Breve storia di ciò che resta

| sconnessioni di un pomeriggio invernale |

Chiara Capuano
4 min readJan 19, 2014

Me ne sto qui, in bilico su un pomeriggio un pò troppo caldo per essere gennaio, ma è così e, infondo, per quanto se ne possano lamentare, la cosa va bene un pò a tutti.
Me ne sto qui, non so cosa si farà stasera, e per questo resto qui in un’incertezza che un pò mi piace avere giù per la gola.
Tra i muri grigio chiaro della camera mi sento le nuvole addosso, mentre penso, ed i pensieri sono come lembi di un lenzuolo che afferro appena con le unghie per poi lasciarmeli sfuggire alla minima traccia di distrazione.
“Potrei fare, potrei prendere, potrebbe succedere, potrebbe essere…”, ma sono irrequieta e ad ogni nuova idea metto da parte e passo oltre.
Mi faccio spazio nel cielo a volte, quando le dita possono, e non c’è insoddisfazione, ma solo voglia di infilare caos in qualche punto lontano e scavare un triangolino diverso fra le nuvole / qualcosa che sappia di nuovo e di fragile al di là della finestra.
Ogni tanto monto strati di storie su un quaderno, pezzi di pensiero in un’immagine.
Ho mucchietti di sabbia nelle scarpe, se ci penso, e il piacere lento di sentirmi addosso le calze quando incrocio le gambe.
Capita, di non sapere se si ha voglia di qualcosa che vada oltre l’appartenenza, ed il restare lì, ancora, come se non ci fosse altro posto possibile.
Succede, di non sapere se si voglia fare altro oltre a morirci. Perché è necessario, a volte. Morirci, intendo.
Si deve trovare un luogo in cui ti siedi lì e non hai voglia di nient’altro e in quel momento sai che è fatta. Sai che, finalmente, puoi tutto.
Qualcuno forse riderà a leggerlo, adesso, ma io ora posso tutto. E mi dispiace per voi, infondo, ma
Che poi non lo immaginate, ma quando puoi tutto è dannatamente difficile scegliere.

E il pomeriggio mi si accartoccia sulle caviglie, intanto, infilo il cappello di lana nero, chiudo gli occhi, un pò forse dormo, e ciò che ho fra le ciglia è aria.
Quando poi decido non me ne accorgo / quando decido è già sera e le strade mi attraversano in quel punto segreto fra il collo e la nuca.
Quando decido è per colpa del marmo dei palazzi che è diventato ambra, o forse in verità l’ho sempre saputo, ma è stato quel momento, proprio quel singolo istante che…

Una chiamata persa sul cellulare, un messaggio.
I rumori di casa mia si affollano contro la porta.
Devo scendere.

Prima di uscire mi raccolgo addosso la sera e la notte come una coperta, mi si sparpagliano sulle spalle, tanto ormai la pelle non filtra più niente e tutto quello che mi è successo mi finisce dentro come acqua. La pelle aspetta, ormai, e assorbe tutto fino a scoppiare, fino a rovinare ogni fame, fino a smettere di desiderare, fino a che…

E poi alla fine succede.
Prendo tutto ciò che ho dentro ed inizio a sciogliermi.
Proprio lì, a pochi centimetri di distanza dal cancello di casa.
Respiro la notte che ho dentro a piccole dosi e vedo le dita e le braccia diventare simili a gelatina, proprio lì, per strada, sotto tutti gli strati di lana e pile dei vestiti.
Non ci vuole troppo, che tanto la notte è molta e ne avanza sempre un grappolo, da qualche parte.

Gli altri non si accorsero di niente se non a processo ultimato.
Non mi ricordo chi, ad un certo punto, fece per girarsi ed al mio posto c’erano solo una sciarpa marrone chiaro, un cappello di lana, ed una tracolla nera.
Non ci fu verso di trovarmi.
L’unica fu girarsi e continuare a fare ciò che si stava facendo prima di tutto quel casino.
L’unica fu dirsi sottovoce: ”Torneremo poi a controllare…”, guardarsi un pò negli occhi ed andare via.
Ma poco prima di scappare, se non ricordo male qualcuno lo fece: raccolse le mie cose e si trovò una sostanza appiccicaticcia fra le dita. Si guardò intorno quasi potesse vedere, e capire
Io, però, ero già lontana, in una qualche fessura che ora neanche ricordo.
Ero un’altra cosa, e davvero proprio non posso, ricordare.

Si dice che la notte conservi per sé tutto ciò che resta dopo il passaggio del giorno.
Si dice che se lo tenga stretto , sotto al mento ed agli angoli delle braccia, per conservare ad ogni costo tutto il calore possibile.
Ma se uno ci pensa bene si accorge che ciò che resta non è altro che silenzio, assieme a tutto ciò che si sarebbe potuto fare, tutto quello che si sarebbe potuto dire e non si è detto, tutte le voglie che si lasciano indietro perché il mondo impone fretta, adesso, e la gente sceglie di partire leggeri.
Ed io, ero e sono un pò così, come il silenzio.
Io, che ero sempre stata abituata a partire e portandomi dietro quello che assorbivo, per una volta sceglievo di godermi anche ciò che resta.
E non potevo più solo ricordare, perché ero io stessa in un ricordo.
E tutti gli altri, tutti quelli ancora capaci solo di nostalgia, alla fine li osservavo e non cambiavano mai: dopo un pò prendevano una macchina, un treno, cambiavano un’idea, lasciavano tutto lì e poi andavano via, ricordando…

--

--

Chiara Capuano

32 y| Naples (IT) | Freelance Designer and illustrator in love with astronomy.