Eureka!
Perché “i 60 sono i nuovi 40”
«Dateci retta, ormai è ufficiale: i 60 sono i nuovi 40»
La prima volta che ascoltai questa frase era la vigilia di Natale: Franco stava guardando negli occhi mio nonno, visibilmente emozionato. Avevano appena festeggiato il compleanno e, dopo una vita trascorsa insieme — dai banchi di scuola al lavoro in corsia — si avvicinava, giorno dopo giorno, la pensione.
Questo succedeva esattamente vent’anni fa: ed oggi?
Per certi versi possiamo addirittura dire che siano gli 80 ad essere i nuovi 60. Per chi se lo fosse perso, infatti, basti sapere che le crescenti conoscenze scientifiche, unite ad un miglioramento medio delle capacità diagnostiche, hanno alzato sensibilmente l’aspettativa di vita media, ridefinendo il concetto di “vecchiaia”. In un contesto simile, allora, cosa significa davvero avere 60 anni? Contando che, entro il 2050, saranno oltre due miliardi le persone che avranno superato quella soglia, pare chiaro a tutti come sia fondamentale, sin da oggi, immaginare un futuro diverso, canuto ma colmo di linfa vitale. Una vera e propria rivoluzione copernicana nella programmazione delle proprie esistenze. Una rivoluzione in cui il concetto di “lungo periodo” sarà completamente da ripensare e i cicli di vita da riconsiderare.
Franco, vent’anni fa, però, aveva tutto ciò già ben in testa. Con aria solenne, dopo aver pronunciato quelle parole, si alzò e, davanti alle nostre famiglie riunite, si schiarì la voce: «È per questo che abbiamo deciso di comprare “Eureka” che ci accompagnerà durante tutta questa nuova giovinezza» «Eureka?» «Sì, la barca dei nostri sogni», intervenne mio nonno.
I due amici si erano organizzati alla perfezione. Dopo una intera esistenza di duro lavoro, di fatica professionale e personale, scoprimmo poi, avevano pianificato da tempo il proprio ritiro dal mondo del lavoro. Grazie a un fondo pensione aperto in simultanea durante gli anni ’70, arrivavano all’alba del nuovo millennio con la possibilità di attingere ad un capitale aggiuntivo, perfetto per togliersi gli sfizi e i desideri di una vita: un po’ di libertà e una barca con cui prendere il largo.
Quando arrivammo al molo, la prima volta, c’eravamo tutti: la nostra famiglia e quella di Franco. L’unica cosa che non c’era era la barca. Non avevamo ancora i cellulari e, dopo dieci minuti di attesa, iniziammo a chiederci dove fossero finiti. Passata mezz’ora mio padre cominciò a preoccuparsi. Poi, all’orizzonte, una vela. Poco alla volta iniziammo a capire che quella era proprio la celebre Eureka. Berrettino in testa, costume ancora bagnato e Franco e mio nonno, raggianti, che ci passano le cime.
«Scusate per il ritardo, ci siamo fermati in una caletta e abbiamo fatto un bagno. Non succedeva da quando avevamo trent’anni.»
