Under The Bridge

Massimo Lazzari
Quando guardo verso Ovest
5 min readSep 24, 2017
Santuario della Verna, Toscana

“Lonely as I am

together we cry ”

[Red Hot Chili Peppers, 1991]

In una fresca giornata di fine luglio, una folla di persone vestite a festa attende nel piazzale antistante la chiesa di San Tomaso. Il cielo è coperto di nuvole basse che minacciano pioggia, ma il panorama resta comunque mozzafiato. La chiesa si trova infatti lungo la strada panoramica che da Cesena sale verso l’Appennino, abbastanza in alto per consentire allo sguardo di vagare tra le colline, la pianura e, in lontananza, il mare Adriatico.

È anche questo il motivo per cui Cristiano e Ilaria hanno scelto questo posto per celebrare il matrimonio.

Un’altra ragione è la vicinanza con il paese di Bertinoro, il “terrazzo della Romagna”, dove proseguiranno i festeggiamenti della serata.

Molti degli invitati non si conoscono e attendono nel piazzale a gruppetti. C’è il gruppo dei bolognesi, formato in gran parte da coppie di amici e amiche di Ilaria, alcuni già con prole al seguito. Agghindati nei loro abiti radical chic, si guardano intorno smarriti e timidi. I loro scambi di battute battono sullo stesso tasto. «Ma tu lo conosci questo Cristiano?», «Soccia vecchio, io non sapevo neanche che l’Ila fosse fidanzata», «Saranno stati fidanzati per tre ore».

C’è poi il gruppo meno nutrito, ma più baldanzoso, dei riccionesi: amici di Cristiano che hanno rinunciato volentieri a una giornata di spiaggia per conoscere finalmente la ragazza che ha rapito il cuore dell’amico. Si distinguono per l’abbigliamento più modaiolo e l’atteggiamento spavaldo. Anche loro, tuttavia, si stanno facendo più o meno le stesse domande. «Tu hai mai visto la morosa di Cri?», «Dis che ha pure un figlio», «Ah dì, contento lui».

Ci sono infine i compagni di università dei due ragazzi. Fermi davanti all’ingresso romanico della pieve, fissano gli altri invitati con l’aria di superiorità conferita dalla consapevolezza di essere tra i pochi a conoscere sia Cristiano che Ilaria. Infatti, benché i promessi sposi siano una coppia a tutti gli effetti solo da pochi mesi, la loro prima frequentazione risale a tanti anni prima.

Si erano conosciuti sui banchi di ingegneria a Bologna.

Al tempo Cristiano attraversava una fase strana della sua vita: solitario e asociale, passava le giornate immerso tra i testi scolastici e le serate nei cinema che proiettavano film d’essay.

Dopo un’adolescenza trascorsa tra le discoteche di Riccione, il trasferimento a Bologna lo aveva cambiato profondamente. Anche nell’aspetto fisico: i capelli corti e curati erano stati sostituiti da una chioma lunga e disordinata, il viso abbronzato ricoperto da baffi e barba, la polo di Ralph Laurent nascosta da un vecchio loden da squatter. Difficile capire cosa avesse attirato Ilaria verso quello studente tenebroso e burbero.

Il ragazzo che sta arrivando alla chiesa di San Tommaso a bordo di una Mercedes Benz SSK 1928 bianca tirata a lucido, è completamente un’altra persona.

Anche gli amici più cari stentano a riconoscere Cristiano quando scende dall’auto. Elegantissimo nel suo tight nero con tanto di rosa bianca nel taschino, incede verso le scalinate della chiesa dispensando sorrisi e saluti a tutti. Non sembra neanche che si stia per sposare, piuttosto si direbbe l’invitato di spicco a un pranzo di gala.

Qualche minuto più tardi lo raggiunge anche la sposa. L’arrivo di Ilaria è accolto da un improvviso raggio di sole, che conferisce alla scena un che di cinematografico. La snella figura avvolta in un tubino bianco è accompagnata dalla buffa presenza di Diego, il figlio nato sette anni prima da una precedente relazione.

Superato il momento di meraviglia iniziale, gli invitati entrano nella piccola chiesa, quasi sgomitando per accaparrarsi i pochi posti a sedere. Sulle panche di legno li attendono le copie del libretto della cerimonia, sulla cui copertina campeggia una frase tratta da Il piccolo principe.

“Mi domando”, disse, “se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua”.

L’ingresso della sposa è accompagnato dal Canone in re maggiore di J. Pachelbel e la cerimonia ha inizio. L’ora successiva scorre veloce in un piacevole clima di informalità e, a tratti, divertimento. Come quando il piccolo Diego, deputato alla consegna degli anelli, inizia a vagare tra le panche per socializzare con gli invitati e gli altri bambini.

Non mancano anche i momenti di commozione. In particolare, nella fase di dichiarazione delle intenzioni, diverse tra le donne presenti si lasciano sfuggire una lacrimuccia quando Ilaria pronuncia:

«Per il piccolo Diego. Perché questa unione rappresenti per lui un sostegno e un rifugio sereno».

Sono in pochi, invece, quelli a cui si stringe il cuore alle parole successive di Cristiano:

«Per i nostri cari che non sono con noi in questo momento di gioia e dei quali sentiamo una profonda mancanza. Affinché il Signore li accolga nel suo Regno di luce e di pace e ci proteggano e ci guidino dal cielo».

Solo i parenti e alcuni tra gli amici più stretti sono infatti al corrente del recente lutto di Cristiano. La sua voce, non tradisce alcuna emozione, nessun tentennamento che lasci presagire l’abisso di sconforto da cui il ragazzo sta lentamente uscendo.

Il finale della cerimonia è memorabile. Dopo le benedizioni, il coro intona Io ti prendo come mia sposa di Baglioni, seguita, in un’alternanza di sacro e profano, dall’esecuzione magistrale all’organo della Marcia nuziale dalla suite Sogno di una notte di mezza estate di F. Mendelssohn.

All’uscita, gli invitati accolgono Cristiano e Ilaria con il tradizionale lancio del riso. In mezzo alla confusione di chicchi che cadono e palloncini colorati che salgono verso il cielo, i novelli sposi sorridono felici. A grande richiesta, Cristiano prende tra le braccia Ilaria e la bacia. Tra gli applausi e le ovazioni generali, il suo sguardo si fissa in quello del padre che, ai bordi della folla, gli sorride con aria fiera.

In quella fierezza c’è tutta la forza di un uomo solo, che ha da poco perso la moglie e ora affronta con serenità la nuova vita del figlio.

Cristiano gli risponde con un cenno di intesa. Con un braccio circonda i fianchi di Ilaria, dove risiede la promessa di una nuova vita. Con l’altra mano scompiglia i capelli del piccolo Diego, che ormai ama come fosse figlio suo. Lo sguardo punta un istante verso il cielo, seguendo l’ascesa di un palloncino giallo che sembra puntare diretto verso il paradiso. La mente formula un’unica, ma ben precisa domanda.

«Allora mamma, ti piace la mia nuova famiglia?»

Questo racconto è tratto da Quando guardo verso Ovest, una raccolta di 33 racconti con titoli ispirati ad altrettante canzoni rock del XX secolo.

Il libro è stato pubblicato da Antonio Tombolini Editore nel 2015 e può essere acquistato qui.

Tutti i proventi derivanti dalle vendite del libro vengono devoluti dall’autore all’Associazione Mondobimbi Onlus, che li usa per aiutare i bambini del Madagascar ad andare a scuola.

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Massimo Lazzari
Quando guardo verso Ovest

Autore di La Storia dell’Acqua (2021), La Fine della Terra (2019), Il libro perfetto (2017), Quando guardo verso Ovest (2015) ed Esprimi un desiderio (2012)