Morire di lavoro

Dal primo gennaio sono quaranta le persone che hanno perso la vita sul luogo di lavoro. Un numero impressionante

Pietro Adami
Quattro Colonne
3 min readFeb 20, 2018

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di Pietro Adami, Cristiana Mastronicola ed Elena Testi

Le chiamano morti bianche, ma quello che suscitano è solo rabbia nera. Dal primo gennaio del 2018 sono 85 le persone che hanno perso la vita sul lavoro. Un numero impressionante che conferma il trend angosciante con cui si è chiuso il 2017, quando a morire lavorando sono state 632 persone. A dirlo è l’Inail, che registra un +1,1% rispetto all'anno precedente. In Italia a morire sul lavoro sono soprattutto extracomunitari: 11 in più rispetto al numero di vittime italiane.

Una delle ultime tragedie arriva dalla provincia di Brescia, dove un 19enne è rimasto schiacciato da un tornio nell’impresa del padre, dove lavorava. E la tragedia si è consumata proprio sotto gli occhi del genitore, impotente di fronte alla macchina che uccideva il figlio. La manica del maglione del giovane sarebbe rimasta impigliata nel tornio che ha trascinato l’operaio ferendolo gravemente. La corsa in ospedale non è valsa a nulla. Le condizioni erano troppo gravi e Luca Lecci è morto così.
Un susseguirsi di episodi drammatici che non trascurano nessuna parte d’Italia. Nella operosa e operaia Milano, nel pomeriggio di martedì 16 gennaio tre lavoratori dell’azienda metalmeccanica Lamina di via Rho sono morti intossicati dal gas. Un quarto è morto qualche giorno dopo in ospedale. Sono scesi nella vasca del forno sotterraneo in cui si fondono i metalli, sono caduti a terra e il gas li ha inghiottiti. Nessuna via di scampo. Come topi in trappola, i quattro operai sono morti soffocati. L’allarme non ha funzionato e inutile è stato il tentativo di alcuni colleghi di salvarli. I sindacati metalmeccanici chiedono che sia istituita una task force tra carabinieri, Asl e Inail affinché si facciano sopralluoghi nelle aziende in cui il lavoro è considerato più a rischio. Come la Lamina, dove sono ancora da capire le dinamiche della tragedia. Perché il gas pesante ha ristagnato nella vasca? E, soprattutto, perché l’assenza di ossigeno non è stata segnalata dall’allarme?

Da Milano a Terni. Ad accomunare le due città, ancora una morte in fabbrica. A luglio scorso Gianluca Menichino, 35 anni, da dieci anni operaio della ThyssenKrupp del capoluogo umbro, viene schiacciato da un rullo di acciaio di ventidue tonnellate. La vita appesa a un filo sottile per sei lunghi mesi, ma le lesioni sono troppo gravi e il corpo stanco di Gianluca cede. E parlando di Thyssen è impossibile non pensare a uno degli incidenti sul lavoro che più ha segnato gli ultimi anni: quello del rogo che dieci anni fa, nello stabilimento di Torino, uccise sette persone.

Ma non bastano più le denunce e le condanne. È necessario, oggi più che mai, un intervento sistematico nel mondo del lavoro che garantisca la sicurezza necessaria per entrare in fabbrica al mattino e uscire interi a turno finito.

Non si può più morire di lavoro, ancora.

I dati presi in considerazione sono aggiornati al 15 febbraio 2018.

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