ProjectA14 — Part 2 Chapter 14

Valentina Bertani
Project A14
Published in
6 min readOct 9, 2014

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Echoes from the Past || Refrain

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“Ho un lavoretto per te, sorellina.”
Sophie sollevò un sopracciglio.
“Sorellina?”
“Non vuoi nemmeno sapere di cosa si tratta?”
“Okay. Di cosa si tratta?”
Zachary le inviò un messaggio. Sophie lo aprì. Conteneva un link a un volantino pubblicitario.
“Eclipse? I vostri diretti concorrenti?”
“Vorrei che ti iscrivessi al loro beta test.”
Sophie lesse il volantino.
“Esperienza di realtà virtuale immersiva… VRMMO… Vi hanno battuti sul tempo?”
“Non rigirare il coltello nella piaga, Soph.”
“Questo è spionaggio industriale, Zach.”
“Vuol dire che non ti interessa?”
“Al contrario. Piuttosto, se ne accorgeranno, che sono tua sorella.”
“Non se ti fornisco una fake ID.”

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Sophie aprì gli occhi e si tirò a sedere di scatto sul letto. Con il respiro affannato, si guardò intorno. Provò un subitaneo sollievo quando riconobbe l’aspetto accogliente e familiare della sua cameretta.
Si lasciò ricadere sul cuscino. Non si sentiva affatto riposata. Anzi, era esausta, come se avesse trascorso tutta la notte nel dormiveglia. Sentiva un dolore pulsante alle tempie, gli occhi bruciavano, tutti i muscoli le facevano male. Era sudata e il torace le faceva male come se avesse appena finito di correre i 100 metri.
Con cautela si alzò a sedere — le girava la testa — e rimosse le clip del Safesleep. Si prese il tempo per farsi una lunga doccia calda prima di scendere a colazione.
Mamma aveva preparato i pancake con lo sciroppo d’acero, i suoi preferiti, ma Sophie era ancora scossa e non aveva fame. Sbocconcellò la sua porzione.
“Posso restare a casa oggi?” chiese. “Mi fa male al testa. Ho anche un po’ di febbre.”
Tornata in camera, prese il suo soft miniPhone a forma di ranocchia e chiamò Claire.

Claire si stava guardando allo specchio, dopo essersi fatta la doccia. Non credeva veramente che avrebbe trovato le brutte cicatrici violacee che le aveva lasciato Ragnarok, ma quando vide che effettivamente non c’erano, provò un’ondata di sollievo. Si sentiva stanca e dolorante, ma, se fosse rimasta a casa a rimuginare sugli eventi della nottata, le sarebbe scoppiata la testa, così decise di andare a scuola lo stesso.
Mentre si infilava la giacca dell’uniforme, il suo soft miniPhone a forma di coniglietto squillò. Era Sophie.
“Ciao, Claire. Tutto ok? Le cicatrici non ci sono, vero?”
“No che non ci sono, scema! Niente di quello che abbiamo vissuto era reale!”
“Io… Non vengo a scuola oggi. Sono esausta. Mi fa male dappertutto, come se avessi fatto una gara o —”
“Sì, ti capisco. Anche io sono stanchissima e ho tutti i muscoli intorpiditi, ma a scuola ci vado lo stesso. Non riuscirei a starmene tranquilla a casa con tutti i pensieri che ho per la testa…”
“Okay. Magari poi passami gli appunti delle lezioni, okay?”
“Certo. Ehi, Sophie. Pensavo di chiedere ai ragazzi di trovarci da Milly’s per prendere una cosa e parlare della nostra esperienza, oggi dopo la scuola. Ce la fai a venire?”
“Okay.”

La professoressa del corso di Letteratura Inglese recitava il monologo di Mercuzio sulla regina Mab con grande trasporto, ma Dawn non riusciva a concentrarsi sulla lezione; invece, scarabocchiava sul Pad.

“Ah! Allora, lo vedo, la regina Mab è venuta a trovarti.
Essa è la levatrice delle fate, e viene,
in forma non più grossa di un agata
all’indice di un anziano,
tirata da un equipaggio di piccoli atomi,
sul naso degli uomini, mentre giacciono addormentati.
I raggi delle ruote del suo carro son fatti di esili zampe di ragno;
il mantice di ali di cavallette,
le tirelle del più sottile ragnatelo;
i pettorali di umidi raggi di luna,
il manico della frusta di un osso di grillo,
la sferza di un filamento impercettibile;
il cocchiere è un moscerino in livrea grigia,
grosso neppure quanto la metà del piccolo insetto tondo,
tratto fuori con uno spillo dal pigro dito di una fanciulla.
Il suo cocchio è un guscio di nocciola,
lavorato dal falegname scoiattolo o dal vecchio verme,
da tempo immemorabile carrozzieri delle fate.
In questo arnese essa galoppa da una notte
all’altra attraverso i cervelli degli amanti,
e allora essi sognan d’amore; sulle ginocchia dei cortigiani,
che immediatamente sognan riverenze;
sulle dita dei legulei, che subito sognano onorari,
sulle labbra delle dame che immantinente sognano baci,
su quelle labbra che Mab adirata spesso
affligge di vescicole perché il loro fiato è guasto
da confetture; talvolta essa galoppa sul naso di un sollecitatore,
e allora, in sogno, egli sente l’odore d’una supplica,
talora va, con la coda di un porcellino della decima,
a solleticare il naso di un parroco mentre giace addormentato,
e allora egli sogna un altro benefizio;
talora ella passa in carrozza sul collo di un soldato,
e allora egli sogna di tagliare gole nemiche, sogna brecce,
agguati, lame spagnole, e trincate profonde cinque tese;
poi, all’improvviso, essa gli suona il tamburo nell’orecchio,
al che egli si desta di soprassalto,
e spaventato bestemmia una preghiera o due, e si riaddormenta.
Questa Mab è proprio quella stessa che nella notte intreccia
le criniere dei cavalli, e nei loro crini sozzi ed unti fa dei nodi fatali,
che una volta strigati pronosticano molte sciagure.
Lei è la strega, che quando le fanciulle giacciono supine,
le preme, e insegna loro per la prima volta a portare,
e ne fa delle donne di buon portamento.
Essa è colei…„

Louise pungolò Dawn da dietro con la punta della matita. La prof. aveva finito di recitare il monologo e stava spiegando in che contesto si svolgeva e dando istruzioni per il saggio che avrebbero dovuto scrivere.
Si parlava di sogni in quel punto della pièce di Shakespeare, giusto? Ah, sì, il dialogo si svolgeva così:

Romeo: Stanotte ho fatto un sogno.
Mercuzio: Anch’io.
Romeo: Ebbene, che cosa hai sognato?
Mercuzio: Che coloro i quali sognano, spesso sono messi in mezzo.
Romeo: In mezzo alle coltri, e sognano delle cose vere.
E poi Mercuzio recitava il famoso monologo e poi il dialogo si chiudeva con Mercuzio che parlava della sostanza dei sogni.
Mercuzio: È vero, io parlo dei sogni, che sono figli di un cervello ozioso, generati da nient’altro che da una vana fantasia, la quale è di una sostanza sottile come l’aria, e più incostante del vento, che in questo momento carezza il gelido grembo del settentrione, e, corrucciato, se ne va via sbuffando, e volta la faccia
verso il mezzogiorno stillante di rugiada.

“Solo un sogno, eh?” rifletté Dawn tra sé e sé. “Ma sarà davvero stato solo un sogno?”
Ricevette un messaggio sul Pad. Era di Claire.
“Oggi ci troviamo da Milly’s per parlare della nostra esperienza. Ci sei?”

Gli amici sedevano intorno a un tavolo in un angolo discosto di Milly’s.
“È stato un sollievo non trovarle, le cicatrici” disse Claire. “Insomma, era un sogno, no?”
Scosse la testa e prese un sorso di milkshake alla vaniglia, il suo preferito.
“Insomma, non ci si sveglia dai sogni con strane cicatrici o ferite—”
“Io non credo che fosse un sogno” ribatté Dawn, affondando il cucchiaio nel suo parfait alla frutta. “Secondo me, eravamo su HoloNet e qualcuno ci ha fatti giocare contro la nostra volontà.”
“Pensate—” disse Daniel, misurando le parole, “Che il Safesleep abbia agito da — come un Visore?”
“Sarebbe poi tanto strano?” chiese Sophie, “Voglio dire, un Visore funziona da mediatore tra noi e HoloNet, giusto? Trasforma i nostri impulsi cerebrali in impulsi bioelettrici e viceversa e ci permette di vedere HoloNet come se ci fossimo dentro. No? Il Safesleep è un aggeggio elettronico che interagisce con il nostro cervello. Sarebbe tanto strano se—?”
“Chi produce i Safesleep?” s’intromise Sarah, cogliendo un’ispirazione passeggera.
Aku eseguì una veloce ricerca sul Pad.
“La Moonlight Inc. — è una succursale di Eclipse!”
“Eclipse!”

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“Eclipse? I vostri diretti concorrenti?”

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“Sophie, ci sei?”
Claire le posò una mano su una spalla e la guardò, preoccupata.
Sophie annuì.
“Stavate dicendo…?”

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“Vorrei che ti iscrivessi al loro beta test.”

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“Immagino che chiedere spiegazioni a HoloNet o a Eclipse sia fuori discussione.”
“Figurati! Non ci risponderebbero neanche!”
“Allora lasciamo cadere la cosa…?”

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