Sweet Child O’Mine

Massimo Lazzari
Quando guardo verso Ovest
6 min readSep 3, 2017
Skogafoss, Islanda

“She’s got a smile that it seems to me

Reminds me of childhood memories ”

[Guns N’ Roses, 1987]

Dal balcone di casa si vede il mare. Il panorama toglie il fiato in qualsiasi stagione, con qualsiasi condizione climatica. Laura si rifugia spesso in quel piccolo angolo privato. Il momento che preferisce di più in assoluto è la domenica mattina. Il marito di solito va a correre, la figlia fa i compiti o gioca al computer. Quel momento di serenità è tutto suo. Siede sul balcone con una tazza di caffè e una sigaretta. Accende lo stereo e ascolta la sua musica, vecchi pezzi che le ricordano l’adolescenza. Davanti a lei si staglia il mare Adriatico, con lo sguardo riesce ad ammirare tutta la costa, da Gabicce a Rimini.

In quella mattina di ottobre il cielo è terso e la temperatura ancora mite. Poche imbarcazioni solcano il mare. L’aria profuma di autunno e di cambiamento. Sulle spiagge, ombrelloni e brandine sono ormai un lontano ricordo, riposano in letargo all’interno delle cabine degli stabilimenti balneari. Lo stereo suona Sittin’ on the dock of the bay di Otis Redding, una delle sue canzoni preferite. La ascoltava spesso anche da ragazza. La vita frenetica, in passato, spesso l’aveva spinta a desiderare più di ogni cosa di potersi sedere sulla banchina della baia e sprecare il suo tempo, come nel testo della canzone.

Ho girovagato per duemila miglia solo per fare di questa banchina la mia casa, riflette, mentre sorseggia il caffè e accende una sigaretta.

La profonda differenza tra la donna che era stata prima della nascita di Sonia e la sua situazione attuale, è uno degli argomenti che più spesso occupano la sua mente in quei brevi momenti privati. Certo, la decisione non era stata facile. A poco più di trent’anni Laura si muoveva già negli ambienti dell’alta finanza milanese come una manager navigata. I soldi non mancavano di certo, né le occasioni di divertimento. Era altro che mancava. Laura l’aveva capito solo nel momento in cui quel piccolo essere umano uscito dal suo ventre le era stato adagiato in seno.

«Mamma hai un attimo?» L’oggetto dei pensieri di Laura si materializza sul balcone, in mano un libro e una penna colorata. La donna guarda la figlia con il cuore traboccante di amore materno. Questo è di sicuro il progetto che mi è riuscito meglio, pensa. Spegne la sigaretta e invita la figlia a sedersi accanto a lei. La ragazzina, ancora in pigiama e capelli arruffati, raggiunge la madre e la fissa preoccupata.

«Cosa c’è amore? Dimmi!» domanda Laura carezzandole la guancia.

«Non riesco a capire questa cosa di scienze» borbotta Sonia.

Laura prende in mano il testo scolastico e legge la breve relazione sul funzionamento delle dighe.

«Cos’è che non capisci?»

«Niente. Cioè… come fa l’acqua a produrre energia? Boh è troppo complicato».

Laura conosce l’argomento, in fondo prima di studiare economia aveva frequentato il liceo scientifico. Dove aveva conosciuto il ragazzo che sarebbe diventato il padre di sua figlia. La mente torna a quegli anni, e subito affiorano frammentari ricordi di un passato lontano.

L’emozione la aiuta a partorire una metafora efficace.

«Allora Sonia, proviamo a vederla così. Chiudi gli occhi e seguimi. Tu sei una minuscola gocciolina d’acqua».

Sonia chiude gli occhi e appoggia entrambe le mani sulle ginocchia. «Va bene mamma. Sono una goccia d’acqua».

«Brava. Ora, immagina di essere insieme a tante altre gocce d’acqua. Migliaia, milioni di gocce d’acqua. Siete tutte ferme in questo grande lago che sta sopra la diga. Ci sei?»

«Si mamma. Ci sono. Le altre gocce sarebbero le persone giusto?»

«Bravissima amore. Tu e tutte le altre persone siete delle minuscole gocce d’acqua ferme nel lago. Ognuna di voi ha in sé una forza che non sa di avere. È come se potessi fare qualsiasi cosa tu voglia. Ma finché ti trovi ferma nel lago non puoi esprimere questa tua potenzialità. Sei ferma e basta. In attesa. Insieme a tutte le altre gocce che, come te, aspettano».

Sonia apre gli occhi e fissa la mamma con aria perplessa. «E che cosa stiamo aspettando?»

Laura chiude gli occhi della figlia con un tocco delicato delle dita. «Non correre amore mio. Adesso ci arrivo».

La ragazzina sospira e si predispone ad ascoltare paziente il resto della spiegazione.

«Finché tu sei ferma nel lago insieme a tutte le altre gocce d’acqua hai un’energia potenziale. Si chiama così perché potrebbe essere energia reale, ma ancora non lo è. Come un uovo. Un uovo è una gallina potenziale. Se il guscio si schiude, esce il pulcino che, da grande, diventerà una gallina reale».

«Mamma così mi viene fame. Mi fai le uova a pranzo?»

«Si amore. Certo. Però ora ascoltami con attenzione. Tu sei energia potenziale. Per diventare reale hai bisogno di una forza esterna a te. Questa forza, che fa sì che la tua energia si trasformi da potenziale a reale, è la gravità. Conosci la forza di gravità?»

«Più o meno».

«La gravità è la forza per cui un corpo più grande attira a sé i corpi più piccoli. Per questo motivo se getto un sasso dal balcone cade sulla testa del signore che sta camminando per strada. Vogliamo provare?»

«Mamma sei impazzita?»

«Stavo scherzando amore. Ad ogni modo, proprio perché esiste la forza di gravità, tu e tutte le altre gocce d’acqua siete attratte verso il fondo della diga. Prima o poi succederà che qualcuna di voi si accorgerà di questo e, passando attraverso i condotti della diga, precipiterà verso il basso. In quell’istante, la sua energia passerà da potenziale a cinetica. Ovvero diventerà reale. E potrà essere utilizzata per far funzionare i motori, le lampadine, e così via».

Sonia apre gli occhi e, con un’espressione seria e al tempo stesso buffa, prova a tirare le fila del discorso.

«Vediamo se ho capito. Allora, le gocce d’acqua che stanno ferme nel lago sopra la diga hanno dentro di sé l’energia potenziale. Poi, a un certo punto, succede che qualche goccia passa attraverso i condotti della diga e cade verso il basso. In questo modo riesce a liberare l’energia potenziale che ha dentro di sé e a trasformarla in energia reale».

«Bravissima, è proprio così» sorride Laura soddisfatta, arruffando i capelli di Sonia.

«Però, mamma, ci sono alcune cose che non capisco» ribatte Sonia pensierosa.

«Dimmi amore».

«Perché alcune gocce riescono a trasformare l’energia potenziale in reale e altre no? La forza di gravità non funziona per tutte allo stesso modo?».

Laura è stupita dall’intelligenza contenuta nelle domande della figlia. Resta qualche istante in silenzio per trovare risposte altrettanto valide.

«Vedi, piccola, è un po’ come per le persone. Fai finta che la forza di gravità sia l’amore. Tutte le persone sono attratte dall’amore. È una condizione necessaria a dare un senso alla vita. Però, purtroppo, non tutti riescono a capirlo. Oppure, anche se lo capiscono, alcuni lo cercano per tutta la vita e non lo trovano. Senza l’amore, una persona è come una goccia d’acqua ferma nel lago sopra la diga. Ha in sé un’enorme energia potenziale, che però non può esprimere e trasformare in energia reale».

Mentre parla, Laura non può fare a meno di accusare la potenza rivelatrice che quelle stesse parole esercitano su di lei. In quel momento, inconsapevolmente, sta parlando alla figlia di se stessa e della sua scelta di vita.

«Alcune persone, invece, sono più fortunate delle altre. O forse più attente. Queste persone trovano la loro forza di gravità. L’amore. E quando lo trovano il loro potenziale si sprigiona e produce un’energia che fa funzionare tutto il mondo».

«E tu mamma dove sei? Sei nel lago?» domanda Sonia affascinata. Laura guarda la figlia commossa, sente il petto gonfio d’amore e gli occhi di lacrime. «No piccola. Ci sono stata tanto tempo. Poi, per fortuna, ho aperto gli occhi e ho scoperto la mia forza di gravità».

Sonia accenna una smorfia sorniona e domanda alla madre: «La tua forza di gravità sarebbe il papà, giusto?»

Laura prende il viso della figlia tra le mani, le stampa un bacio affettuoso in fronte e risponde con voce rotta dall’emozione.

«La mia forza di gravità sei tu, dolce bambina mia».

Questo racconto è tratto da Quando guardo verso Ovest, una raccolta di 33 racconti con titoli ispirati ad altrettante canzoni rock del XX secolo.

Il libro è stato pubblicato da Antonio Tombolini Editore nel 2015 e può essere acquistato qui.

Tutti i proventi derivanti dalle vendite del libro vengono devoluti dall’autore all’Associazione Mondobimbi Onlus, che li usa per aiutare i bambini del Madagascar ad andare a scuola.

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Massimo Lazzari
Quando guardo verso Ovest

Autore di La Storia dell’Acqua (2021), La Fine della Terra (2019), Il libro perfetto (2017), Quando guardo verso Ovest (2015) ed Esprimi un desiderio (2012)