In e-book il libro del 1982 di Maurizio Angeletti (ne parla la rivista Chitarra Acustica)

Nel 2015 curai per Durango Edizioni una riedizione digitale di “American Guitar”, un libro leggendario che Maurizio Angeletti aveva pubblicato nel 1982 per Gammalibri. Se ne parla sul numero di gennaio di “Chitarra Acustica”, la rivista di Andrea Carpi e Reno Brandoni.

Massimo Giuliani
RadioTarantula
5 min readJan 15, 2022

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Avevo meno di trent’anni quando mi capitò di leggere questo libro del chitarrista Maurizio Angeletti, che mi folgorò e contribuì parecchio a formare il mio modo di pensare alla musica. Era un libro importantissimo, come riconoscevano musicisti e appassionati non solo in Italia.
Maurizio Angeletti scriveva con lo stesso rigore con cui trattava il materiale che suonava. Autore di tre album per sola chitarra (il primo dei quali ritenuto “il primo disco italiano di chitarra acustica”), aveva dato alle stampe questo studio che ci aiutava a mettere in ordine quello che sapevamo del panorama della musica per chitarra, che dopo i John Fahey e i Robbie Basho faceva i conti con i nuovi eroi del suono e dell’estetica Windham Hill.
Alcune recensioni online dicono “è il libro che mi ha cambiato la vita”. E potrà anche sembrarvi eccessivo: ma certamente per me e altri cambiò il modo di ascoltare certa musica e, soprattutto, di leggere di musica.
Oltre vent’anni dopo pensavo ancora a quel libro e avevo la fissa di rintracciare l’autore, che da un pezzo aveva lasciato la chitarra e si era dedicato a fabbricare aquiloni. Non fu facilissimo ma, se hai pazienza, in internet prima o poi trovi chi ti pare.

Era il periodo in cui nasceva Durango Edizioni, la casa editrice di ebook che avevo fondato con mia moglie e che avrei portato avanti per un po’ (e che oggi poggia su spalle più forti). Così gli scrissi a un indirizzo che avevo rintracciato e gli dissi che il suo libro era stato prezioso e che bisognava assolutamente ripubblicarlo, e che volevo farlo con Durango. Mi rispose dopo sette minuti.
Per alcuni mesi lavorammo sodo alla riedizione di “American Guitar”, recuperando le foto, le
intavolature per chitarra, inventandoci una nuova copertina con foto d’epoca, rileggendo e correggendo l’intero testo (che mia moglie aveva trascritto dalla mia copia ormai gialla e spaginata). Ci scrivevamo tutti i giorni.
“American Guitar” digitale uscì per Durango nell’autunno del 2015, col nuovo sottotitolo “Il classico studio del 1982 sulla chitarra acustica americana contemporanea” e con una nuova prefazione, scritta da me, che vi ripropongo qui.

Sono molto grato e contento che ne parli “Chitarra Acustica” nel numero di gennaio 2022 in un articolo di Sergio Staffieri.

Scrisse qualcuno che di ciò di cui non possiamo parlare dobbiamo tacere. Penso che con questo intendesse farci sapere che ciò di cui è bene tacere è la parte più importante di tutta la faccenda, quella che va oltre le possibilità del linguaggio. E dunque che tacere è in un certo senso l’unico modo possibile di dirne qualcosa.

Quando trovai American Guitar su una bancarella alla fine degli anni Ottanta, di Maurizio Angeletti sapevo che era un chitarrista cresciuto nella scena milanese, che dopo tre dischi aveva scelto di tacere. Sapevo anche che si dedicava a costruire aquiloni, e me lo immaginavo in cornici bucoliche occupato ad ascoltare il vento e a lasciarsi dietro le spalle la musica e i club in cui si suona la sera.

Leggere American Guitar mi dette degli elementi per comprendere quella scelta. Per capire, ad esempio, che quell’esitare non era l’interruzione di un discorso ma, come dire?, la continuazione di quel discorso con altri mezzi, un altro modo di prendersi cura di qualcosa di sacro (quel sacro verso il quale, diceva il poeta, gli sciocchi si affrettano mentre gli angeli, appunto, esitano).

C’è un rigore nel modo in cui Maurizio Angeletti parla di musica e dei chitarristi, in questo libro, che confligge col modo distratto in cui spesso trattiamo la musica. C’è un richiamo continuo al senso del fare le cose, alle ragioni del riferirsi a una grande tradizione (quella del blues) e dell’utilizzarla da “non nativi”. C’è quella posizione critica verso un modo di stare dentro quella tradizione che, ho immaginato a un certo punto, lo aveva spinto a dedicarsi ad altro piuttosto che continuare a condividere un modo di intendere le cose in cui non si riconosceva.
È in questo senso che esitare può essere una presa di posizione, una dichiarazione d’amore, una maniera per “dire”, non meno di quanto lo sia il suonare. Dunque quel silenzio era in totale coerenza con la musica degli anni precedenti.

E altrettanto coerente è il fatto di tornare, oggi, a parlare di musica e a imbracciare la 12 corde — dopo, va detto, una breve riapparizione live sei anni fa. Come se ci volesse un sacco di tempo e di silenzio a fare da distanza di sicurezza fra l’intrattenimento e la musica, fra il suonare per mestiere e il farlo perché ha senso e perché è il momento di dire qualcosa. In questi mesi in cui abbiamo lavorato alla versione digitale di American Guitar, ho ripetuto a Maurizio che, per quanto mi riguarda, il grande valore di questo libro sta nel parlare di musica in modo critico, mentre tutt’intorno il senso critico è ridotto a seicento battute di recensione e lo spazio per riflettere è sostituito dalle classifiche. Io penso che questo fu il grande contributo di questo libro, all’epoca della sua pubblicazione per Gammalibri, e che lo sia oggi che torna alla luce in questa veste.

E considero una grande fortuna e un grande onore aver lavorato con Maurizio perché questo accadesse.

Massimo Giuliani, L’Aquila — Brescia, ottobre 2015.

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Massimo Giuliani
RadioTarantula

La cura e la musica sono i miei due punti di vista sul mondo. Sembrano due faccende diverse, ma è sempre questione di suonare insieme.