Nulla di eccessivo

Sara Buono
Queer Stories
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2 min readApr 24, 2018

Lui, al mattino, non chiede com’è stato mio il sonno, e io non lo avviso che tarderà al lavoro, né gli auguro una buona giornata.

Pranza in ufficio, con ciò che io la sera prima, gli lascio da portar via in un sacchetto di carta, sulla mensola della cucina.

Durante il giorno, negli spazi vuoti della sua assenza, lavo e piego i suoi abiti, curo l’orto, lucido le mattonelle sbeccate del bagno, scelgo fiori freschi, gigli, gladioli, rose e stramoni, da mettere sulla tavola del pranzo, per la cena. Il resto del tempo, lo trascorro seduta alla scrivania, con il mio romanzo.

A cena, non racconta dell’ufficio e dei colleghi e io non lo tedio con la salute di mia madre, o del raffreddore che non mi riesce proprio di farmi passare, o della vicina della terza casa all’angolo, che ha partorito ancora e il bambino strilla in continuazione.

Nel nostro appartamento non ci sono foto. Imobili sono stati scelti senza criterio alcuno, da un catalogo vecchio tre anni di un emporio fuori città e, così come il colore delle pareti o il parquet che ogni giorno calpestiamo,

di noi

non raccontano niente.

In casa si cammina scalzi. Non abbiamo il televisore, ma nel mio studio e c’è un giradischi che mastica in continuazione dimenticate ballate francese. Noi non sappiamo il francese, ma vogliamo pensare di essere in quel modo, ora, familiari con la sua pronuncia. A volte lui torna a casa con vinili presi al mercato delle pulci, di musica-frastuono, elettrica, senza nessuno che canta. Allora delle volte, ascoltiamo quelli, anche se non so se mi piacciono per davvero, o se fingo, per lui.

Per il resto: non usciamo quasi mai Non andiamo al cinema e neppure al ristorante, incontriamo, ogni tanto, alcuni amici riesumati dai tempi della scuola al pub della piazza antica, null’altro. Solo d’inverno, non sempre, passeggiamo.

Camminiamo dandoci il braccio fino al Valentino. Se fa bel tempo, fino al Monte dei Cappuccini. Lui scatta polaroid delle persone che ci camminano a fianco; io, stretta a lui, guardo altrove: mi piacciono il cielo d’ inverno, le fontane d’acqua congelata, i marciapiedi lucidi di ghiaccio.

Quando lo conobbi, sulla panchina di un parco, mi disse: credo che l’amore non possa esistere così come lo concepisco io, senza nulla di ordinario.

Risposi: lasciami provare.

E da quel momento siamo sempre stati in silenzio. Parliamo solo quando parlare significa qualcosa.

(Perlopiù facciamo l’amore, ci accarezziamo fino a sfinirci, ammazziamo l’alba a mangiarci l’un l’altro, siamo animali. Altre notti le passiamo a colpirci a vicenda, fino alle lacrime. Ci massacriamo, siamo uomini).

Altre sere mi legge di poesia e sono le sere più belle.

Io so solo che in realtà, questo è. Che è tutto tremendamente bello e il mio romanzo ora prosegue meravigliosamente,

come non succedeva più da anni.

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Sara Buono
Queer Stories

Scrittrice, lettrice, studentessa alla Scuola Holden. A tempo perso, poetessa e party girl.