Migranti, accordo Ue-Turchia: partenza nel caos

Valigia Blu
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4 min readMar 21, 2016

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Migranti, accordo Ue-Turchia: partenza nel caos
«Siamo coscienti delle difficoltà e lavoriamo 24 ore al giorno, sette giorni su sette, per assicurare che venga fatto tutto quello che deve essere fatto perché questo accordo funzioni presto». Così il portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas ha commentato le difficoltà per rendere operativo l’accordo tra Ue e Turchia. «Se non ci sarà una riduzione dei flussi non saremo in grado di evacuare con successo le isole così che il piano possa iniziare ad essere messo in atto con successo», ha dichiarato il premier greco Alexis Tsipras.

A creare problemi, oltre ai continui arrivi in Grecia, la carenza di personale e gli emendamenti necessari alla legislazione greca per poter riconoscere la Turchia come paese terzo sicuro, dove poter rimpatriare i migranti. Rappresentanti della Commissione europea sono ad Atene per aiutare il governo a velocizzare tali pratiche legislative. Frontex, intanto, ha chiesto agli Stati membri di mettere a disposizione 1500 ufficiali di polizia e 50 esperti per riammissioni e ritorni. Secondo i piani della Commissione servirebbero in tutto quattromila persone tra interpreti, ufficiali per valutare le richieste d’asilo e personale che assista le operazioni di rimpatrio.

L’Unhcr ha smentito un suo coinvolgimento nelle operazioni di rimpatrio dei migranti. Il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks ha auspicato che Grecia e Turchia limitino il ricorso alla detenzione dei migranti solo a casi eccezionali: «Particolare attenzione deve essere posta a persone particolarmente vulnerabili, come i bambini, le donne incinte e le vittime di tratta e torture. È illusorio credere che la sofferenza dei migranti e la pressione sui paesi europei sarebbero scomparsi grazie a questo accordo. È solo una pezza per chiudere uno dei buchi nell’approccio altamente disfunzionale degli Stati europei alla migrazione. Altre misure più a lungo termine sono necessarie».

Shawkan, il giornalista egiziano in carcere da mille giorni in attesa del processo: “Mi chiedo: non è abbastanza?”
Mille giorni in carcere. Questo il tempo che è passato da quando Mahmoud Abu Zeid, conosciuto come Shawkan, è stato arrestato il 14 agosto 2013 in Egitto, dopo aver raccontato con le sue foto la violenza utilizzata dalle forze di sicurezza per sgombrare il sit-in di Rabaa al-Adawiya al Cairo. Il processo è stato fissato il prossimo 26 marzo. Dal carcere, riporta Amnesty International, Shawkan ha scritto una lettera in cui racconta l’estrema difficoltà che deve affrontare ogni giorno:

“Mi chiedo: non è abbastanza aver trascorso 1000 giorni in una detenzione ingiusta sulla base di false accuse? Mille e una notte? Perché impediscono ai miei anziani genitori di vedermi dopo aver fatto un viaggio di quasi un giorno e mezzo per portarmi cose di cui avevo bisogno? Perché 10 persone devono ispezionare per due ore una cella grande come una scatola di cerini?”

La prima poesia di Ashraf Fayadh, il poeta palestinese in carcere in Arabia Saudita
“A che serve essere vivi, mentre gli altri muoiono di dolore intorno a te?” Questi i versi pubblicati dal Guardian della prima poesia che il poeta palestinese Ashraf Fayadh, imprigionato in Arabia Saudita e condannato a morte (pena poi commutata in 8 anni di prigione e 800 frustate) per aver promosso l’ateismo con i suoi testi, ha scritto da quando è carcere. Il testo, nato per la perdita del padre morto di infarto –secondo i familiari causato per lo shock alla notizia della condanna a morte del figlio –, esplora il dolore e l’isolamento della sua prigionia nella città di Abha.

Riscaldamento globale, anidride carbonica senza precedenti da quando si sono estinti i dinosauri
Emissioni di anidride carbonica senza precedenti da quando si sono estinti i dinosauri. Secondo la “World Meteorological Organisation”, l’umanità sta immettendo nell’aria anidride carbonica a una velocità 10 volte maggiore che in qualsiasi momento della nostra storia negli ultimi 66 milioni di anni. Questi dati, scrive il Guardian, stanno portando il pianeta su “terreni sconosciuti”. Gli effetti del riscaldamento globale sulla vita di mari e terre non sono, per ora, prevedibili, anche se, presumibilmente, severi, di ampia portata e dagli impatti irreversibili. L’aumento delle temperature nei mesi di gennaio e febbraio ha allarmato gli studiosi.

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