Chatsdebois, il dialogo estemporaneo fra Massimo Gatti e Paola Selva

L’edizione 2021 di Acoustic Guitar Village ha portato il nuovo progetto acustico di due musicisti con una storia importante.

Massimo Giuliani
RadioTarantula
5 min readSep 30, 2021

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Chatsdebois è una delle belle notizie di una edizione attesa e difficile di Acoustic Guitar Village, la rassegna cremonese annuale, che ha saltato un giro nel 2020 a causa della pandemia e che è tornata a settembre 2021. Torna alive and kicking, sebbene con la parte fieristica ridimensionata (i distributori non ricevono gli strumenti dai produttori, i produttori non ricevono le materie prime dai fornitori…) e il palco 1 dedicato alla conoscenza del cugino a quattro corde doppie, il mandolino, e ai suoi rapporti con la chitarra.

Il nome del progetto, Chatsdebois, camuffa i cognomi dei protagonisti: il mandolinista (ma qui suona la mandola!) Massimo Gatti (“chats”) e la chitarrista Paola Selva (“bois”).
Due artisti con storie molto diverse che è piacevole trovare così a proprio agio in un contesto che valorizza le qualità di entrambi.

Massimo Gatti viene dalla grande storia del bluegrass italiano, essendo fondatore (nel 1977) del gruppo Bluegrass Stuff, tuttora in attività sebbene con una formazione che è cambiata nel tempo. Che possono tranquillamente essere definiti dei pionieri, anche a livello europeo, dal momento che precedettero quel caotico movimento della musica acustica italiana che ebbe una breve ma fulgida gloria negli anni ’80 (ne parlavo anche qui, e guardacaso Gatti c’entrava qualcosa).

Gli ultimi Bluegrass Stuff. Notare, in seconda fila al banjo, Icaro Gatti, figlio di Massimo.

Come negli Stati Uniti, anche da noi quel movimento generò tante cose diverse (sì, anche un redditizio filone che rispondeva al bisogno di tappezzeria musicale e di musica “new age”). Tra i frutti migliori, un’ondata di album che — partendo soprattutto da suoni e tecniche della musica acustica tradizionale — cercavano una fusione con suoni e contesti armonici più arditi, che crebbe grazie ad alcune etichette illuminate — come la Windham Hill — e che proiettò musicisti stellari verso la sperimentazione di nuovi approcci. Massimo Gatti, anche grazie all’incontro con Riccardo Zappa e la sua etichetta DDD, si prese d’autorità un posto d’onore in questa corrente, incidendo nel 1990 l’album “Frangenti”. La copertina riporta un appassionato endorsement di David Grisman, mandolinista di rilevanza planetaria e caposcuola in quegli anni di un manipolo di musicisti che manomettevano i confini del bluegrass — esperimento di cui Gatti sempre più si mostrava credibile continuatore.
Tutto questo dentro una carriera ricca anche d’altro, se considerate che fra una cosa e l’altra l’abbiamo ritrovato negli anni al fianco di Claudio Sanfilippo — incontro, credo, quanto mai proficuo per entrambi — e in “Anime Salve” di Fabrizio De Andrè, per dirne solo alcuni.

Da altre vie arriva Paola Selva, chitarrista e concertista con formazione classica (diplomata al Conservatorio di Piacenza) che nel 2015 scopre le possibilità della chitarra con le corde di metallo e qualche settimana dopo si toglie lo sfizio di andare a vincere col suo nuovo strumento il Franciacorta Acoustic Festival. Così, tanto per cominciare.

Di lì affianca una carriera parallela alle varie formazioni con cui, imbracciando la chitarra classica, già frequenta una quantità di territori, dalle musiche popolari alla classica alla belle epoque.
Dal 2019 è in circolazione il suo cd “Legno e vento”, una collezione di brani che rendono l’idea del suo approccio, che tecnicamente è al confine fra la chitarra classica e l’acustica, e dal punto di vista dei contenuti è marcata da un certo impressionismo e da una sincera ispirazione naturalistica che, se vogliamo, sono ampiamente diffusi fra i chitarristi ma che qui fanno i conti con un gusto e una familiarità con generi e stili diversi, anche tradizionali, già frequentati con le corde di nylon, che danno alle sue composizioni e alle sue esecuzioni uno spessore non consueto nel genere.
È molto a fuoco quello che scrisse di lei Giovanni Pelosi all’uscita del cd:

“Non c’è quel certo senso di ‘impalamento’, che a volte mi sembra impedisca ai classici di dondolare la testa, all’occorrenza. Di strummare forte, se serve.”

Descrizione che rende perfettamente l’idea, nel senso che Paola Selva sa sfoderare all’occorrenza una specie di groove, come dire? gentile e molto personale, che peraltro è il suo rilevante contributo alla musica di questo nuovo duo.

Chatsdebois, dunque, con Massimo Gatti inaspettatamente alla mandola. Il duo esiste da poco, e questo cd è la prima, estemporanea testimonianza dell’incontro, registrata in diretta con un microfono stereo (la chitarra nell’orecchio sinistro, la mandola nel destro) all’Arcipelago Studio di Tarcento. Vi troviamo anche brani che conosciamo, ma questo non ne diminuisce il fascino. Anzi la sorpresa di scoprire le nuove personalità dei pezzi nel dialogo tra mandola e chitarra è già di suo una buona parte del piacere.

Non so se quello che ho detto dei due artisti lasci già immaginare la ricchezza di stili di cui si nutre questo cd di debutto.
“Promenade” e “Mandochet” — una apre il cd, l’altra lo chiude — vengono proprio da “Frangenti” di Massimo Gatti. Due versioni che anche nell’arrangiamento più asciutto per mandola e chitarra ne rinnovano la bellezza.
“Heart of the Heartland” è una composizione di Peter Ostroushko, leggendario mandolinista e compositore morto quest’anno. Posso azzardare? È persino più bella questa versione di Selva e Gatti, che le sottraggono quel bucolicismo sognante dell’originale e la restituiscono in una veste folk dalla dolcezza non leziosa. Per me, uno dei momenti più magici prodotti dal dialogo tra i due musicisti.
“The Right Foot” è dedicata da Paola Selva al mandolinista in un periodo in cui Gatti ha avuto il piede ingessato. Il brano swinga morbido — simulando forse l’incedere dondolante dell’amico stampellato?

Poi viene “A Claudio”, che Gatti dedica al padre: una melodia semplice della mandola su un giro di accordi che la chitarra interpreta con pattern ogni volta diversi, quasi raccontasse lo scorrere del tempo, il ciclo della vita, il cambiamento delle cose.
“Volo notturno”, già incisa da Massimo Gatti al mandolino con Aldo Navazio nel 1998 per un’antologia di bluegrass europeo, trasportata sull’ottava della mandola ha un fascino completamente diverso. Bello anche qui l’apporto della chitarra.
“Semplice” è un’altra composizione di Paola Selva che già conoscevamo, ma ditemi se non sembra che aspettasse da sempre la mandola di Massimo Gatti.

Ho il sospetto che Chatdebois tornerà quanto prima, e le note di copertina annunciano che il luogo ideale del duo è il concerto (capito? State pronti) ma intanto cercate questo cd scrivendo a chatsdebois@gmail.com.

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Massimo Giuliani
RadioTarantula

La cura e la musica sono i miei due punti di vista sul mondo. Sembrano due faccende diverse, ma è sempre questione di suonare insieme.