Due reporter a terra all’hotel Corinthia di Tripoli durante un attacco terroristico nel gennaio del 2015 (Afp/Baz)

Giornalisti libici aggrediti dalle forze speciali italiane. La denuncia di Reporter senza frontiere

Valigia Blu
Rassegna Blu
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4 min readMar 11, 2016

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Giornalisti libici aggrediti dalle forze speciali italiane. La denuncia di Reporter senza frontiere
Violenza da parte di forze speciali italiane contro due giornalisti libici. È questa la denuncia che arriva da ‘Reporter senza frontiere’. Il fatto sarebbe accaduto mercoledì 9 marzo all’aeroporto di Mitiga di Tripoli, in Libia, dove Mohamad Ben Khalifa dell’Associated Press e Hani Amara della Reuters stavano coprendo il rimpatrio dei corpi dei due ostaggi italiani uccisi il 2 marzo scorso: «Amara è stata colpita con grande forza in faccia mentre Khalifa è stato ripetutamente insultato». Dal LCFP (Libyan Center for Freedom of Press) è arrivata una condanna per quanto accaduto ai due reporter e una richiesta al Ministero degli Esteri italiano di scusarsi per quanto successo, visto anche che, si legge su The Libya Observer, il fatto è accaduto davanti ai delegati italiani del ministero.

Regeni, lunedì i magistrati italiani in Egitto
Il procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco, titolari dell’inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore ucciso in Egitto più di un mese fa, partiranno lunedì mattina alla volta del Cairo. Lì avverrà l’incontro con il procuratore generale della Repubblica d’Egitto. Non è escluso, scrive il Sole 24 Ore, che a Pignatone e Colaiocco possano essere consegnati atti dell’attività di indagine svolta in Egitto, richiesti ma mai arrivati: come la completa documentazione su autopsia, celle telefoniche e verbali di interrogatori di importanti testimoni.

Consiglio d’Europa contro la Polonia: “La riforma della Consulta mette a rischio la democrazia”
La Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa, ha condannato la legge approvata dalla Polonia in cui si prevede che il governo — guidato dalla forza di destra Diritto e giustizia — possa modificare e «controllare» la Consulta, rendendola così meno autonoma. Nella nota ufficiale scritta dalla Commissione si legge che «rendere inefficace la Corte Costituzionale mette a rischio la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto in Polonia».

Sud Sudan, donne violentate e bambini bruciati vivi nella guerra civile. Onu: “Tra le più atroci violazioni dei diritti umani nel mondo”
Donne violentate come risarcimento dei combattenti, bambini e disabili bruciati vivi, soffocati nei container o fatti a pezzi. È quanto stato provato da un’indagine condotta dall’Onu durante il conflitto in Sud Sudan tra aprile e settembre del 2015. Secondo il rapporto pubblicato dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, le violenze coinvolgono direttamente il governo del paese, accusato di aver attuato una “politica della terra bruciata”. Per l’Onu, si tratta di una delle «più atroci violazioni dei diritti umani nel mondo». Secondo Rupert Colville, portavoce del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, quanto emerso è solo la punta dell’iceberg: giornalisti, attivisti della società civile, difensori dei diritti umani che hanno provato a raccontare cosa stava accadendo sono stati minacciati e, in alcuni casi, uccisi.

Giappone, 5 anni fa lo tsunami e il disastro nucleare di Fukushima. L’ex presidente Kan: “Energia nucleare poco sicura e troppo costosa”
L’11 marzo 2011 una scossa di terremoto di magnitudo 9 della scala Richter, con epicentro al largo della costa nord orientale del Giappone, provocò uno tsunami con onde alte fino a 40 metri.

Intere città furono inghiottite, quasi 15.900 persone — scrive Alessia Cerantola in un bel webdoc su Internazionale — sono morte, circa 2.500 scomparse. A Fukushima, le onde causarono il blocco del sistema di raffreddamento di tre reattori della centrale nucleare, la pressione dei gas d’idrogeno nei reattori 1, 2 e 3 e un incendio di barre di combustibile del reattore 4 provocarono l’uscita di materiale radioattivo. Ancora oggi molte aree sono rimaste chiuse in attesa di essere bonificate. Solo il 6% della popolazione locale, prosegue Cerantola, ha deciso di tornare.

via Internazionale

A 5 anni dal disastro, ricordando l’accaduto, l’allora Primo Ministro del Giappone Naoto Kan si è detto contrario all’idea di industrie giapponesi come Hitachi o Toshiba di costruire impianti nucleari in Gran Bretagna. «L’energia nucleare è poco sicura e troppo costosa», ha dichiarato l’ex primo ministro.

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