Benvenuto Partito delle Cinque Stelle
Usiamo le parole appropriate: si chiama Partito delle 5 stelle. Dal 4 marzo non è più un movimento.
Questo lo si può constatare per le trasformazioni che dal giorno delle fatidiche elezioni politiche ad oggi sono intercorse nei 5 stelle. Trasformazioni che andavano pari passo con determinate scelte politiche, fatte il più delle volte nel tentativo di inseguire il proprio alleato nei consensi, tentando di concorrere alla stessa fetta di elettorato utilizzando l’arma a doppio taglio del populismo.
Nel tentativo di tenere in piedi un castello di carte costantemente in bilico, sono giunti, forse quando era troppo tardi fare cadere tutto per ricominciare da capo, ad essere accondiscendenti nei confronti di modalità e pratiche che possono essere proprie solo del più vecchio partito nel panorama politico italiano: la Lega di Salvini. Da essere pungolo e forza propulsiva del cambiamento, ad essere la stampella dei giochi politici di chi ha compreso che i 5 stelle erano un ottimo collante tra gli elettori del nord e quelli del sud.
Il cambiamento è così tangibile che è Di Maio stesso a voler cambiare lo statuto (??) del Partito di cui è capo:
E simili affermazioni non potevano che arrivare all’indomani dei voti in Abruzzo e Sardegna che restituiscano i primi responsi sulla linea di Governo. In entrambi i casi lo schema è lo stesso: crescita considerevole della Lega, M5S a picco. Aver ottenuto poco meno del 10% in Sardegna è chiaramente un sintomo di crisi.
La crescita di Salvini e della Lega spacca gli equilibri di Governo, sino a costringere lo stesso leader del Carroccio ad una virata sui toni nei confronti di Di Maio, procedendo a caute concessioni, com’è stato per la TAV. Pare piuttosto evidente che Salvini cresca a scapito proprio dell’alleato pentastellato.
Il punto è questo: l’alleanza di governo non è proiettabile sui territori, dove spesso la Lega traina la coalizione con FI e FdI, mentre i 5 stelle viaggiano da soli. E mentre Salvini viene sempre più messo in luce, l’alleato Di Maio viene messo all’ombra.
In un momento in cui gli equilibri sono precari, più si consolida questa situazione, più sarà evidente l’interdipendenza tra le due forze: Di Maio avrà bisogno di Salvini, Salvini avrà bisogno di Di Maio. Almeno finché sarà obiettivo comune mantenere in piedi il Governo. Un circolo vizioso che apre uno spiraglio persino per il PD che soprattutto in Sardegna, con una coalizione composta da un civismo sociale e di sinistra (emblematica la partecipazione di una civica vicina a Pizzarotti), riesce ad ottenere un risultato ottimo seppur di sconfitta si sta parlando.
Dire che dall’oggi al domani il Partito delle 5 stelle possa scomparire è semplice fantapolitica. Di Maio ha compreso che è in corso una evoluzione o involuzione (a voi il verdetto) che va pilotata. Ad essa dobbiamo assistere con interesse. Se una parte delle forze tendono a chiudere le porte a quella e quell’altra componente, noi riteniamo difficile individuare nemici lì dove gli obiettivi sono gli stessi. Qualcosa accadrà nel partito delle 5 stelle. Qualcosa già sta accadendo, pezzi si staccano e non possono essere assorbite tutte dall’alleato di governo. Nuovi interlocutori si affacciano. Vedremo chi avrà la forza di ascoltare e dialogare.