[Swinging Sixties!] Baby Boomer e American Dream

di Luca Giudici

Massimo Giuliani
RadioTarantula
5 min readJan 27, 2022

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Negli anni Cinquanta la rivoluzione avvenuta negli USA dal punto di vista musicale era stata, com’è noto, a dir poco travolgente. L’influenza della musica nera (la race music, come la chiamavano i discografici dell’epoca) aveva completamente cambiato le modalità di ascolto, e ciò era dovuto soprattutto alla diffusione capillare e massificata della radio e in seguito della televisione. La possibilità per la musica di uscire dai ghetti e diffondersi anche in luoghi non usuali fece si che alla fine del decennio Elvis Presley poteva vantare primi posti sia nelle classifiche Rhythm & blues così come in quelle Country & Western.

È noto tra gli springsteeniani il racconto di quando il cantante, bambino di soli 8 anni, nel gennaio del 1957 vide Presley all’Ed Sullivan Show, e, per quanto si trattasse di un passaggio TV morigerato e contenuto dal puritanesimo mediatico che ancora avvolgeva certe trasmissioni, ne rimase talmente colpito da decidere di volere assolutamente intraprendere quella che poi sarà la sua futura carriera. Questa lista è solo un breve e inadeguato elenco di brani rock & roll incisi in quegli anni e diventati nel tempo dei successi senza paragoni.

1952 — Rock around the clock (Bill Haley & his Comets)

1954 — Good Rockin Tonight (Elvis Presley)

1955 — Roll over Beethoven (Chuck Berry)

1956 — Be bop a Lula (Gene Vincent)

1956 — Tutti Frutti ((Little Richard)

1956 — Long Tally Sally (Little Richard)

1956 — Heartbreak Hotel (Elvis Presley)

1956 — Hound Dog (Elvis Presley)

1956 — Love me Tender (Elvis Presley)

1957 — Whole Lotta Shackin’ goin’ on (Jerry Lee Lewis)

1957 — Great Balls of Fire (Jerry Lee Lewis)

1957 — Jailhouse Rock (Elvis Presley)

1958 — Johnny Be Good (Chuck Berry)

Ma era solo l’inizio. Nel 1960 un rocker fino a quel momento poco noto, Chubby Checker, colse il movimento giusto e con due singoli azzeccati si inventò il Twist!

Basta guardare il video (sono spezzoni di filmati dell’epoca) per capire quali fossero i messaggi che bisognava diffondere: interclassismo, superamento delle differenze di razza, emancipazione, benessere, sguardo al futuro. Lo spirito che in pochi anni avrebbe portato Kennedy alla presidenza degli Stati Uniti, sotto il grande orizzonte della Nuova Frontiera. La nuova musica avrebbe unito le persone: uomini e donne, bianchi e neri, ricchi e poveri. Tutti parte di un unico grande American Dream.

E l’Italia? Quelli sono gli anni in cui la periferia dell’impero iniziava anch’essa un processo di emancipazione che in un lasso di tempo tutto sommato piuttosto breve avrebbe dato vita alla grande stagione della musica italiana negli anni Sessanta, ma qui siamo ancora ai primi vagiti, e la classifica italiana dei singoli più venduti in quel 1962 vede in cima quasi solamente brani tradotti da successi americani. Adriano Celentano, che non sapeva l’inglese e cambiava il testo alle canzoni, lo troviamo al primo e al terzo posto, rispettivamente con Pregherò, cover di Stand by me di B.E. King, e Stai lontano da me!, cover di Tower of Strenght, cantata da Gene McDaniels e originariamente scritta da Burt Bacharach. Tra queste due cover si trovava però Ogni giorno, versione italiana di Love me warm and tender di Paul Anka, cantata da lui stesso. Era una (brutta) idea dei discografici italiani, quella di far cantare brani nella lingua di casa ai cantanti stranieri, e negli anni seguenti lo hanno fatto anche con Mick Jagger e David Bowie, con le ben note versioni italiane di As tears go by e Space Oddity.

Tornando alla nostra classifica, al quarto posto troviamo Quando, quando, quando di Tony Renis, uno dei primi esperimenti di samba in Italia, poi resa famosa nel mondo dalla versione inglese, cantata da Pat Boone. Al quinto posto il primo vero successo straniero, ed è proprio un twist! si tratta di Speedy Gonzales, cantata proprio dallo stesso Pat Boone. Continuando a scendere posizioni il twist domina, e troviamo la versione italiana di Let’s twist again, cantata da Peppino di Capri e il twist abbastanza fuori luogo di Mina con Renato.

Peppino di Capri aveva in repertorio (così come Johnny Dorelli) anche una versione italiana di Speedy Gonzales, e Saint Tropez Twist, costruendo su questo stile buona parte del suo successo. Analogo discorso vale per Guarda come dondolo, un altro twist stavolta decisamente autarchico. Edoardo Vianello (cugino di Raimondo) è un autore che merita alcune considerazioni, intanto perché legato a due figure che, come si suol dire, faranno carriera, ovvero Luis Bacalov e Ennio Morricone, che ha orchestrato i suoi primi dischi.

Guarda come dondolo, insieme a Pinne, fucile ed occhiali, altro hit estivo del 1962, venne inserita nella colonna sonora del film simbolo di quegli anni, Il sorpasso di Dino Risi. Nello stesso anno scrive La partita di Pallone per Rita Pavone, e l’anno seguente canterà Sul cocuzzolo della montagna, I Watussi e Abbronzatissima, tre hit ancora oggi conosciutissime. Possiamo dire quindi che con lui e Peppino di Capri in quegli anni si assiste alla nascita di qualcosa di indipendente?

Assolutamente sì, e certo non sono i soli. A Milano negli stessi anni Celentano, Ricky Gianco, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber e molti altri stavano inventando una musica nuova, mentre dall’altra parte del Turchino a Genova stava nascendo qualcos’altro che cambierà completamente l’orizzonte musicale italiano. La cosiddetta boom generation è stata il motore del cambiamento dell’Italia, una sorta di locomotiva per un paese che voleva assolutamente ritrovare un suo ruolo dopo la guerra e la sua tragedia. Di conseguenza anche la musica di quegli anni cercava, qui come negli USA, di guardare verso il futuro e il superamento di un mondo che si voleva lasciare alle spalle. È però altrettanto certo che, qui come in America, le contraddizioni emersero da subito, figlie di una non adeguata redistribuzione dello sforzo e dei risultati. Se è vero che tutti abbiamo comprato la 500 e che le ferie estive sono diventate qualcosa alla portata di molti (se non di tutti), questo ha solo trasformato chi già lavorava duro per vivere in un consumatore, con di fronte un mondo di bisogni insoddisfatti, e se la scala sociale si è infine mostrata in tutta la sua altezza, finalmente poteva anche essere salita, e questo a volte avvenne con sistemi non proprio ortodossi. Siamo decisamente entrati negli anni Sessanta.

See you later, alligator!

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Massimo Giuliani
RadioTarantula

La cura e la musica sono i miei due punti di vista sul mondo. Sembrano due faccende diverse, ma è sempre questione di suonare insieme.