Massimo Gatti, l’ambasciatore del mandolino americano dal bluegrass a De Andrè (seconda parte)

Continua la conversazione con Massimo Gatti, maestro del mandolino americano e musicista dal fiuto sopraffino nel trovare talenti con cui condividere percorsi. E, sì, nella seconda puntata arriva anche De Andrè. E Dario Fo.

Massimo Giuliani
RadioTarantula
15 min readMay 19, 2022

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[Clicca qui per leggere la prima parte]
Grazie a Marisa per la collaborazione nella trascrizione.

RadioTarantula: Massimo, parlavamo della cena dalla mamma che passò alla storia… a proposito di famiglia, mi hai fatto vedere questa foto che ti ritrae coi tuoi figli. È molto bella. È di una quindicina di anni fa, giusto?

Massimo Gatti: Del 2007. C’è Griselda con una Martin, pensa, che era appartenuta ad Aldo Navazio! C’è Icaro tredicenne e poi ci sono io.

RT: 13 anni! Il periodo in cui stava per entrare nei Bluegrass Stuff… A proposito, mi dicevi poco fa che negli ultimi anni è stato sostituito al banjo da Marco Ferretti. C’entra il problema che ha avuto alla mano?

MG: È per quello, sì. Ha dovuto smettere nel 2019 per dei forti dolori dovuti a una questione che riguardava il pollice. Così ha affrontato un intervento al tendine, un intervento di microchirurgia molto particolare, molto delicato…
Pensa che ultimamente ha scoperto che può suonare anche il mandolino con meno dolore… può suonarlo col plettro e questo gli evita i dolori del movimento del pollice.

RT: Anche il mandolino? È un fenomeno! Naturalmente riprenderà in mano il banjo, giusto?

MG: Naturalmente l’obiettivo è quello, ce lo aspettiamo in tanti. Nell’ultimo periodo avevamo un progetto a cui Icaro teneva molto, che si chiamava Blueways, con due dei migliori musicisti della scena bluegrass europea. Sono Jean-Marie Peschiutta alla voce e alla chitarra e sua moglie Nathalie Shelar, che è americana, alla voce e al basso. Anche secondo loro Icaro è uno dei migliori banjoisti in circolazione!

Blueways, 2016

RT: Lo aspettiamo tutti! E Griselda cosa fa?

MG: Griselda è laureata in scultura e chitarra classica. Insegna chitarra in diverse scuole milanesi e ha un progetto teatrale con due attrici dove suona brani composti da lei.

RT: Che famiglia! A proposito di Marco Ferretti, colpisce questa disponibilità, questo scambio costante fra i gruppi bluegrass…

MG: Sì, è sempre stato così, anche in passato ci vedevamo spesso e io conoscevo tutti, andavo ai concerti di tutti… Come quando suonavo con Paolo Menconi, che veniva dai Southern Confort. Solo all’inizio forse c’era una certa possessività: se sei in questo gruppo suoni solo qua. Giorgio Ferrari aveva un gruppo ma era un mio fan accanito, per cui c’era un rapporto diverso. Era un giornalista, scriveva per La Notte e ci aveva fatto dei bellissimi articoli. Adesso fa il corrispondente di guerra da anni…

RT: Ma dai?

MG: Sì sì, sono 25 anni che fa il corrispondente di guerra e mi ha detto che non riesce a farne a meno! Fa quello, ma so che suona ancora il mandolino.

RT: Parlando di collaborazioni, mi risulta una versione di “Volo notturno” con te e Aldo Navazio nell’antologia dell’European World of Bluegrass del ’98, ti torna?

MG: Sì, mi torna. È andata così. Con Aldo avevo suonato fino al ’79, ‘80… poi ci siamo persi di vista, era partito militare. Un giorno un amico violinista, che aveva suonato con noi nei Bluegrass Stuff e poi si è messo a fare musica irlandese, mi ha detto: sai che ho incontrato Navazio, non lo riconoscevo, aveva la ventiquattrore! Mi sono fatto dare il numero di telefono, gli ho detto “vediamoci!”. Ci siamo visti, avevo fatto da poco “Frangenti”, era il ’90 o il ‘91. Gli ho detto perché non facciamo qualcosa insieme? Abbiamo ricominciato a suonare insieme, siamo andati avanti per un po’ di anni…
Nel ‘98 dovevo andare a quel festival, che si teneva in Olanda. Era il primo festival europeo di bluegrass. Avevo avuto per un po’ di anni un gruppo europeo di bluegrass che si chiamava Eurograss con Jean-Marie Redon, un banjoista francese. Eravamo tutti di nazioni diverse, abbiamo fatto questo gruppo che è durato 6 o 7 anni ma nel periodo in cui c’era l’European World of Bluegrass ci siamo sciolti!
E siccome stavo suonando con Aldo in duo gli ho detto: Aldo, io chiedo, magari ci prendono come duo! E ci hanno presi al festival, anche se non facevamo proprio bluegrass. Sì, qualche pezzo di Clarence White ma basta…

RT: Come ai tempi di Montoli!

MG: Infatti. Ci hanno chiamato al festival, poi hanno fatto la compilation e siccome mettevano un pezzo di ogni musicista, hanno scelto la nostra “Volo notturno”.

Copertina di Maurizio Lodi

RT: Con Aldo Navazio hai fatto anche un album sulla musica di O’Carolan…

MG: Sì, dopo quell’esperienza abbiamo deciso di fare questo progetto su O’Carolan. Abbiamo chiamato Claudio Frigerio, che era un mio compagno delle medie che avevo rincontrato alla Scuola Civica e si era diplomato in violoncello barocco…

RT: Perché tu insegni alla Civica, giusto?

MG: Insegnavo. Sono in pensione, a settembre sono due anni.
Così ritrovo Claudio, con cui avevo fatto la mia prima esperienza di gruppo alle medie, perché mi aveva chiesto di suonare le tastiere! Lui era un bravissimo chitarrista elettrico e studiava violoncello, ma in quel periodo non gli interessava… Io lì mi sono accorto che non riuscivo a suonare mezza nota senza spartito! Avevo 13 anni, e da allora ho detto basta, imparo la chitarra da autodidatta!

RT: Ah, il periodo della conversione alla chitarra!

MG: …e non ho letto più la musica per anni. Abbiamo chiamato Claudio Frigerio e abbiamo iniziato a suonare. Abbiamo fatto il disco di O’Carolan nel 2002. E poi abbiamo smesso di suonare insieme perché nel frattempo Aldo si era iscritto a psicologia — era laureato in economia e aveva insegnato in un liceo, ma aveva questo interesse per la psicologia — e non aveva più tanto tempo di suonare. Però negli anni successivi io feci ascoltare le registrazioni al mio amico che mi produsse il cd per la Bar Records. Uscì nel 2012.

RT: Vi chiamavate Incredible String Consort, giusto?

MG: Sì, dovevamo trovare un nome e avevamo pensato a O’Carolan Consort, ma abbiamo scoperto che ce n’era già un altro, erano inglesi. Poi con quel trio abbiamo fatto ancora un po’ di concerti con i pezzi di O’Carolan e nell’ultimo periodo è entrato anche Icaro al contrabbasso.
Ah, quando riincontrai Aldo Navazio lo misi in contatto con Riccardo Zappa, è il periodo in cui fece “Itaberà” con Franco Azzarelli

RT: Ecco, Riccardo Zappa è un pezzo importante della storia. Hai anche inciso per la sua collana “Strumento”…

MG: …sì, per l’etichetta DDD ho inciso “Frangenti”. E poi in quel periodo ho suonato in tutti i dischi di Riccardo fra cui uno che abbiamo fatto dal vivo a casa di Gae Manfredini

RT: Il chitarrista elettrico bresciano, lo conobbi…

MG: Avevano fatto una tournée insieme e volevano fare un disco. Allora hanno chiamato a me, poi c’era Federico Sanesi alle tabla, c’era Rino Zurzolo al contrabbasso, che poi ha suonato anche nel mio disco. E con Zappa e Manfredini abbiamo registrato dal vivo con del pubblico…

RT: Il disco è “Patchouly & Vetyver”?

MG: È quello. E poi ho suonato negli altri di Riccardo in quel periodo. Suonavo sempre qualche pezzo. Quando ho fatto “Frangenti” eravamo io e Riccardo, abbiamo chiamato Rino Zurzolo perché avevamo bisogno di uno bravo! Lui ha detto: conosco un bassista bravissimo che mi ha detto che suona anche il contrabbasso! E è arrivato questo Rino che era pazzesco! Anzi, lui è un contrabbassista che suona il basso elettrico. E poi Riccardo gli ha prodotto anche un disco, dove ci sono anch’io, e lui diceva sempre: tu sei stato la mia connessione con Milano! Avevamo cominciato a suonare in trio. Facevamo un po’ di pezzi miei, un po’ di Rino e un po’ di Riccardo.
A un certo punto abbiamo deciso: bisognerebbe aggiungere qualcosa! Quando ero in Civica era arrivata un’arpista barocca bravissima che veniva da Palermo, insegnava al conservatorio. La trasferirono a Milano, è una delle più conosciute arpiste barocche al mondo, si chiama Mara Galassi. Dico: Riccardo, ho conosciuto un’arpista barocca; se la coinvolgessimo? E lui: sì sì, dai, proviamo! E allora abbiamo suonato per un periodo in quattro con l’arpista che ovviamente si scriveva tutto, però è stato particolare, è stato bello.

RT: Eravate tutta gente con storie molto diverse, tu dalla storia che sappiamo, Zappa dalla chitarra classica con un legame molto tenue coi generi angloamericani…

MG: Esatto!

RT: Come funzionava l’alchimia fra di voi? Come incastravate queste differenze di vocabolario?

MG: Guarda, mah… suonavamo e veniva bene! Ognuno col suo stile, non stavamo lì a pensarci… Riccardo è stato il mio produttore in “Frangenti”, poi ci vedevamo spesso quando ero a Milano, Rino veniva spesso a Milano, insomma ci frequentavamo…
Pensa che nell’ultimo disco, quello col trio Kujacoustic che ho fatto qui in Friuli, ho cominciato a suonare con un chitarrista flamenco. È molto bravo, i miei amici qua mi avevano detto “devi conoscere Michele Pucci, vedrai, ti troverai bene!”. Un giorno l’ho conosciuto, abbiamo cominciato a suonare e ci siamo trovati benissimo..
Siccome erano anni che volevo fare un disco di Natale, ma particolare però, allora l’ho registrato con Michele. È un disco secondo me bellissimo. Avevamo deciso un po’ di pezzi da fare, ci trovavamo qua da me, nel mio studio, mi ricordo la mattina tipo alle otto e mezza, dicevamo che pezzo facciamo oggi? Proviamo questo! E allora lo arrangiavamo, registravamo sempre e tenevamo le cose migliori. Alla fine decidevamo come farlo e lo registravamo. Ogni giorno un pezzo nuovo. È un disco ispiratissimo, non riuscirei a rifarlo così!

RT: Lo conosco! Dialogate che è una meraviglia, entrate nelle melodie e nelle armonie con grande creatività.

MG: Avevamo delle idee incredibili, e poi è registrato tutto in diretta, così, appena decise le cose. Veramente bello.
Poi abbiamo iniziato a lavorare sul nuovo cd, i pezzi originali miei e qualche pezzo tradizionale, persino finlandese, robe particolari…
Michele viene un po’ dalla classica, un po’ dall’acustica, poi si è messo a suonare il flamenco. Ma è molto duttile, molto bravo.
Dovevamo trovare un contrabbassista. Avevo pensato quasi quasi chiamo Rino, o andiamo noi a Napoli, ci serve uno bravissimo. Volevo chiamarlo mera morto in quei giorni, l’ho saputo così.

RT: Una perdita terribile, che musicista…

MG: Poi ho conosciuto un altro contrabbassista veramente bravo, Alessandro Turchet, che è friulano, un mostro. Di una bravura allucinante! Ho chiesto a lui, ci siamo trovati benissimo. Lui viene dal punk. Poi voleva suonare il contrabbasso jazz e il maestro gli disse: se vuoi imparare il contrabbasso devi studiare classica, sennò non lo impari. Si è diplomato da privatista, in pochi anni, e poi si è messo a fare altro. La classica non la suona. Suona anche musica folk, gypsy jazz, tante cose. Per cui suona anche con noi, e siamo ben contenti.

Kujacoustic

Poi avevo fatto anche un altro disco, dopo quello con Riccardo, “Il sogno di Icaro”, nel ’96. Che fra parentesi ha in copertina i disegni di Claudio Sanfilippo, che all’epoca faceva acquerelli. Gli dissi che figata, mi fai un acquarello per ogni pezzo del disco? Comunque, lì suonava Paolino Dalla Porta. Anche lì un caso…

RT: Mamma mia, che intrecci pazzeschi mi racconti!

MG: Sì, pazzeschi! Dalla Porta si era iscritto a un corso di musica contemporanea in Civica, così l’ho conosciuto, perché io ero nella sezione di musica contemporanea. Poi abitava anche vicino casa mia. Gli ho detto: Paolino, sto facendo un disco, ci suoneresti? Sì sì, va bene. E così ci ha suonato, gli son piaciuti anche i brani! Sai che lui suona un jazz abbastanza moderno, adesso suona con gli Oregon, da sei o sette anni. Capisci che, con tutti i contrabbassisti che risono negli Stati Uniti, per aver chiamato lui, dev’essere uno bravissimo!
Era venuto anche suo figlio a studiare in Civica. A un certo punto realizza che io sono il Massimo Gatti del disco dove aveva suonato suo papà. Mi fa: sai che è l’unico disco di mio papà che mi piace? (Ridiamo) L’ho detto a Paolino!
Sono sempre stato curioso di generi diversi, ho conosciuto tanti musicisti
Ah, senti questa. Ce l’hai presente Francesco Salvi?

RT: Quel Francesco Salvi?? L’attore?

MG: “C’è da spostare una macchina”, sì! È stato un fan dei Bluegrass Stuff e poi si è iscritto anche lui al corso di musica contemporanea. L’avevo conosciuto in Civica, poi siamo diventati amici. Ho suonato con lui recentemente al Festival jazz di Ascona.

RT: Fa musica?

MG: Sì, ha messo insieme questa cosa che si chiama “Louis Prima, Jimmy Durante, Salvi Dopo”, una big band che faceva i pezzi degli italoamericani, e io suonavo il mandolino! C’era un pezzo in cui voleva assolutamente che suonassi io, così siamo andati a questo festival di Ascona e ci siamo rivisti. Lui viene tutti gli anni a novembre qua a fare una presentazione di vini, e tra l’altro vede sempre Valerio Marini, che è quello che faceva le copertine del Ponderosa…

RT: Quello che disegnava le copertine del Mucchio Selvaggio del primo periodo! Che infatti prima di diventare romano orbitava intorno a Carù, per cui era al nord…

MG: Sì, e Valerio Marini era uno degli organizzatori del primo bluegrass festival. L’ho rivisto con Salvi, fa vignette su quotidiani, cose così…
Poi un altro nostro fan era lo scrittore Andrea De Carlo, siamo amici.
E un giorno viene da me Walter Lupi, mi presenta un tenore che voleva fare un disco di canti anarchici. Si chiamava Joe Fallisi. È quello che da giovane aveva scritto “La ballata del Pinelli”. Walter lo aveva portato a sentire i Bluegrass Stuff e si è esaltato! Così abbiamo fatto un disco di canti anarchici coi Bluegrass Stuff ma non è mai uscito!

RT: Oh, no! Ma c’è possibilità?

MG: Io ho tutte le registrazioni, è bellissimo. A me piacerebbe che fosse pubblicato, Valter Colli di Nota lo farebbe, ma Joe non era soddisfatto delle voci, e la cosa è rimasta lì…
Questa combinazione di bluegrass e canto lirico è molto bella. Una cosa particolarissima…
È tramite Joe Fallisi che abbiamo conosciuto De Carlo. Tra l’altro io ho suonato con De Carlo, lui suona la chitarra abbastanza bene, lui è uno che conosce la liuteria. Quando l’ho conosciuto era uscito un suo libro che portava in giro suonando la chitarra. Andai in giro con lui suonando il mandolino, poi c’era un percussionista indiano e una violista. Facemmo qualche concerto di presentazione…
Ah, poi non ti ho detto di “Anime Salve” di De Andrè!

RT: È vero, direi proprio che non puoi esimerti! Come andò?

MG: Nel ’96 Piero Milesi, l’arrangiatore del disco di De André era un mio caro amico, mi ha chiesto se potevo suonare il mandolino per il pezzo “Prinçesa”, mandolino e mandola. Mi ricordo che avevano registrato allo studio Nautilus a Milano. Sono andato lì e c’era anche Fabrizio De André che è stato lì tutto il tempo della registrazione, poi l’hanno raggiunto anche Dori Ghezzi, Cristiano e la figlia. Stavano tutti là, ascoltavano. Piero mi ha detto “sei fortunato perché oggi è quel 5% delle giornate che Fabrizio è allegro, perché di solito l’altro 95% …”. E infatti era simpaticissimo e dopo la registrazione abbiamo chiacchierato, siamo andati a cena insieme… Devo dirti che io non sono mai stato un grande fan di Fabrizio De André e quando mi ha chiesto ho detto va bene, perché no?, ma è dopo averlo conosciuto che mi è piaciuto molto.

RT: Che cosa ti è piaciuto?

MG: Era molto simpatico, divertente, poi mi ha chiesto se nel caso potevo andare in tournée con lui. Poi ha suonato suo figlio, che ha suonato la mia parte di mandolino visto che suonava il violino. Nel tour suonava violino, mandolino e anche chitarra, un po’ di cose…

RT: Con De André come funzionava? Cioè tu andavi in studio e avevi una parte scritta, o avevi un margine di creazione?

MG: Sì, avevo una parte scritta, che tra l’altro era difficilissima perché dovevo doppiarla diverse volte, poi ho fatto anche delle armonie con la mandola. Il problema era che dovevo suonare all’unisono con una fisarmonica di un fisarmonicista russo: solo che lui a ogni ritornello faceva la stessa frase ma in maniera diversa, e quindi una volta che avevi imparato la prima esattamente uguale poi andava alla seconda e non la faceva uguale alla prima, e quindi ho dovuto memorizzarle tutte poi doppiarle, infatti è stato un lavoro abbastanza complicato…

RT: Tu e il fisarmonicista suonavate dal vivo insieme?

MG: No no, era già registrata… Piero mi aveva raccontato che praticamente hanno fatto un anno di pre-produzione — studiavano tutti gli arrangiamenti — e poi sei mesi di studio, cose che adesso sarebbero impossibili. Tra l’altro mi ha raccontato un sacco di aneddoti, tipo che Fabrizio non voleva dire al produttore — che era il fratello di Massimo Boldi, è un produttore discografico — niente di quello che stava facendo, praticamente non voleva avere rotture da parte di nessuno, ma lui voleva sapere tutto. e allora andava praticamente tutte le sere da Piero per vedere gli arrangiamenti. E De Andrè gli diceva: “digli che non voglio vederlo, nessuno mi deve rompere il cazzo!”, poi prendeva il citofono e diceva “no, non voglio dirti un cazzo, quando sarà pronto ti farò sentire!”, e lui andava via

RT: Ci voleva una bella fiducia però!

MG: Piero ha insegnato nella nostra scuola quando è partito il corso di musica per l’immagine, musiche per film eccetera. Ma prima aveva fatto una lezione sugli arrangiamenti, ed è stata interessantissima. Spiegò tutto sugli arrangiamenti di “Anime Salve”, una cosa bellissima, portò tutti i file che aveva nel computer e li fece sentire, tutti gli arrangiamenti come li aveva pensati… infatti secondo me, in assoluto, è il disco italiano con gli arrangiamenti più belli.

RT: Dicevi che non eri un grande amante di De André, ma di quel disco che ne pensi?

MG: Quel disco ha degli arrangiamenti talmente belli che mi piace. Poi è pieno di musicisti che conosco anche, di classica, della Civica… Mi ricordo che ha voluto fare una foto con tutti i musicisti davanti alla Camera del Lavoro, bisognava trovare il giorno che tutti potessero e quindi fu un casino. Mi ricordo che dovevamo essere tutti vestiti di nero per fare questa foto, faceva un freddo allucinante e noi eravamo vestiti così, c’era il sole ma faceva freddo…

RT: Dove si trova questa foto?

Il team di Anime salve davanti alla Camera del Lavoro di Milano, 1996. In primo piano da sinistra: Vincenzo Zitello, Mario Arcari, Carlo De Martini, Fabrizio, Dori, Naco, Emilia Pignatelli, Vladimir Denissenkov. Dietro da sinistra: Beppe e Piero Gemelli, Riccardo Tesi, Alberto Tafui, Alberto Morelli, Adele Di Palma, Maurizia Camagna, Michele Ascolese, Pier Michelatti, Piero Milesi, Ellade Bandini, Francesco Saverio Porciello, Massimo Gatti, Cristiano De André, Carlo Sava, Luvi De André.

MG: È quella nel retro della copertina… Ah, un’altra cosa che mi sono dimenticato, anche questa è particolare: abbiamo fatto un pezzo con Dario Fo!

RT: Con i Bluegrass Stuff? A quando risale?

MG: Al 2000. Franca Rame e Dario Fo erano in una lista per Milano e nel 2000 avevano organizzato al Palalido una serata contro Berlusconi, in cui suonavano gli Stormy Six che avevano coinvolto anche noi. Non mi ricordo perché e percome, come andò la storia, ci avevano chiesto se potevamo aprire il concerto noi, poi suonavano loro. Mi ricordo una scena bellissima, noi suonavamo con un solo microfono e il tecnico del suono degli Stormy Six ci fa: “come fate a suonare con un microfono al Palalido?” e i gli ho detto “vabbè, allora tu togli tutti i monitor e noi suoniamo”. Sennò andava in Larsen, capito? Così iniziamo, facciamo un pezzo…

RT: Alla maniera quella vera insomma!

MG: Suonavamo come negli anni ’50, bluegrass come si suonava allora, un microfono, senza monitor, senza niente. Tutti intorno e poi chi cantava o faceva gli assoli si avvicinava. Perché facevamo bluegrass tradizionale in quel periodo e quindi potevamo farlo così perché col bluegrass moderno è un po’ più difficile, non si può fare.
Insomma abbiamo il nostro microfono, lo portiamo, montiamo, il tecnico del suono era un po’ restio. Iniziamo a suonare e dopo due minuti fa: “ferma tutto!”, e inizia ad applaudire. “Questa è la risposta alla tecnologia di Berlusconi! Siete bravissimi!” (ridiamo).

RT: Ma esiste un documento di quella serata?

MG: Esiste un documento della televisione tedesca. Andò che non c’era nessuna televisione italiana, solo una rete tedesca. Dovevamo fare dei pezzi noi, poi Dario Fo in mezzo doveva dire qualcosa e poi c’erano gli Stormy Six. Mentre suoniamo ad un certo punto sento una voce che cantava in finto inglese, ci giriamo ed è Dario Fo che è venuto sul palco e faceva sta roba con noi…

RT: Lui col suo grammelot, il finto inglese…

MG: Solo che c’era un fotografo che mi ha detto “ti mando tutte le foto, dammi l’indirizzo”, ma io stupidamente non gli ho chiesto la sua e-mail. Non me le ha mai mandate. Siccome la mia ex moglie è tedesca, aveva detto a sua sorella e a sua mamma che c’era questa roba, loro l’hanno vista alla televisione tedesca, solo che nessuno l’ha registrata… ero riuscito a trovare su internet il giorno esatto in cui era stata fatta, ma non abbiamo un documento…

RT: È molto eloquente il fatto che in Italia nessuno pensò a riprendere questa cosa mentre…

MG: No, ovviamente le televisioni di Berlusconi non sono venute e la RAI neanche. Ma mi ricordo che è stato bello suonare bluegrass con un microfono al Palalido davanti a 15000 persone…

RT: Massimo, ti ringrazio molto per avermi dato un po’ del tuo tempo. So che per ogni storia che mi hai raccontato ce ne sono almeno altre dieci…

MG: Sì, non ti ho nemmeno detto di tutti i dischi…

RT: Magari ci vediamo non appena ci sono novità di Chatdebois e riprendiamo il discorso. Grazie davvero.

2014 con Alessandra Ceccala, l’unica donna ad aver suonato con i Bluegrass Stuff.

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Massimo Giuliani
RadioTarantula

La cura e la musica sono i miei due punti di vista sul mondo. Sembrano due faccende diverse, ma è sempre questione di suonare insieme.