Alitalia: più pericolosi i francesi o gli italiani?
La vicenda Alitalia si è ulteriormente complicata: tra occasioni mancate (cordata italiana capeggiata da Air One come partner industriale e Banca Intesa come partner finanziario), offerte al ribasso (vedi prima offerta Air France Klm), ipotetiche cordate (leggi Berlusconi & i Co. sconosciuti) e intransigenze sindacali. Possibile che non si riesca a trovare una linea di pensiero condivisa? Gli errori sono stati diversi e commessi sia da politici che da parti sociali che dagli amministratori che negli ultimi 10–15 anni si sono alternati al governo della società.
La compagnia di bandiera non sta passando momenti facili. E non tanto per la voragine che ogni giorno distrugge la scarsa liquidità rimasta nelle casse della società (appena sufficiente per ulteriori due mesi), circostanza già di per se gravissima. Il vero problema risiede nel clima di tremenda incertezza che circonda, opprimendole, le sorti di Alitalia. Incertezza non necessaria, ma creata più o meno consapevolmente dalle menti eccelse della nostra classe dirigente che per l’ennesima volta non è riuscita a conciliare le diverse correnti che la compongono. La classe dirigente politica non è riuscita (non ci risulta ne sia mai stata capace, almeno negli ultimi 20 anni) di conciliare gli interessi del paese, della compagnia di bandiera e soprattutto delle migliaia di lavoratori Alitalia con i propri obiettivi di partito. Nessun governo è mai stato capace di risolvere la situazione in modo drastico e definitivo perchè politicamente scomodo e forse irrazionale. Ogni decisione di risanamento è stata sempre rimandata, i lavoratori in esubero non sono mai stati ricollocati, il personale della compagnia e di tutto il suo indotto non ha mai smesso di crescere. Eppure i conti disastrosi della compagnia erano ben noti a tutti. Nemmeno adesso che la compagnia cammina sul filo della bancarotta, i nostri politici sono riusciti a mettersi d’accordo, anzi. Ora che una società, Air France Klm, si è decisa a rilevare Alitalia, pur con condizioni economiche non favorevoli (d’altronde si parla dell’acquisto di una società in fallimento), spuntano le dichiarazioni “politiche” di una cordata di imprenditori italiani disposti a rilevare Alitalia. Chi sono questi imprenditori? Berlusconi assicura che se l’ha detto lui la cosa si fa! Benissimo, allora perchè non comunicare i componenti della cordata? Beh, all’inizio dovevano esserci i suoi figli e … non era dato sapere. Poi sono trapelati alcuni nomi illustri: Eni, Mediobanca, Gruppo Ligresti… smentiti in coro dai diretti interessati. Intanto si è messa a repentaglio la trattativa con Air France, le parti sociali hanno ripreso a combattere duramente contro l’invasore straniero e la “election share” di Berlusconi è salita.
Il titolo Alitalia sembra al luna park, gridando a squarcia gola sulla scia dei tunnel delle montagne russe che vanno in su e in giù. Il prezzo del titolo a Piazza affari è oscillato da €0,539 del 14 marzo a €0,2695 del 18 marzo (-50%) in concomitanza della pubblicazione dei dettagli sull’offerta di Air France Klm; a €0,64 del 27 marzo (+137%) dopo l’annuncio di Berlusconi e i suoi numerosi interventi; a €0,475 di oggi 28 marzo (-25,8%) dopo i dettagli sulla revisione dell’offerta di Air France Klm. Insomma, chi potrebbe non avere il ragionevole dubbio che, volutamente o non, vi sia stata una netta turbativa di mercato (oltre che del processo di negoziazione tra governo italiano e Air France Klm)? Nessuno sembra dare troppo risalto alla questione, anzi. Tutte le forze di destra sono compatte nel sostenere l’operato del futuro premier. Che grande lezione di legalità e lungimiranza!
Come dicevamo, i problemi di Alitalia hanno una origine molto antica. Ma non dissimile alle piaghe che gravano su diverse difficoltà del paese: l’intrusione della politica nella gestione attiva di ciò che dovrebbe essere risolto (efficientemente) dalla sfera privata. D’altronde, da soggetti razionali, i politici non fanno altro che massimizzare la propria funzione di utilità, cercando di spingere la popolarità del proprio partito e avere risultati positivi alle elezioni. Non sempre questo soddisfa le esigenze generali della collettività, che come nel caso Alitalia, ha bisogno di scelte nette seppure impopolari.