Illustrazione di Marco Brancato

Medium, esperienze utente e nuovi scenari
per l’editoria digitale

Cos’è la piattaforma nata dal creatore di Twitter, uno strumento ibrido che si pone a metà tra un social network e un editore.

Jacopo Pompilii
Progetto grafico
Published in
8 min readNov 7, 2015

--

Questo articolo è stato pubblicato su Progetto grafico, rivista internazionale di grafica edita dall’Aiap, Associazione italiana design della comunicazione visiva. Il numero 28, “Pubblicare”, è a cura di Maria Rosaria Digregorio, , Silvia Sfligiotti, Stefano Vittori.

Are you looking for the english version? You can read it here.

Gli strumenti che usiamo tutti i giorni per pubblicare contenuti in Rete sono molteplici e riconducibili a due grandi tipologie: i social media, particolarmente adatti per condividere idee e notizie all’interno della propria cerchia sociale, e i blog, roccaforti di pensieri più articolati e inseriti in un contesto più editoriale. Entrambi gli ecosistemi però sentono il bisogno di espandere i propri confini — mutando e ampliando i propri intenti — i primi verso una maggiore cura dei contenuti, i secondi cercando di inserirsi meglio all’interno delle reti sociali e dei sistemi di diffusione legati a essi. Un esempio è Facebook, che ha introdotto funzionalità in grado di ospitare contenuti giornalistici senza rimandare a siti esterni, e ha rilasciato l’app Paper — progettata da Mike Matas, creatore del pluripremiato libro interattivo “Our Choice — che consente di sfogliare il proprio newsfeed con uno scenario d’uso tipico delle riviste online. Gli editori si trovano quindi a dover ripensare i consueti sistemi di pubblicazione, sviluppando di conseguenza nuove forme di storytelling, e gli utenti dei social media si ritrovano in mano strumenti editoriali sempre più avanzati.

Oltre i 140 caratteri

A cavallo tra questi due ecosistemi si colloca Medium, piattaforma dedicata alla pubblicazione di contenuti, storie o semplici idee, lanciata nel 2013 da , già creatore di Blogger (celebre piattaforma di blog acquisita nel 2003 da Google) e Twitter.

Lo scopo di Medium è quello di offrire a chiunque uno strumento in grado di superare i limiti di un tweet, attraverso un’esperienza d’uso più semplice rispetto al blogging tradizionale. I blog — contrazione dei termini web log, ‘diario in rete’ — organizzano i contenuti in maniera cronologica, solitamente accomunati da una linea tematica e pubblicati con cadenza regolare. Williams considera queste attitudini un limite, perché non sempre si ha da dire sullo stesso tema in maniera ricorrente.

Per Medium invece gli articoli sono unità base di una folta rete di contenuti aggregati per tag, reti sociali e selezioni editoriali. Rispetto a un blog, tale struttura consente di interfacciarsi molto più facilmente con un ampio numero di lettori.

Il contenuto prima di tutto

Ad aiutare il team di sviluppo di Medium è stato Teenah+Lax, studio canadese esperto nella progettazione di esperienze utente (UX) per prodotti digitali. Tra i diversi progetti sviluppati prima di essere inglobati nel Facebook Design Team — c’è anche Readability, servizio che permette di salvare testi da diverse fonti e fruirli in differita, attraverso un layout ottimizzato per lettura. È evidente in Medium quest’approccio content-first.

L’interfaccia, prevalentemente testuale, è ridotta al minimo e non risulta intrusiva nei confronti della pagina, occupando un ruolo secondario rispetto al contenuto dell’articolo sia in modalità di scrittura sia in quella di lettura. Il testo, composto in ITC Charter con titoli in FF Kievit, è disposto su un’unica colonna con ampi margini ai lati (quando visualizzato su ampi schermi). Corpi, giustezza, interlinea e altri dettagli a livello microtipografico sono già preimpostati e variano a seconda del layout responsivo, con valori non in pixel assoluti ma in unità relative che garantiscono le adeguate proporzioni su tutti i viewport. Vengono privilegiate immagini ad alta risoluzione, che spesso occupano l’intera larghezza dello schermo e fungono da copertina o spezzano la continuità del lungo blocco di testo. Ne risulta un layout distintivo, che da un lato libera l’autore da scelte grafiche che non sa — o non vuole — gestire, dall’altro assicura una lettura appagante e confortevole.

«Riteniamo che gli autori debbano avere sufficiente controllo nel pubblicare articoli che stimolino interesse, non rimanendo impantanati in scelte tipografiche e di stile, ma piuttosto concentrandosi sulla composizione generale del messaggio. Incentiviamo la creatività tramite i vincoli.»

Uno dei maggiori limiti di questa filosofia UX-centrica è che tutti gli articoli finiscono per assomigliarsi. Matthew Butterick, avvocato e type designer, trova che il design omogeneo di Medium non solo non apporti alcuna novità, ma sia un’astuta mossa per conferire a tutti gli articoli generati dagli utenti — il più delle volte gratuitamente — un’aura di autorevolezza e solidità editoriale che di per sé la piattaforma stenta ad avere. Se il prezzo da pagare per avere un buon design, continua Butterick, è quello di dover cedere alla piattaforma ogni decisione riguardante la pubblicazione del proprio contenuto e il modo in cui debba essere fruito, conviene forse trovare soluzioni più aperte.

Se la macchina da scrivere ha dato maggiore libertà a scapito del design, la macchina da scrivere del miliardario [Medium, ndt] offre comodità a scapito della libertà. […] In quanto scrittori, non abbiamo bisogno di aziende come Medium che ci dicano come usare la Rete.

Quello che vedi è quello che pubblichi

Il processo di semplificazione non riguarda soltanto l’aspetto degli articoli, ma è strettamente legato al modo in cui questi vengono redatti: l’editor di testo è un fiore all’occhiello in termini di usabilità e ingegnerizzazione.

Solitamente gli editor WYSIWYG online (l’acronimo sta per ‘What You See Is What You Get’, e si riferisce a tutti quei sistemi di scrittura che mostrano in tempo reale la formattazione e il layout senza dover ricorrere a sintassi o codici particolari) prevedono due fasi ben distinte: stesura del testo, con interfaccia e funzioni variabili in base alla piattaforma in uso, e la sua anteprima una volta pubblicato.

A sinistra: un articolo pubblicato tramite Wordpress. A destra: la relativa interfaccia di back-end, ovvero l’interfaccia che consente l’immissione del testo. Sebbene l’editor sia WYSIWYG, l’aspetto reale del sito è decisamente diverso: sulla colonna di destra sono previsti infatti due pulsanti distinti per generare l’anteprima dell’articolo e l’effettiva pubblicazione dello stesso.

Come sostiene Karen McGrane in un articolo pubblicato su A List Apart — magazine di riferimento per chi progetta e sviluppa per il Web — gli editor di questo tipo presentano diversi problemi.

«Il pulsante ‘anteprima’ è una menzogna.»

La modalità anteprima non tiene conto delle innumerevoli variabili che influiscono sul layout fruito dall’utente — dispositivo, orientamento dello schermo e dimensione del testo personalizzata sono solo alcuni degli esempi plausibili. Riprendendo l’acronimo WYSIWYG, non è perciò chiaro cosa si ottiene da ciò che si vede. Dal lato tecnico, strumenti del genere spesso generano codice HTML impuro causando problemi di visualizzazione su output differenti.

Dettaglio dell’interfaccia di Medium. Cliccando sul pulsante ‘Publish’ apparirà semplicemente un fumetto in cui decidere il tipo di licenza e di visibilità dell’articolo.

Il team di Medium è riuscito a risolvere entrambe le questioni tramite un editor che annulla la divisione tra scrittura e pubblicazione: «Quello che vedi è davvero quello che ottieni». È sufficiente digitare testi o inserire immagini per vederne subito il risultato; selezionando una parte di testo verranno mostrate le relative opzioni di formattazione disponibili, altrimenti nascoste per non distrarre l’utente. Allo stesso tempo viene anche aggiornata la struttura della pagina, con una rigorosa corrispondenza (mapping) tra ciò che viene mostrato e ciò che lo identifica semanticamente in HTML. La separazione tra contenuto e forma consente di avere stili appropriati per i diversi output, stampa inclusa.

Il CSS per la stampa prevede una serie di regole per adeguare il contenuto al formato cartaceo.

Per ottenere tali risultati è stato necessario sacrificare alcune opzioni di formattazione, limitando all’osso le scelte dell’utente — nessuna possibilità di cambiare font, corpo o colore, né quella di sottolineare o barrare il testo — che a detta di Williams consentono di concentrarsi di più sul contenuto.

Medium non è l’unico strumento che segue la strada del content-first. Byword o iA Writer permettono ad esempio di scrivere in ambienti liberi da ogni distrazione, con un’interfaccia WYSIWYM: what you see is what you mean. Per marcare la struttura utilizzano linguaggi— come il Markdown, creato nel 2004 da John Gruber — che richiedono però astrazioni e competenze non sempre alla portata di tutti.

Il grafico mostra l’incremento dal 2004 ad oggi delle ricerche su Google della query “longform”. Tra le query correlate compare spesso il termine ‘longform’ associato ai nomi di diversi magazine online (“longform slate”, “longform buzzfeed”) che pubblicano regolarmente articoli medio-lunghi. (Fonte: Google Trends)

Longform e Social reading

Medium viene spesso descritto come la piattaforma del giornalismo narrativo (long-form journalism) il cui taglio ben si presta ad inchieste e approfondimenti, specialmente su mezzi digitali che possono sfruttare al meglio i contenuti multimediali e non hanno limiti di spazio. Nel 2013 ha acquisito Matter, magazine incentrato su temi legati al mondo della scienza e tecnologia, diventando così un editore a tutti gli effetti.

Dall’alto: esempi di articoli in forma lunga pubblicati su Buzzfeed e New York Times. In grande: “The Aftershocks”, inchiesta sul terremoto de l’Aquila, pubblicata su Medium nel 2014 e resa disponibile anche nei formati Nook, Kindle e iBooks.

I commenti a margine consentono di instaurare conversazioni in parallelo rispetto al contenuto dell’articolo, ed è anche possibile evidenziare parti di testo che riteniamo particolarmente rilevanti, lasciando traccia del nostro operato ai successivi utenti. La condivisione su Twitter è immediata, consentendo anche di superare il limite dei 140 caratteri sfruttando i cosiddetti screenshorts, ovvero immagini che contengono del testo catturato dallo schermo. Tali funzionalità costituiscono un livello di metadati importantissimo, il fulcro di un sistema che comprende autore e lettori e che prevede un continuo scambio tra i soggetti coinvolti, superando i limiti dei marginalia analogici, come sostiene il designer e scrittore :

«I marginalia analogici non sono in relazione tra di loro. Un marginalia digitale è una conversazione collettiva, uno strato cumulativo.»

I marginalia contribuiscono ad annullare la staticità di un artefatto digitale, arricchendolo di volta in volta di contenuti. (Schema di Craig Mod)

Perseguendo in quest’ottica, Medium da fornitore di avanzati strumenti di scrittura e pubblicazione ricoprirà sempre più peso editoriale — inglobando all’interno della propria piattaforma autori, lettori e contenuti — a dispetto di tutti quelli che investono nell’editoria digitale concentrandosi soltanto sui lettori di ebook.

--

--

Jacopo Pompilii
Progetto grafico

Helping Italy going cashless and a bunch of other stuff @PagoPA @IOitaliait , Prev @frogdesign 🐸 Advocate of common sense.