Refugees Welcome

Marta Dall'Omo
Produzioni dal Basso
4 min readFeb 22, 2017

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di Marta Dall’Omo

Ci sono storie che parlano di persone che hanno il coraggio di fare scelte “uniche” che meritano di essere raccontate.

Persone che, nonostante abbiano dei redditi “normali” decidono di rinunciare a qualche privilegio “in più” per ospitare un rifugiato in casa propria. Per non farlo dormire in un campo, per non farlo sentire solo in un paese che “non è il suo”, per dargli un pasto caldo e un luogo da chiamare nuovamente “casa”.

Sono le storie delle famiglie di Refugees Welcome Italia. Un’associazione costituita l’11 dicembre 2015, parte del network internazionale Refugees Welcome, nato per favorire la diffusione dell’accoglienza in famiglia di richiedenti asilo e rifugiati.

Ho intervistato Germana fondatrice del direttivo Italiano, per saperne di più.

Germana, raccontami gli obiettivi di RW.

“Abbiamo un obiettivo semplice: favorire la diffusione dell’accoglienza domestica di coloro che chiedono asilo e dei rifugiati e promuovere esperienze di inclusione che abbiano un impatto positivo sui territori.
Da luglio 2015 siamo operativi anche in Italia.”

Poco più di un anno di attività. Riesci a tracciare già qualche bilancio?

“Siamo partiti senza fondi e con le nostre forze e con l’impegno dei volontari e abbiamo già coinvolto più di 500 famiglie: 500 case pronte ad aprire le loro porte.

Dal 1° Aprile oltre 20 persone hanno già iniziato questa “avventura”.

La “difficoltà” più grande al momento è istituire i “tavoli dei volontari”: ci sono tante cittadine sparse per l’Italia pronte ad accogliere queste persone, ma non possiamo garantirgli il giusto supporto e non possiamo quindi permettergli di “aprire le loro case”.

I volontari infatti assistono rifugiato e “ospitante” in tutte le fasi: dal primo contatto alla convivenza (e anche durante la convivenza continuamente fanno “follow up” per verificare che tutto proceda come deve). Raggiungere centri molto lontani diventa impossibile e quindi, attualmente, abbiamo tante famiglie pronte ad ospitare, ma che non riusciremmo a seguire.

Mi racconti come si accede alla piattaforma?

Chiunque voglia rendersi disponibile ad ospitare un rifiguato in casa propria non deve far altro che registrarsi al sito.
Verrà contattato telefonicamente dal nostro volontario che si occuperà di verificare che vengano rispettati i requisiti minimi: avere una stanza “in più” ed essere disponibili per almeno 3 mesi di convivenza.
Sentite poi le esigenze della famiglia si conoscerà il rifugiato e potrà partire (o meno) la convivenza.

Germana, anche tu sei stata volontaria. Raccontami la tua prima esperienza.

[Lo dice con gli occhi che le brillano.]

Khan e Clara.
Khlan, 22 anni Afgano e Clara, 79 di Milano.
Clara aveva tutta la famiglia contro, ma è andata avanti per la sua strada. Ha aperto le porte della sua casa a Khlan lo scorso Maggio e la loro convivenza si è conclusa a Dicembre perchè lui è riuscito a guadagnarsi la sua indipendenza: lavorando in un ristorante di Milano ha messo da parte i soldi per l’anticipo dell’affitto e oggi vive a pochi km da dove abito io.
Ogni tanto capita che ci sentiamo ancora: andiamo ogni tanto a pranzo da Clara (dove porta quintali di cibo del ristorante dove lavora). :)
Una delle cose belle di queste esperienze sono proprio le amicizie che nascono dietro queste relazioni e il profondo vantaggio che ne deriva, non solo per il rifugiato, ma anche per la famiglia stessa.

Metthew, Fabio e Miriam

Che poi è quello che “ammettono” anche Fabio e Miriam (che potete sostenere qui) ospitando Matthew. E quando gli si chiede “perché lo state facendo”, rispondono così:

“Perché Matthew potrei essere io, o un mio figlio, o chiunque di noi; perché è una occasione per mettersi in gioco e conoscere meglio se stessi; perché fa bene ai miei figli respirare l’aria del mondo; perché un mio piccolo sacrificio economico e un piatto in più sul tavolo hanno cambiato la sorte e la vita di una persona (e questo me lo dice tutti i giorni, a volte in lacrime); perché se vogliamo che ci capitino cose belle, bisogna aprire le porte, altrimenti le cose belle non riescono ad entrare; perché vedo il mondo in cui vivo e lo vorrei migliorare; vorrei un mondo in cui non si è fortunati a seconda di dove si nasce e di chi sono i nostri genitori, se ci sono guerre e povertà o no, ma si è fortunati semplicemente perché si è nati.”

Insomma chi vuole può registrarsi alla piattaforma e offrire la propria casa e chi non se la sente, può aiutare le famiglie che, così coraggiosamente, hanno deciso di compiere questo gesto attraverso una piccola (ma significativa) donazione.

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