Pierfrancesco Majorino

di Angelica D’Errico
Simone Gorla
e Nicola Grolla

Primo presidente nazionale del sindacato giovanile Unione degli Studenti. Consigliere comunale e capogruppo Pd a Palazzo Marino a 33 anni. Primo a presentare la propria candidatura alle primarie, il 9 luglio 2015 al Teatro Litta. Ma anche primo a essere scaricato dal sindaco Giuliano Pisapia, cha ha espresso il proprio sostegno a Francesca Balzani. Pierfrancesco Majorino, 43 anni, si presenta alle primarie del centrosinistra con una esperienza politica che fa invidia agli altri candidati, ma che non riesce a staccargli di dosso l’etichetta di terzo incomodo.

Nato a Milano nel 1973, Majorino cresce in una zona semicentrale della città fra Porta Romana e Corso Lodi dove borghesia e case popolari si mischiano in una pluralità di condizioni sociali.

Il luogo ideale dove formare una sensibilità politica che, a soli 14 anni, lo porta fra le fila della Federazione italiana giovani comunisti e ad animare le manifestazioni degli studenti dell’Itsos nella centralissima via Pace. Edificio fatiscente, materie innovative (cinema, computer, new media) e insegnanti rivoluzionari. Insomma, i tre capisaldi del futuro impegno pubblico di Majorino: periferie, nuovi approcci alle questioni sociali e disponibilità al dialogo. Delle prime, Majorino parla nei suoi libri. Fin dal suo esordio con Dopo i lampi vengono gli abeti (Pequod, 2005) e poi in L’eterno giovedì (Dalai, 2007), Togliendo il dolore dagli occhi (Pequod, 2011) e Maledetto amore mio (Laurana, 2014). L’attuale assessore al welfare della giunta Pisapia è giunto ormai alla sua quinta pubblicazione (tra cui l’ultimo saggio — Milano come Lampedusa? — sull’accoglienza dei migranti nella città meneghina). L’ambientazione rimane sempre quella Milano che non splende delle luci dei Navigli, di Corso Como o di via Montenapoleone. «Come me, che sono poeta, Pierfrancesco si è sempre interessato degli altri, dei bisognosi», afferma lo zio Giancarlo, presidente della Casa della Poesia con sede nella Palazzina Liberty di Largo Marinai. «L’attenzione particolare a quelli che non si interessano agli altri per denaro o per potere è un tratto che ritrovo negli scritti e nell’attività politica di mio nipote». Insomma, la scrittura è una passione di famiglia che vale più di un semplice hobby. «Majorino è uno scrittore vero, che sa come usare le parole», conferma Lillo Garlisi della casa editrice Laurana. «D’altronde, non cercavamo in lui un personaggio famoso, ma un autore di qualità. Certo, non sarà un autore best seller ma le sue sono opere di nicchia che parlano di deboli e marginalità. Temi in cui si ritrovano i suoi interessi politici».

Dal 2011, infatti, Pierfrancesco Majorino è l’assessore al welfare della giunta arancione di Giuliano Pisapia. Una scelta forzata dopo il “caso Stefano Boeri”. Quest’ultimo occupò l’assessorato alla cultura, precedentemente destinato a Majorino, spingendolo a occuparsi di clochard, integrazione e giovani. Un ruolo che conosceva bene. Nel suo cursus honorum spicca la collaborazione con l’onorevole Livia Turco. Nel 1998, l’allora ministro alla Solidarietà sociale creò un pool di under 30 a cui affidò il compito di redigere una legge quadro sui giovani. Fra questi c’era un venticinquenne Pierfrancesco. «Fin da subito ha dimostrato una forte personalità», ricorda l’ex ministro. «Eravamo un “ministero di strada” e Pierfrancesco aveva l’esperienza giusta. Rappresentava il nostro punto di vista su Milano, la sua città, che gli stava molto a cuore». I due sono ancora in contatto. «Mi ha invitato ad una convention subito dopo le elezioni — racconta Livia Turco — Riconosceva nel lavoro svolto insieme un punto di partenza. Ora gli consiglio di insistere. Come assessore è molto bravo e preparato, ma in tempi di forti tagli le soluzioni da trovare richiedono una maggiore attenzione».

Nel personale atlante geografico del Majorino assessore ci sono le spaghettate nel palazzo di via Bligny 42, luogo tradizionalmente noto per lo spaccio e la prostituzione e oggi rinato grazie all’associazione B42, le “feste del vicinato” promosse in aree pubbliche e nei luoghi considerati a rischio, come Piazza Capuana a Quarto Oggiaro.

Luoghi difficili dove l’amministrazione comunale è stata spesso oggetto di critiche. Un recente sondaggio realizzato da Ipsos per il Coordinamento Comitati Milanesi certifica che, nonostante sia cresciuta la percezione di sicurezza rispetto agli ultimi anni, 4 milanesi su 10 dicono ancora di avere paura. I loro «incubi» si chiamano immigrazione, degrado e abusivismo. E poi il problema casa e il rischio attentati. I quartieri popolari e il loro stato di salute sono, non a caso, al centro della campagna elettorale. Majorino sa di essere forte sul tema, e non perde occasione per ricordare che «c’è bisogno di un sindaco che conosca i quartieri e non li scopra in campagna elettorale» e per mostrare le suole delle scarpe consumate girando la città. E ha dalla sua il successo, riconosciuto anche dai suoi avversari, nell’accoglienza degli oltre 80mila profughi arrivati in città nello scorso autunno. «Ma il metro di valutazione del suo operato non può fermarsi agli slogan e alle belle idee che rimangono sulla carta» avverte Franco Taverna, responsabile della Fondazione Exodus di Don Mazzi che da oltre 30 anni è impegnata a combattere il disagio sociale cittadino. «Conosco bene l’assessore e ho l’impressione che non sia riuscito a incidere sulla lentezza della macchina burocratica in modo convincente, anche se gli riconosco impegno e dedizione».

La stessa con cui Majorino ha elaborato e attivato il registro comunale delle unioni civili, a cui lui stesso è iscritto con la compagna Caterina Sarfatti. Milanese, 31 anni, lavora per un’organizzazione internazionale che si occupa di cambiamenti climatici. «Ci siamo conosciuti nel 2005 — dice Caterina — durante la campagna elettorale di mio padre alle regionali lombarde». Riccardo Sarfatti, imprenditore milanese, aveva sfidato per il partito democratico Roberto Formigoni, arrivando secondo con il 43,6%. «Pierfrancesco era un fervente sostenitore della sua candidatura, e così siamo diventati molto amici». Poi quattro anni fa si sono messi assieme. «Pierfrancesco mi ha fatto fare pace con Milano. Con lui ho scoperto angoli sconosciuti di questa città». Come Parco Ravizza, in zona Bocconi, dove si ritirano “nei momenti di pace”. Insieme condividono la passione per la politica e l’interesse per i fenomeni migratori. Nel 2015 hanno raccolto insieme materiale per Milano come Lampedusa?, una raccolta di testimonianze e dati sui profughi a Milano. “Lo abbiamo scritto in pochissimo tempo, lavorando anche di notte. Abbiamo unito esperienze e competenze diverse: lui di coordinamento e gestione diretta, io di normativa europea”. E poi c’è Giovanni, il figlio di quasi 8 anni che Majorino ha avuto dalla ex moglie Martina. «E’ molto attento ai racconti che gli facciamo noi, Pierfrancesco, la sua mamma ed io. Ascolta. Quando è tornato dopo capodanno da una vacanza in Sicilia ha detto: “Basta papà, se diventi sindaco devi cancellare l’inquinamento”». In una recente video-intervista al Corriere della Sera, Sarfatti ha definito il suo compagno “un ciccione”. «Quando l’ha vista si è fatto una bella risata, è molto meno permaloso di come lo dipingono..».

Franco e diretto. Dolce e altruista. Suscettibile e scontroso. Riflessivo e disponibile. Chi parla di Majorino tiene insieme, in un unico ritratto, aspetti diversi e apparentemente contraddittori. «Fatto salvo il suo buon lavoro da assessore, dal mio punto di vista ha qualche limite caratteriale e nella comunicazione. — confida Luca Gibillini, consigliere comunale di Sel. Partito che inizialmente aveva guardato con favore alla candidatura di Majorino, ma ora chiede una sintesi tra Majorino e Francesca Balzani. « Il sindaco di una città come Milano subisce una pressione e uno stress quotidiani molto alti che Majorino forse non è pronto ad affrontare, spiega Gibillini. Inoltre fatica a parlare alle diverse anime della città. Imprenditori e sostenitori della rivoluzione arancione hanno sensibilità diverse». Anche chi ci ha lavorato a stretto contatto, come l’ex vicesindaco Ada Lucia De Cesaris a cui lo stesso Majorino ha rivolto un appello alla collaborazione, sottolinea questa sua ambivalenza. «Da sostenitrice di Beppe Sala lo considero una risorsa preziosa all’interno della giunta. Sa lavorare in squadra e ha una forte capacità di comprensione dei problemi. Ma per fare il sindaco è ancora troppo acerbo». Insomma, dagli avversari di entrambi gli schieramenti il messaggio è chiaro: la stima c’è e le porte sono aperte.

Ma lui si smarca: « Io assessore di Sala o di Balzani? È una discussione in cui non voglio entrare. Non cerco poltrone, il mio obiettivo è fare una battaglia sulle idee. Poi ci sarò, ma soprattutto per continuare a favorire la partecipazione dal basso dei cittadini».

E il punto di forza di Majorino è proprio nella capacità di dialogo con i cittadini. Basta prenotare un tavolo alla “Locanda alla mano”, tavola calda nel cuore di Parco Sempione dove a servire c’è un’intera brigata di ragazzi down, per sentirsi dire che la dote migliore di Pierfrancesco Majorino è la sua disponibilità. «Quando siamo andati a proporgli questo progetto — racconta il responsabile Carlo Giuggioli — l’assessore è rimasto molto colpito, ha capito subito quanto valevano questi ragazzi. E quando viene qui, non lo fa per i piatti, ma innanzitutto per incontrare i ragazzi».

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Scuola di giornalismo Walter Tobagi
Quattro candidati fuori dal Comune

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