Storia: Rapimento nel 21 secolo

Capitolo 3: RedFox

Simone Paolucci
Rapimento nel 21 secolo
6 min readJun 24, 2014

--

Le sudice viuzze del sobborgo di Chicago puzzavano terribilmente quella notte, o forse era il puzzo della morte che mi attanagliava. Quella notte la fine era vicina e mi inseguiva con il volto di tre agenti della Majuya Tha, una fottutissima zaibatzu.

Mi fermai in uno stretto vicolo per riprendere fiato da un’affrettata fuga, qui le luci dei neon non mi raggiungevano e in un certo senso speravo che non mi vedessero. Ma era solo una bella copertina che ti spinge a comprare uno schifo di rivista. Quei tre bastardi se fossero passati di qui certamente mi avrebbero trovato. Sapevo che uno di loro aveva una fottuta cyberottica che gli avrebbe permesso di vedermi anche dietro un metro di cemento. Tirai un forte respiro, considerando il tempo che passava, ma sapevo che in quel mio stato ogni secondo era per me minuti.

Gli occhi mi caddero sulla mano che stringeva saldamente la valigia, il motivo della mia fuga e, speravo, anche quello che mi avrebbe portato alla ricchezza. Ero coperto di sudore, ma chi non lo era in questi merdosi vicoli di sobborghi strabordanti di gente. Chiusi gli occhi tendendo l’orecchio ai rumori, ma sentii solo delle lontane sirene di polizia, delle grida e un terribile silenzio rotto dall’abbassamento del calcio di una pistola.

Una pistola! Pensai che era la mia fine, mi avevano trovato!

Il cuore artificiale mi sembrava scoppiare, l’economica batteria che avevo acquistato si sarebbe surriscaldata, simulando un infarto, dannatamente reale! Sgranai gli occhi e vidi il muro di fronte a me, il muro era vuoto a parte la luce traballante tagliata diagonalmente dal muro alle mie spalle, sulla parete c’erano delle scritte che mi fecero trasalire.

<Chi sei?> sentii, a qualche metro da me, una voce blanda venire dalla mia destra, sentii l’odore di un sigaro aromatizzato alla menta, per la fretta sicuramente avevo sbagliato strada e per me fù un grave errore. <Come osi entrare nel territorio dei Redfox?> lentamente mi voltai <sai che fra poco ti farò un buco in testa e prenderò la tua valigetta da fricchettone?>. Ero entrato nel territorio dei Redfox e non me ne ero accorto.

I Redfox erano una terribile gang armata che avevano ottenuto molta fama negli scontri contro la polizia del 2023. Ora riuscii a vedere l’uomo che mi teneva sotto mira, un afro-americano con capelli tanto crespi da sembrare rovi, tirò una boccata e parlò ancora <scommetto sia piena di soldi che hai appena trafugato da qualche parte. Non è vero, bastardo?>. La sua calma me la faceva fare sotto, aveva il sigaro fra l’indice e il medio, vestiva come tutti i merdosi rapper e portava degli occhiali a specchio che rifletterono la mia misera faccia impallidita e imperlata dal sudore. <Chi cazzo sei allora? Dimmi chi cazzo sei, non mi piace ammazzare senza sapere il nome!>.

Io trovai quel minimo di coraggio <sono inseguito da tre sicari della Majuya Tha, saranno qui fra poco> lo avvertii.

<E che cazzo me ne fotte a me, pezzo di merda, sono problemi tuoi. Mi hai rotto le palle adesso ti ammazzo!> alzò contro di me il braccio che reggeva l’arma, con un gesto sfogliato.

<No!> gridai preso dal terrore e in quell’istante rapidamente mi ritrassi contro il muro. Sentii due colpi e un tonfo, ma io ero ancora in piedi e, soprattutto illeso.

Riaprendo gli occhi vidi il negro ridere e girandomi dall’altra parte uno dei sicari che mi inseguiva steso a terra, morto. Mi voltai di nuovo verso di lui sorpreso, e vidi che sorrideva, ma non a me, bensì ad una sua amica che era appena uscita da una porta di ferro nello spazio tra me e lui.

<Ehi, ti sei messo già a fare esercizi, Lenny?> lo salutò la ragazza appena uscita, era avvolta da uno straccetto di termoplastica bianca che gli copriva a malapena le parti intime.

<Certo Rowenna, sai che non mi piace oziare!>.

Pensai che da li a poco la fortuna mi avrebbe voltato le spalle, proprio ora che sembrava andare tutto bene. Rimasi immobile sperando che si dimenticassero di me e mi lasciassero andare, ma anche quello faceva parte del gioco e io lo sapevo bene. Come i gatti che giocano con i topi avrebbero aspettato che mi voltassi e iniziassi a scappare, ma non lo feci. Raccolsi quel briciolo di coraggio da due dollari che avevo e gli andai incontro. <Grazie per avermi salvato, il mio nome è Tony, Tony Castello> azzardai.

<Che vuoi da me?> mi disse arrabbiato.

<Solo ringraziarti>.

<Io me ne frego delle tue parole, voglio la valigia e non ti pregherò per averla> mi guardò con uno sguardo pungente.

<Fallo fuori Lenny così ci andiamo a bere sopra!> gli suggerì la sua amica.

<Se la vuoi tieni!> la misi a terra ad un passo da me <però ti devo avvertire di una cosa?>.

Vidi che rimase perplesso <non me ne frega un cazzo!>, cercò di sembrare sicuro.

Io rimasi a guardarlo, lui tirò una lunga boccata dal sigaro e mi soffiò il fumo addosso, feci una smorfia, odiavo l’odore di menta. Lenny guardò la sua amica che ora mi volgeva le spalle. Gettò il sigaro per metà consumato a terra, ci pestò sopra, reclinò il cane della pistola e si umettò le labbra per parlare. Attaccò con un odioso slang pieno di cadenze rap, se fossi stato in una condizione migliore giuro che avrei estratto la mia mitraglietta e l’avrei riempito di buchi. <Prima di ammazzarti dimme che minchia hai fatto alla Majuya Tha? Mi interessa> fece evasivo, ma sapevo quello che volevo.

<Gli ho rubato quella valigia e sono scappato> ripresi la mia sicurezza, pensai che ora non mi avrebbe più ammazzato.

Lenny sposto gli occhi di lato verso l’amica <Morwenna>.

Immediatamente ricaddi nello stato più deprimente che un uomo possa ridursi, lui non mi avrebbe ucciso, ma non ero molto sicuro sulle intenzioni della sua donna. Le donne quando vogliono possono essere davvero pericolose. Si voltò, mi venne vicino, io feci un passo indietro e lei mi rivolse un sorriso. Non avevo visto spesso quel tipo di trapianto, ma addosso a lei era pericolosamente affascinante. Aveva i canini simili a quelli di un vampiro, e con le voci che giravano nei quartieri bassi, sperai in cuor mio che si trattasse veramente di un trapianto. <Ehi, bel bamboccio! Dimmi cosa c’è nella valigia> vide la mia titubanza e mi mostrò la mano a pugno.

Non fù quello a spaventarmi, ma quando l’aprì di scatto e fece uscire gli artigli, credo di non aver avuto mai tanta paura. Aveva i capelli rossi e gli occhi neri. Deglutii <un’arma! Un’arma che vale un mucchio di soldi, ma non so di che genere>.

Rise con un ghigno, felice di avermi impressionato <ora vedremo di che si tratta>, si chinò sulla valigia con i suoi affilati artigli.

Io cacciai un urlo <no! Per l’amor del cielo non lo fare!>.

Lei si fermò <perché no?>. Rimasi un attimo meditabondo <è protetta da un codice, se non lo si sblocca salta in aria. Non si può ne forzare ne tanto meno rompere. Non a caso è roba della Majuya Tha, sono fottuti Giapponesi. Quelli sanno come ammazzare i traditori> una goccia di sudore mi calò dalla fronte.

<Non gli credere Morwenna, aprila!> gli intimò il negro alle sue spalle <è un trucco per guadagnare tempo>.

Mi scese un’altra goccia, Morwenna rimise gli occhi sulla valigia, pensosa, era veramente carina. Io provai di nuovo <non lo fare, ti prego sono ancora giovane. Se volete morire fatelo pure, ma lasciatemi andare. Prendetevi la valigia, prendetevi i miei soldi, la mia pistola, ma lasciatemi andare! Non voglio morire!> ero spaventato mentre posavo il portafoglio e una pistola a terra.

La ragazza mi guardò maliziosa <Lenny forse sta dicendo la verità!>.

<Se è vero che c’è un codice qual’è, su diccelo!> mi puntò di nuovo l’arma.

Deglutii ancora <non lo so, dovete credermi. Se lo avessi saputo l’avrei aperta e avrei sistemato quei tre agenti, sarebbe stato molto più facile>.

Rimasero per degli attimi silenziosi, e la ragazza fissò la serratura elettronica della valigia. <D’accordo ti crediamo, vieni dentro parleremo con più calma> mi disse Morwenna mostrandomi la porta. Lenny mi teneva sotto mira e nel frattempo aprì la porta e chiamò qualcuno con un gesto.

Uscì un energumeno <che c’è Lenny?> domandò sbattendo le palpebre.

<Porta dentro quel cadavere!> gli ordinò. Morwenna entrò ed io gli andai dietro.

Scritto il: 07/06/2005 (circa)
ispirati dalle storie scritte dal grande scrittore Gibson.

--

--