Nothing Else Matters

Massimo Lazzari
Quando guardo verso Ovest
5 min readOct 1, 2017
Palermo, Sicilia

“Never opened myself this way

life is ours, we live it our way”

[Metallica, 1991]

Fabrizio è appena rientrato in casa, ancora accaldato dalla splendida giornata trascorsa in spiaggia a Sampieri di Scicli, vicino a Marina di Modica.

È quasi l’ora di cena ma il sole è ancora alto sull’orizzonte, e la temperatura decisamente calda.

A luglio, le giornate in Sicilia sembrano non finire mai.

Fabrizio era uscito di casa la mattina presto, in bermuda, ciabattine e t-shirt dei Metallica. Insieme agli amici di Modica, si erano stipati sulle poche auto guidate dai ragazzi più grandi, ed erano partiti alla volta della spiaggia del Pisciotto. Erano tutti eccitati dalla prospettiva di una giornata che avrebbe dovuto regalare le emozioni che qualsiasi sedicenne si aspetta da una gita al mare: sole, nuotate, partite a beach-volley. E soprattutto, tante ragazze in costume.

Al rientro verso casa nessuno era deluso. Tutto quello che desideravano la mattina si era avverato. Fabrizio, in particolare, era eccitatissimo: in spiaggia aveva conosciuto una bella ragazza, di un paio d’anni più giovane. La tipica bellezza mediterranea: grandi occhi scuri, labbra carnose e lunghi capelli corvini. E un paio di tette notevoli.

Avevano chiacchierato a lungo. Anche Agnese, così si chiamava la ragazza, viveva a Modica e frequentava il primo anno di ginnasio. Lo stesso che Fabrizio aveva appena concluso. A settembre avrebbe iniziato il liceo. L’idea di rivedere Agnese lungo i corridoi della scuola gli faceva quasi desiderare che le vacanze estive terminassero in fretta.

L’unica nota stonata della giornata era stata causata da quel coglione del suo amico Valerio. Lungo il viaggio di ritorno, mentre Fabrizio contemplava con aria sognante il panorama scorrere dietro il finestrino, l’amico gli aveva domandato: «Fabrì hai già deciso cosa fare dopo il liceo?»

Fabrizio lo aveva liquidato con un noncurante: «Ma che cazzo vuoi che ne sappia? Ho sedici anni, c’è ancora un sacco di tempo per pensarci». In realtà quella domanda aveva innescato una lunga serie di pensieri. L’università, era ovvio. Si, ma dove? Sarebbe dovuto andare a studiare lontano dalla sua amata Sicilia. E poi a studiare cosa? Come tutti i suoi coetanei, Fabrizio non aveva ancora la minima idea di quale fosse la sua vocazione. Amava le materie classiche, questo lo sapeva con certezza. Ma era altrettanto consapevole che, laureandosi in lettere o storia, non avrebbe certo potuto salvare il mondo. Questo pensiero lo tormentava già da qualche tempo. E ora, quello stupido di Valerio lo aveva fatto riaffiorare, rovinando in parte quella giornata perfetta.

Nonostante ciò, quando rientra in casa Fabrizio se lo è già dimenticato. In testa due soli pensieri: Agnese e il basso. Non vede l’ora di fiondarsi in camera per esercitarsi con il regalo ricevuto come premio per i risultati scolastici. Lo strumento è una scarsa imitazione di un basso elettrico Fender ma per Fabrizio ha un valore inestimabile. Proverà i pezzi dei Metallica e dei Black Sabbath, a un volume abbastanza sostenuto da suscitare le grida della madre. Ondeggerà i lunghi capelli al ritmo della musica, come un vero rocker.

L’espressione della madre interrompe di colpo i suoi voli pindarici. Gli occhi arrossati rivelano che ha pianto. Il padre non si vede. Dal salotto accanto giunge la voce concitata di un giornalista, alla televisione.

«Mamma, cosa è successo?» domanda preoccupato Fabrizio, preparandosi al peggio.

La madre lo fissa qualche istante, sembra invecchiata di dieci anni in un solo giorno. «Ma come? Non hai sentito la notizia?» ribatte con voce tremante.

«Hanno ammazzato anche il giudice Borsellino».

Fabrizio è sconvolto. Sono passati pochi mesi dalla strage di Capaci, l’evento che ha rappresentato il sasso gettato nel torbido stagno della Sicilia dei primi anni Novanta. Anche lui, come quasi tutti i ragazzi della sua età, aveva accusato una profonda tristezza in quei giorni. Si era fatta strada in lui la consapevolezza che l’amata terra in cui era cresciuto non fosse prodiga solo di bellezze naturali. Ma anche di un mostro terribile che si aggirava infido sotto la superficie dell’acqua. Un mostro pronto a colpire con inaudita ferocia chiunque avesse provato a farlo affiorare dalle profondità.

E ora, un’altra strage orribile. Un altro paladino della giustizia ucciso. Un uomo che Fabrizio aveva imparato in quei mesi ad ammirare per l’integrità dimostrata nelle interviste seguite alla morte dell’amico e collega Falcone.

La testa gli gira vorticosamente, si sente quasi mancare. Abbraccia la madre, che ancora piange. Raggiunge il padre in salotto e siede mesto accanto a lui. Il padre è scuro in volto. Non stacca gli occhi dalle immagini del telegiornale: una foto mostra Via D’Amelio devastata dall’esplosione, automobili annerite dal fuoco, calcinacci, volanti della polizia.

Sembra la scena di un bombardamento bellico, invece è solo il prodotto di un altro tipo di follia omicida.

Il padre appoggia un braccio sulle spalle di Fabrizio, senza parlare. In quel gesto sono racchiuse tante cose: la paura per il mondo in cui dovrà crescere il figlio, l’impotenza contro il mostro tentacolare. Fabrizio vorrebbe piangere ma non ci riesce, sente crescere dentro solo una gran rabbia. Vorrebbe scoprire chi sono gli uomini che hanno avuto il coraggio di compiere un gesto tanto orribile, andare a stanarli dai loro nascondigli e ucciderli con le proprie mani.

In preda all’odio si alza di scatto e corre in camera. Agnese è solo un flebile ricordo, sepolto sotto uno strato di istinti distruttivi. Chiude a chiave la porta della camera e, finalmente, le lacrime iniziano a sgorgare copiose. Estrae il basso elettrico dalla custodia rossa, inserisce il jack nell’amplificatore e inizia ad accordare lo strumento.

Con le mani che tremano, indossa le cuffie e le collega all’impianto. Nelle orecchie iniziano subito a risuonare le note di Enter Sandman. Mentre Fabrizio riversa sullo strumento tutte le emozioni contrastanti di quella giornata che ricorderà per tutta la vita, una certezza si diffonde gradualmente nella sua testa.

Devo andarmene di qui. Devo fare qualcosa per contrastare tutta questa follia. Devo diventare un rappresentante della legge. Niente altro è importante.

Questo racconto è tratto da Quando guardo verso Ovest, una raccolta di 33 racconti con titoli ispirati ad altrettante canzoni rock del XX secolo.

Il libro è stato pubblicato da Antonio Tombolini Editore nel 2015 e può essere acquistato qui.

Tutti i proventi derivanti dalle vendite del libro vengono devoluti dall’autore all’Associazione Mondobimbi Onlus, che li usa per aiutare i bambini del Madagascar ad andare a scuola.

--

--

Massimo Lazzari
Quando guardo verso Ovest

Autore di La Storia dell’Acqua (2021), La Fine della Terra (2019), Il libro perfetto (2017), Quando guardo verso Ovest (2015) ed Esprimi un desiderio (2012)