La musica più bella del 2019, seconda parte: il tour d’addio di Joan Baez

Massimo Giuliani
RadioTarantula
Published in
4 min readDec 17, 2019

di Roberto Salvatore

Roberto Salvatore, esperto di musica folk, chitarrista, autore di storici irish coffee, maître à penser, è stato il padrone di casa del “Sing Out!” a L’Aquila dopo aver vissuto l’epopea del Folk Studio a Roma.
Passa metà dell’anno in Francia e metà in Italia.
Ama Bob Dylan, Dave van Ronk, Jack Kerouac. Unica concessione alla modernità, l’ultimo di Van Morrison.
Se non lo trovate sui social, cercate alla voce “Sal Paradiso”.

Foto da www.lindependant.fr

Insomma, stavolta avevo deciso di non andare, sarebbe stata la quinta volta e mi son detto che forse non valeva la pena di farsi 400 km da dove vivo per lavoro, questo posto della madonna chiamato Lourdes. Ma dopo un’analisi costi-benefici, alti i primi non tanto per il biglietto (mai come in Italia però, e questo è un argomento che prima o poi andrà affrontato) ma perché in viaggio mi conosco, o meglio imparano a conoscermi tutti i baristi del percorso. E i secondi? Che benefici può apportare quest’altra madonna che nella sua carriera ha fatto il miracolo di calmare non una folla ma un’intera generazione incazzata, da sola con la sua chitarra, all’Isle of Wight nel ’70. O all’Arena Civica di Milano nello stesso anno: “There’s no need for anger There’s no need for carabinieri”, quando se li ritrovò praticamente sul palco in “Farewell Angelina”.

Insomma, i benefici di ogni suo concerto sono questi, c’è sempre una liaison fisica e politica tra lei e il posto dove suona. L’ultima volta per me fu a Madrid, avevo subodorato il concertone perché conoscendo il suo repertorio sconfinato di canzoni dal mondo sapevo che non avrebbe regalato al pubblico madrileno “C’era Un Ragazzo Che Come Me”, come da noi (a proposito, vorrei conoscere chi fu a consigliarla per primo su questa scelta, noi che in quanto a canti della Resistenza non siamo secondi a nessuno ma tant’è, mentre il resto del mondo canta “Bella Ciao” noi abbiamo un orgasmo a sentire “Tattarattatta Tattarattata”). E lì fu roba tosta, tutti i canti della guerra civile spagnola, ho visto gente in lacrime nel teatro Nuevo Apolo che mancava poco venisse giù.

E allora? E allora via, si va a Perpignan, Catalogna francese che già la collocazione storico-geografica dà un brivido, in un bollente 22 luglio 2019 a vedere Joan Baez, 78 anni, splendida e più giovane che mai.
Apre, tanto per essere chiari fin da subito, Balbino Medellin con la sua canzone operaia. Un ritorno a Brassens ma in chiave moderna nei testi e nel modo di suonare la chitarra acustica, a cui non concede respiro. “Le Soleil Et l’Ouvrier” ti rimette in pace con la migliore canzone d’autore da troppo tempo ormai violentata e massacrata dall’inascoltabile rap che rappresenta bene il declino attuale di questa nazione, la Francia ahimé, tanto amata fin dal primo concerto di Dylan che vidi a Avignone nell’81. E allora “Visca Catalunya, continuez d’espérer!”, concluderà Balbino.

Aprire con “Last Leaf” e “Whistle Down The Wind” di Tom Waits, dopo un esordio classico con “Dona Dona”, spiega il perché. Joan Baez non ha più la voce di un tempo, non va più lunga nei finali di strofa, è più roca anche se ancora potente, semplicemente non è più lirica. Ma questa è una nuova scoperta, riesce a cantare Waits con estrema naturalezza e, ancor più stupefacente, con i tagli che dà alla voce sembra a volte di sentir cantare Dylan con voce di donna. E allora giù con piccoli capolavori come la recente “Silver Blade”, o grandi come “Diamonds & Rust”, “Deportee-Plane Wreck at Los Gatos” di Woody Guthrie, “No More Auction Block”, conoscevo solo la versione di Odetta, con finale spiritual di “Oh! Freedom”, in duo con la giovane voce di Grace Stumberg così come in “Catch The Wind” di Donovan.

Foto da www.lindependant.fr

Ma non mancano i fondamentali, classici omaggi a Cohen con Suzanne, a Lennon con Imagine, a Phil Ochs con “There But For Fortune”, all’immancabile Violeta Parra con “Gracias A La Vida”, all’anarcosindacalismo di Joe Hill e a Sacco e Vanzetti con “Here’s To You”. E naturalmente Dylan, “It Ain’ Me Babe”, “Farewell Angelina”, “Don’t Think Twice It’s All right”, “Forever Young”, “Blowing In The Wind”, con quella voce che nell’interpretarlo sembra quasi lo sbocco naturale di sessant’anni di carriera ognuno/a ombra e luce dell’altro/a.

Chiuderà l’ultimo concerto di sempre in terra di Francia, sempre generosa con lei (era l’ultima occasione per vederla e ne è valsa la pena), “Dink’s Song-Fare The Well”, che dà il nome al tour, canzone a me cara perché mi riporta a Llewyn Davis-Dave Van Ronk dei fratelli Cohen. Ma ve ne ho già parlato. Ah! La location era splendida, un antico Campo Santo, si chiama proprio così, accostato al duomo di Perpignan e trasformato in piazza per spettacoli. E poi tutto il resto che ve lo dico a fare, è il Midi e la Mediterranée, posti del cuore.

Originally published at http://www.radiotarantula.net on December 17, 2019.

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Massimo Giuliani
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La cura e la musica sono i miei due punti di vista sul mondo. Sembrano due faccende diverse, ma è sempre questione di suonare insieme.