Tradurre canzoni (5): cinque domande ad Andrea Parodi

Massimo Giuliani
RadioTarantula
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8 min readNov 19, 2018
Andrea Parodi al centro, fra Alice Marini e Flaviano Braga (foto di Roberto Bianchi)

Quinto ospite della rubrica è Andrea Parodi (cantautore nato a Cantù, con una passione per il viaggio e la canzone d’autore) che in vari e numerosi contesti ha tradotto spesso in italiano colleghi d’oltreoceano. Da quindici anni organizza a Figino Serenza (CO) un festival dedicato a Townes Van Zandt, l’occasione migliore per proporre i suoi adattamenti di canzoni del texano.
Ha due album a proprio nome, entrambi registrati in Canada, e numerose collaborazioni. Tra i musicisti che ha incontrato, Bocephus King: con lui si è misurato nelle traduzioni in inglese di cantautori italiani, come racconterà nell’intervista.

Carolina (Tecumseh Valley di Townes Van Zandt)

1) Cosa ti fa venire voglia di tradurre e ricantare una canzone? Come la scegli? Che genere di affinità c’è con l’autore?

La maggior parte delle volte c’è un forte legame con la canzone e con chi l’ha scritta. Ogni canzone ha la sua storia. Ma tutto nasce da emozioni e impulsi che sono simili a quelli che ti spingono a scrivere una canzone da zero. A volte c’è l’urgenza di raccontare qualcosa, a volte un’emozione o un’idea particolare ti danno l’impulso per scrivere una nuova canzone, altre volte ci sono episodi, dettagli in cui si sbatte contro e che aspettano solo di diventare canzoni. E poi ci sono canzoni che magari ascolti in macchina a ripetizione e cominci a sentirle tue, e senza che te ne accorgi pensieri e parole in italiano viaggiano sopra. Questo capita spesso, è il primo passaggio di solito. Ci sono state anche canzoni che ho tradotto su spunto di altri. Per esempio Racing in the Street di Bruce Springsteen: Ermanno Labianca mi chiese di partecipare al tributo per Springsteen e così decisi di preparare un duetto inglese/italiano con J.T. Van Zandt, il figlio di Townes. Stessa storia per Meet on the Ledge dei Fairport Convention su richiesta di Ernesto De Pascale. Una bella occasione per lavorare con la mia amica Eileen Rose.
Ogni traduzione, come ogni canzone, ha la sua storia. Il primo che ho deciso di tradurre è stato Townes Van Zandt, che è stato anche l’autore che ho tradotto più di frequente. La prima canzone è stata Tecumseh Valley che adoravo sia nella versione di Townes sia in quelle di Nancy Griiffith e soprattutto di Steve Earle. C’era quella frase nel testo in cui si parlava di Gipsy Sally che mi ispirava un legame con gli zingari nel bosco di Sally di De Andrè. Townes e De Andrè se ne erano andati da poco e così decisi di farli incontrare nella mia traduzione, trasportando la storia tra la Sardegna e Genova. In altri casi il rapporto con l’autore è ancora più diretto, come nel caso di Bocephus King di cui ho tradotto due canzoni nei miei primi due dischi. Qui è stato più facile perché potevo confrontarmi con lui su ogni dubbio o sfumatura. Ti voglio raccontare però di una traduzione in particolare e di come è nata. Stavo lavorando al mio secondo disco, “Soldati”, e c’erano due canzoni che volevo tradurre, The Partisan di Cohen e Gallo del Cielo di Tom Russell. In quei giorni ero in tour con un cantautore scozzese meraviglioso che si chiamava Jackie Leven. Durante un day off del tour andai a sentire Tom Russell a Cantù e gli raccontai che stavo traducendo Gallo del Cielo in italiano, ma Tom non sembrò per niente interessato a questa cosa e in generale mi trattò con molta sufficienza. Il giorno dopo ero di nuovo con Jackie e dopo un concerto al Renfe di Ferrara andammo a mangiare io e lui da soli, in una bella trattoria e dopo un paio di bicchieri di rosso avevo già voltato pagina e decisi di tradurre Jackie al posto di Tom.
Poi Gallo del Cielo l’ho tradotta molti anni dopo, insieme a Charlie Cinelli, e dall’inglese l’abbiamo addirittura portata al dialetto bresciano. Sono stato molto contento di tradurre Jackie Leven in quel momento.
Un’altra curiosa traduzione che risale a quel periodo è quella di Tania la Guerrigliera di Suni Paz. Una traduzione dallo spagnolo quindi. L’impulso in quel caso fu dato da una fotografia. Tania la Guerrigliera con quel basco calato sulla fronte, una sorta di Che Guevara al femminile e pensai che dovesse essere la copertina di “Soldati”. Pensai di scrivere una canzone su di lei dopo aver letto il suo ritratto in “Ribelli” di Cacucci, ma proprio mentre facevo delle ricerche sul personaggio scovai questa canzone cubana degli anni settanta di una certa Suni Paz, che dopo aver diviso il palco con Mercedes Sosa, Phil Ochs e Pete Seeger si era ritirata in California ad insegnare in una scuola. Erano i primi anni di internet, non esisteva ancora Facebook, ma con un po’ di fortuna riuscìi a trovarla e così lavorammo a distanza a un duetto bilingue italiano / spagnolo.
Solitamente traduco dall’inglese all’italiano e viceversa perché col mio amico Bocephus King ci siamo divertiti a tradurre in inglese i grandi cantautori italiani, da Guccini a De Andrè, da Luigi Tenco a Giacomo Leopardi, di cui abbiamo tradotto e musicato L’Infinito.

2) Come procedi quando ri-crei nella tua lingua una canzone straniera? Come affronti la metrica e le rime?

Nel tradurre dall’inglese all’italiano, che è la direzione sicuramente che ho maggiormente battuto, cerco quasi sempre di mantenere le rime. La metrica tende a essere meno fedele e cerco di privilegiare gli accenti e la musicalità del cantato. Sicuramente è importante trovare il giusto equilibrio e rendere tutto il più naturale possibile.

3) Come intendi la “fedeltà” all’originale? Fino a che punto ti poni il problema della fedeltà? Come lo affronti?

Come ho premesso, all’inizio ogni traduzione è una storia a sè, per
come nasce e per come si sviluppa. Alcune vengono talmente bene, ti si cuciono addosso come un vestito fatto su misura e ad un certo punto non ti ricordi nemmeno più che sono la traduzione di qualcosa. Sono canzoni che corrono con loro gambe, ma questo secondo me dovrebbe valere sempre per le canzoni, per quelle belle, per quelle vere. Non sono più tue, di chi le ha scritte, sono le canzoni che precedono la fama, gli obiettivi e l’affanno di chi le scrive. Le canzoni fanno grandi i cantautori e così di Dylan, Townes, De Andrè e De Gregori potrei nominarti una cinquantina di canzoni a testa, mentre di tanti cantautori moderni non arriverei a contarle su una mano. Tornando alla domanda comunque c’è molto rispetto verso la canzone scelta e non c’è nessuna intenzione di stravorgerla, piuttosto di adattarla anche nei luoghi e nella scelta delle parole e delle immagini.

Foto di Roberto Bianchi

4) Come affronti la parte musicale? Ti prendi lo stesso grado di libertà e di fedeltà all’originale che per la parte letteraria?

La linea è la stessa e anche la parte musicale rimane molto fedele all’originale, ma può venire incontro ad esigenze metriche perché il cantato in italiano è molto diverso rispetto all’inglese. Uno degli esempi a cui ho sempre fatto riferimento in questo affascinante percorso di traduzioni è Romance in Durango di Dylan tradotta in italiano da Bubola e De Andrè con quell’intuizione geniale di inserire il napoletano al posto dell’inciso in spagnolo. La canzone è piena di riferimenti a luoghi sul confine tra Messico e Stati Uniti, sia nelle parole sia nelle musiche, con fisarmonica, violino e mandolino elettrico. Niente di questo si perde nella traduzione italiana e, grazie anche alla familiarità della voce di Fabrizio, la canzone diventa un classico della canzone italiana.

5) È possibile tradurre in modo apprezzabile una canzone senza conoscere l’universo poetico del suo autore, il suo lavoro e la sua storia? In altre parole: è possibile tradurla considerandola un universo a sé?

Credo che la conoscenza e soprattutto il sentimento reale verso la canzone che si decide di tradurre aiuti molto. Esistono sicuramente anche altre strade e a volte il risultato può essere sorprendente, ma mi piace pensare che quando traduci una canzone alla base ci sia un atto d’amore verso chi l’ha scritta e che l’universo che ci gira intorno sia una parte fondamentale di questa. Quando mi innamoro di una canzone finisco col comprare l’intera discografia di chi l’ha scritta. Mi sta succedendo adesso ad esempio con Joaquin Sabina, cantautore spagnolo che è già comunque stato magistralmente tradotto da Sergio Secondiano Sacchi e Lu Colombo. Ma in questi giorni non smetto di ascoltarlo e non potrò evitare di tradurre una sua canzone, così come quello che potrei scrivere in futuro sarà sicuramente influenzato da lui, Townes, Dylan, De Andrè, De Gregori e da tutti quei cantautori che ho ascoltato in modo così viscerale. Conoscere quello che sta dietro le canzoni aiuta tantissimo. Erano anni che volevo tradurre Pancho & Lefty di Townes, il suo brano probabilmente più famoso. Poi ho cominciato ad andare a Austin, ogni anno. Spesso dormivamo a casa di J.T., il figlio di Townes e con lui si andava a pescare nella loro vecchia casa di campagna sul lago e su quel portico si prendeva la chitarra e si suonava, anche quella canzone. Un anno io e Max Larocca partimmo da Austin, direzione New Mexico, per andare a registrare un disco insieme a Massimo Bubola e Jono Manson sotto il nome di Barnetti Bros Band. Guidammo tutta la notte prima di arrivare ad El Paso e in quelle ore di viaggio traducemmo di getto Pancho & Lefty, insieme. Fu molto bello, fu come scrivere una canzone nostra e al tempo stesso omaggiare il nostro songwriter preferito e tutti quegli anni di viaggi, chilometri, nottate a suonare insieme. Ci sono traduzioni su cui si può stare ore ed ore anche per limare una sola parola, Pancho & Lefty uscì di getto on the road dal Texas al New Mexico.

Le traduzioni di Andrea Parodi

Dal cd “Le Piscine di Fecchio”:

Dal cd Soldati”:

  • Scavando la mia fossa (Digging my grave di Bocephus King)
  • Tania la Guerrigliera (duetto con Suni Paz, autrice di Tania la guerrillera)
  • Ragazzo Padre (Single Father di Jackie Leven)

Dal cd “Chupadero!” di Barnetti Bros. Band:

Da cd con vari autori:

  • Baby Blue (It’s all over now, Baby Blue di Bob Dylan, in duetto con Bocephus), cd “Silver lining”, Appaloosa Records (qui con David Immergluck dei Counting Crows)
  • Racing in the street (di Bruce Springsteen, in duetto con J.T. Van Zandt), cd “For You 2 (A tribute to Bruce Springsteen)”
  • Meet on the Ledge (di Richard Thompson, in duetto con Eileen Rose), cd tributo ai Fairport Convention

Come collaboratore e produttore:

  • Gal del ciel (Gallo del Cielo di Tom Russell), cd “Rio Mella” di Charlie Cinelli

Dal festival di Figino Serenza:

  • Aspettando di morire (Waiting around to die di Townes Van Zandt)
  • Torna domani (Come tomorrow di Townes Van Zandt)

Traduzioni “al contrario”:

con Bocephus King: Autogrill di Guccini, Pigro di Ivan Graziani; Mi sono innamorato di te e E se ti diranno di Luigi Tenco, Alice (De Gregori), Creuza de Ma (De Andrè), Marmellata (Bobo Rondelli).
E, sì, L’Infinito di Leopardi (suonata dal vivo nella cattedrale di Recanati per la RAI).
Con Eileen Rose: Signora bionda dei Ciliegi di Ivan Graziani.
Con Radoslav Lorkovic: Firenze di Ivan Graziani.
Con Barnetti Bros. più Tom Russell: Il Bandito e il campione di Luigi Grechi.

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Massimo Giuliani
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La cura e la musica sono i miei due punti di vista sul mondo. Sembrano due faccende diverse, ma è sempre questione di suonare insieme.