ProjectA14 — Part 1 Chapter 1

Echoes of the Past

Valentina Bertani
Project A14

--

“Odio fare ginnastica!”
Sophie guardò l’amica. Claire era robusta, aveva le ossa grandi, le forme generose, ma non aveva i rotoli di grasso sui fianchi, il doppio mento o il sedere flaccido. Era proporzionata e l’adipe era distribuito in modo uniforme su tutto il corpo. Aveva un bel viso tondo, capelli castani lisci e setosi, un naso piccolo, dei begli occhi nocciola e le labbra morbide e carnose. Se avesse curato di più la sua persona, sarebbe piaciuta ai ragazzi. Ma il suo essere robusta era solo una parte del problema; a renderla una pessima ginnasta erano la sua mancanza di coordinazione e la sua testa sempre per aria. Claire poteva inciampare sui lacci delle proprie scarpe; sbatteva ovunque; si stancava facilmente e non riusciva a seguire il gioco; per questo nessuno la voleva in squadra. Sophie invece era minuta, magra, agile e nervosa. Il suo cruccio era che era piatta come una tavola; Claire non poteva immaginare quanto invidiasse il suo corpo formoso e non le sarebbe dispiaciuto qualche centimetro di più in altezza. Claire da quel punto di vista era nella media; Sophie invece a quattordici anni sembrava ancora una bambina. “Sono solo due ore a settimana!” “Due ore di tortura a settimana!”
Claire sottolineò la parola tortura pronunciandola con enfasi. Crollò il capo e sospirò. “Sophie, tu non puoi capire! Insomma, guardati! Sei uno scricciolo! Sei atletica. Tutti ti vogliono nel loro club! Se non ti fossi iscritta a quello di tennis avresti la fila dei capitani fuori dalla porta dell’aula! Io invece sono imbranata, lenta e grassa!” “Non sei grassa! Sei solo un po’ in carne!” “Grazie, Sophie. Apprezzo il tentativo. Sei dolce. Se solo riuscissi a stare a dieta! Ma i dolci della zia sono troppo buoni!” Sophie sorrise. Gli zii di Claire avevano un forno-pasticceria e la nipote aiutava in negozio nei weekend. Riusciva a immaginarla mentre sbocconcellava un muffin appena sfornato e sfogliava una rivista sul pPad, l’aria annoiata e la testa tra le nuvole, in attesa che arrivassero i clienti.

Claire sollevò gli occhi sulla palazzina larga e tozza che ospitava la palestra. Sospirò di nuovo. Nella sua mente era in corso un dibattito: era peggio fare ginnastica o farsi torturare dalle compagne negli spogliatoi?
“Sophie, aspetta che mi sia cambiata, ok? Non lasciarmi da sola come l’ultima volta!”
Neelam aveva raccontato a Sophie cos’era successo la settimana prima negli spogliatoi. Sophie si era cambiata in fretta ed era corsa a cercare una compagna più grande che faceva parte del club di tennis. Le classi del terzo anno finivano il turno in palestra quando cominciava il loro e Sophie voleva avvertire che il sabato non sarebbe andata alla partita perché sua madre l’aveva incastrata con il turno da babysitter.
Non che Sophie fosse temuta dalle compagne; ce n’erano di più grosse e robuste di lei, ma l’eccellenza in tutte le materie era un motivo sufficiente per non farsene una nemica. E Claire era la sua migliore amica — si conoscevano da quando andavano all’asilo.
Con Sophie a portata d’occhi e d’orecchie non le avrebbero torto una capello.
Se Sophie non era nei paraggi, invece…
“Claire non è scesa in palestra quando la prof. ci ha chiamate. Una del terzo anno mi ha detto che l’ha sentita piangere” le aveva detto Neelam, dopo averle descritto i dispetti delle compagne.
“Perché non sei intervenuta?”
Neelam le aveva lanciato un’occhiata in tralice.
“Ho una borsa di studio.”
A quel punto aveva distolto lo sguardo e scrollato le spalle.

Sophie e Claire arrivarono per ultime nello spogliatoio. Claire aveva attraversato il cortile senza fretta, strascicando i piedi, per rimandare il più a lungo possibile il momento in cui venti paia d’occhi si sarebbero posati su di lei. L’amica era con lei, per cui le compagne distolsero subito lo sguardo, sopprimendo ghigni e risatine.
“Ignorale, Claire.”
Sophie si diresse a una panchina in fondo, un po’ discosta dalle altre, seguita subito dall’amica. Posò il borsone e sostituì l’uniforme scolastica con la maglietta e i pantaloni della tuta. Si infilò la casacca, poi ripiegò con cura l’uniforme, con gesti lenti e precisi.
“Claire!” la richiamò, vedendo che l’amica, le spalle alle compagne, guardava nel vuoto.
Claire si cambiò meccanicamente. Mentre si sfilava la gonna e la camicia — e restava in mutande e reggiseno, non volò una mosca. Sophie, che si stava allacciando le scarpe, aveva piantato lo sguardo su Larissa — il leader negativo della classe, sfidandola a provocare Claire con le sue frecciate sulla sua forma tutt’altro che atletica.
Furono le ultime a scendere in palestra. Sophie dovette far notare a Claire che aveva le scarpe slacciate.
“Grazie” disse Claire.

I ragazzi e le ragazze venivano divisi durante educazione fisica. Quando il tempo era bello, facevano a turno per usare il campo da calcio, quello di atletica e la piscina — i campi da tennis e le altre strutture per i giochi a squadre erano riservate alle attività dei club. Altrimenti si dividevano la palestra.
Quando Sophie e Claire arrivarono in palestra i ragazzi stavano già giocando a calcio.
Le ragazze si erano raccolte intorno alla prof. e stavano formando le squadre per una partita di pallavolo.
Mentre Claire meditava se fosse il caso di fingere un mal di pancia e farsi mandare in infermeria, la prof. chiamò lei e Sophie.
“Barreu, squadra B. McKenna, squadra D. Fate riscaldamento, un giro del campo da calcio e poi le squadre A e C in campo. Torneo a eliminazione. Tre set. Si gioca ai 15 punti.”

“Lo fanno apposta!” protestò Claire, aggiustando la busta del ghiaccio sull’articolazione.
Durante la partita era stata il bersaglio di tutti i servizi e le schiacciate della squadra avversaria. Aveva fatto del suo meglio per non deludere le compagne. Si era persino gettata su un tiro impossibile da recuperare, rimediando una distorsione alla caviglia.
Sophie si era offerta di accompagnarla in infermeria.
“Nulla di grave” aveva detto la dot.ssa O’Neill. “Mettici il ghiaccio. Tienila a riposo per dieci giorni. Porta la cavigliera e ricorda di non caricarci il peso quando cammini. Vuoi che chiami i tuoi genitori per venirti a prendere?”
“No… Posso rimanere qui fino alla fine delle lezioni?”
“Certo.”
Vedendola prossima alle lacrime, Sophie aveva deciso di restare con lei fino al cambio d’ora.
Neelam si affacciò alla porta..
“Ho portato le cose di Claire e Sophie.”
Entrò e poggiò cartelle e borse ai piedi del letto su cui sedeva Claire.
Sophie tirò la tenda e si cambiò per tornare in classe con Neelam.
“Ti accompagno a casa dopo le lezioni” disse a Claire.
Lei chinò il capo con un cenno d’assenso. Quando Sophie e Neelam la lasciarono sola, trasse il pPad dallo zaino e crollò sul cuscino. Tanto valeva passare il tempo leggendo un libro.

Nella sua cameretta, allestita nella mansarda della villetta a schiera al numero 12 di Maple Street, un quieto sobborgo residenziale di Angel’s Grove, Sophie finì il capitolo del romanzo che stava leggendo, vi appose un segnalibro e ripose il foglio liquido del pPad sul comodino. Staccò la clip del trasmettitore dalla base del Safesleep e la sistemò sulla fronte, si accoccolò sotto le coperte, appoggiò la testa sul cuscino e sfiorò la base del Safesleep per attivarlo. Ritirò il braccio sotto le coperte, si volse su un fianco, stringendo Twinkie al petto, chiuse gli occhi e si addormentò profondamente.
Rilevando il cambiamento, il computer regolò l’emettitore di luce dei pannelli del soffitto su Esercizio Notturno. La lampada-scultura accanto alla scrivania reagì all’abbassamento di luce cambiando forma e colori. Ogni lampada era unica e cambiava forma in base alle preferenze dell’utente. Durante l’esercizio diurno la sua aveva la forma di archi di luce rossi, arancio e gialli, che s’intrecciavano creando un disegno complicato ed etereo. Di notte assumeva la forma di una sfera i cui colori ruotavano lentamente dall’azzurro al viola, in un loop che sarebbe durato fino al mattino.
Lo schermo olografico a parete che occupava il fondo della stanza proiettava in loop panorami rupestri, riprese aeree di villaggi abbarbicati sulle montagne e animali al pascolo.
Nella casa regnava il silenzio. Solo il micio di famiglia era sveglio, ma, rientrato insoddisfatto dalla caccia e abituato ad appisolarsi accanto a Sophie, saltò sul letto, trovò un angolino e si mise a fare le fusa, finché non si addormentò anche lui.

Al numero 16 di Maple Street, Claire era ancora sveglia e stava finendo di registrare i fatti della giornata sul diario, aggiungendo una buona dose di emoji a ogni frase. Quando ebbe finito, ripose il pPad, applicò alla fronte le clip del Safesleep, lo attivò e scivolò sotto le coperte. Accolse come un balsamo il sonno senza sogni portato dal dispositivo.

--

--