessuna lo è! Se fossimo pronte a tutto, non ci sarebbe bisogno di imparare nulla.—

—Voglio dire… io… quando vedevo voi miko passare in paese… con questi bei vestiti… siete così aggraziate… e allora ho chiesto a Kaori-sama come si fa a diventare una miko, ma non avrei immaginato che…—

—Credimi, Satsuki. Se Kaori ti ha scelta per essere una di noi, vuol dire che sarai una grandissima miko!—

—Ma io non so nulla dei kamii!—

—Essì, i kamii sono una cosa molto misteriosa. Misteriosissima!— le sorrido furba e misteriosa.

—Ma, Midori-san… come farò ad accettare Touga-sama durante la notte di veglia, se non so nemmeno per bene cos’è un kamii?—

Sospiro e guardo il lago. Il nostro santuario sorge a metà altezza di una stretta valle, sul fondo della quale giace il lago di Koumon, la porta della luce. Camminando camminando, siamo giunte sulla minuscola spiaggetta di terra umida che si stende per qualche passo, lì dove arriva il sentiero che scende dal santuario.

Placido, il sole si sta adagiando dietro ai monti a ovest, come volesse tirarseli addosso e coprirsi fino al naso, mentre s’infila nel suo futon e si mette a nanna.

I suoi raggi battono di sbieco sulle piccole onde del lago, spargendo la luce di miliardi di pietre preziose sulle chiome della foresta, che sembra volersi tuffare in quest’acqua di un profondo blu lapislazulo, invitata dal dolce tepore di questo pomeriggio di mezza primavera.

—Ecco, lo vedi?— le dico mentre il luccichio dell’acqua si riflette nei miei occhi.

Satsuki cerca di capire cosa sto guardando, guarda prima me, poi il lago, poi ancora me… cerca con lo sguardo fra le onde, ma non trova nulla.

—C’è uno spirito?! Un kamii?!—

—Sì.—

Satsuki affila la vista, ma dopo un po’ si agita, e si dispera.

—Ecco, Midori-san, lo sapevo! Io non vedo nulla! Non sarò mai una miko!—

—E invece, sono certa che lo vedi anche tu. Guarda meglio.—

Satsuki riaffila la vista, ma dopo un po’ si riagita e si ridispera.

—Non c’è nulla! Solo acqua!—

—E… l’acqua cosa fa?—

—Niente, sta lì!—

—Ah, così secondo te se ne sta lì e basta?— le chiedo, furba e minacciosissima.

Satsuki, con gli occhietti ormai pieni di lacrime, mi guarda tutta intimorita.

E d’improvviso, sento la voce di Kaori dirmi severissima nella testa: —Piantala di giocare, sei una prima miko, adesso!— che quasi penso che mi stia parlando attraverso la macchina che Rai’an ci ha donato. Ma no, è solo la mia coscienza. Stupida coscienza, chi ti ha detto di rubare la voce a Kaori!? — che screanzata, guarda che se glielo dico…

Sorrido di me. La mia coscienza ha ragione: è un discorso importante, e dovrei fare la brava prima miko. Sospiro.

—Quest’acqua arriva dal cielo; è scesa accarezzando le montagne, e raccogliendosi in questo specchio. E non se ne starà qui per sempre: scenderà verso il mare, o salirà di nuovo nella nebbia, e il suo viaggio non avrà mai fine.

—Sotto il suo velo, nuotano migliaia di pesci, che sono parte di quest’acqua quanto quest’acqua è parte di loro. Nascono, vivono, respirano l’acqua, e muoiono, e nascono e vivono ancora e ancora.

—I cervi e i corvi scendono a berla, e così l’acqua entra in loro, diventa una pare di loro. E dentro di loro, corre via, vola via, e va sulle cime degli alberi, sopra ai picchi delle montagne più alte.

—Ma anche adesso, in questo momento, guarda! Il sole scende su ogni onda, e la sua luce batte e si riflette come mille piccoli soli, come il cielo della notte. Ogni istante, il sole brilla su un’onda diversa, e le onde mutano, viaggiano, accettano con gioia il fardello di riflettere la divina luce del sole, cosi che grazie a loro, possa continuare il suo viaggio, e…—

Mi volto verso gli alberi scuri dietro di noi, e punto il dito verso il sentiero. Nel fresco buio del sottobosco, la rete di riflessi che salgono dal lago ondeggia, creando un disegno che non si ferma nella mente, che dimentico a ogni istante, e a ogni istante imparo di nuovo.

—Oohh… Midori-san… allora… è un kamii! Questo lago è un kamii!—

—Non questo lago. Non quest’acqua. Eppure, il kamii è qui. In questo lago, e in quest’acqua.—

Satsuki, con le guanciotte tutte perplesse, mi guarda tutta delusa per aver sbagliato la risposta. Che poi, così sbagliata non è, ma ancora non può saperlo.

—Il kamii è ogni onda che si muove, è l’acqua che cade, che scende nel fiume e che sale nella nebbia, che entra nel cervo e nel corvo, che scorre nei pesci, che scende nel nostro corpo, che cade dai nostri occhi.

—Il kamii è ciò che muove ogni onda, è il cadere stesso di ogni lacrima.

—Il kamii è ciò che cambia, senza mai fermarsi. Anzi, non è nemmeno ciò che cambia. È la forza che permette a quel che cambia di cambiare.—

—Cambiare? Come?—

—Diventare qualcos’altro. Nascere. Crescere... Morire. E rinascere.—

—Oh, capisco… il kamii è una cosa che cambia…— annuisce convinta Satsuki, e le sue guanciotte con lei; ma invece, non ha capito nulla. Sospiro e riprovo. Stavolta dispiego sul campo di battaglia gli esempi di Kaori.

—Vedi, c’è un kamii in ogni cosa, perché non c’è nulla che non cambi. Questi alberi; non c’è un solo istante che non cambino. Crescono, fioriscono, spargono il loro seme, e così facendo creano altri alberi; e con essi, altri kamii che cresceranno, fioriranno e spargeranno il loro seme.—

—Ma… ci sono cose che non cambiano!—

—Ah sì? E quali?—

—Beh, questa montagna qui… è sempre uguale da quando sono nata!—

—Uguale!? Guarda, lo vedi quell’albero là?— faccio, e indico un cedro caduto ai bordi del sentiero.

—Sì… ma…—

—Quella che vedi fra le radici è la terra di questa montagna. Non è più dov’era prima che il kamii di quell’albero affondasse le sue radici e la portasse via con sé. Come il kamii dell’acqua le permette di scendere nei nostri corpi, e di cadere dai nostri occhi, così il kamii di questa montagna le permette di nutrire il kamii di questi alberi, e di dare loro la vita.—

Le guanciotte di Satsuki si tingono di rosso, mentre spalanca gli occhi e mi afferra la manica dello shiroi.

—Ma allora…— si guarda i piedi. Sotto i suoi zouri, un sasso rotondo rotola via, e mentre cerca di riprendere l’equilibrio, Satsuki sposta altri sassi.

—Il tuo è un grande kamii: anche solo coi tuoi passi cambi le cose attorno a te, e neanche te ne rendi conto.—

—Ma questi sono solo sassi!— il suo vocino quasi grida, mentre mi tira lo shiroi per mettersi in punta di piedi.

—Certo, loro sono solo sassi; ma un tempo, erano parte di questa montagna, e rotolando rotolando sono arrivati qui; ora il tuo kamii li ha mossi ancora, e il kamii dell’acqua che piove, e poi quello del fiume che si gonfia e ruggisce rabbioso li porterà via, e il freddo di mille inverni, e il sole di mille estati, li spaccheranno, li trasformeranno in altri kamii.—

Satsuki grida e salta, cercando di allontanarsi da quei sassi-kamii che giacciono sotto di lei. E ci riesce. Per un istante. Poi, quando i suoi piedi toccano di nuovo terra, gli zouri scivolano su un altro sasso rotondo, facendole perdere l’equilibrio.

Il suo sedere paffutello finisce su un sacco di kamii.

—Tutto bene?— cerco di dire seria, ma mi scappa da ridere.

—Midori-san…— piagnucola Satsuki, mentre l’aiuto a rialzarsi e le pulisco il sedere dalla terra con delle energiche pacche. Molte pacche. Molto energiche.

—Midori-san!— piagnucola più forte, e io rido.

Quando ho riso abbastanza, e lei ha avuto tutto il tempo di rimproverarmi mettendo il broncio, torno seria.

—Satsuki, il nostro compito è quello di conoscere i kamii, parlare con loro, o alle volte lasciare che siano loro a parlare a noi.

—Presto sarai una di noi, e anche tu vedrai la grandezza di ciò che muove ogni cosa. L’accetterai in te. Ne farai la tua forza.

—Saprai riconoscere quei luoghi e quelle cose dove questa forza si ammala, si contorce, si fa nostra nemica. E imparerai a parlarle, affinché possiamo essere di nuovo amici.

—Ci vorrà tempo. Anzi, non ti basterà tutta la vita. Ma…—

Le afferro le guanciotte e spalanco gli occhi.

—Sarà un sacco divertente!—

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Giancarlo Niccolai
Pillole di Rai’an

Informatico di professione, scrittore per passione. http://www.niccolai.cc — opinions are mine, sharing is not endorsement.