FLAT TAX - IL VERO COSTO DEL POPULISMO

Daniele Amatulli
Rassegna Stanca
Published in
4 min readMar 20, 2019

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Negli ultimi giorni, si sta tornando prepotentemente a parlare della Flat Tax. Anzi, sarebbe meglio specificare che Salvini e Tria lo stanno facendo, dato che sono stati proprio loro ad inserirlo nell’ormai famoso Contratto di Governo che ha superato anche la Costituzione nel rango delle fonti del diritto italiano. Ma a differenza del Reddito di Cittadinanza, questa mossa potrebbe essere veramente lesiva, poichè non solo va contro il sistema fiscale vigente, ma rischia effettivamente di riportare lo Stato sul lastrico. In questo approfondimento non userò molti numeri o indici, ma molti ragionamenti logici che nell’economia moderna non vengono usati, data la tendenza a parlare con paroloni e indici un po’ troppo indigesti al popolo.

Partiamo con ordine: La finanziaria del 2019 ha generato non poche polemiche a causa soprattutto dell’inserimento del Reddito di Cittadinanza. Quest’ultimo per altro non assomiglia affatto a quello proposto nel programma elettorale del marzo 2018, influenzato dalle dinamiche compromissorie del contratto citato prima che ha portato la sfoltitura dei possibili richiedenti (dai 5 milioni previsti sono arrivate solo mezzo milione di domande per il reddito). Nonostante ciò, un effetto previsto lo hanno avuto comunque: la creazione di deficit nel bilancio. Provvedimento che sicuramente potrà far lievitare seppur di poco lo stato occupazionale, ma porterà altre variabili economiche ad andare a picco, come i titoli di stato, che con un debito pubblico elevato tendono a rimanere invenduti. Ma questa è un’altra storia, ritorniamo sul focus principale.

Ed ecco questa famosa Flat Tax. Prima tanto decantata da Forza Italia e poi cavallo di battaglia a livello economico della Lega. In soldoni, il nostro sistema fiscale passa da una struttura a scaglioni di reddito tassati ad aliquota progressiva e crescente, ad una struttura ad aliquota uguale e piatta per ogni livello di reddito. Ovvero, tutti i redditi verranno tassati in equal misura. Tutti contenti, si immagina. Assolutamente no, il Movimento 5 Stelle ha deciso di mettersi in mezzo alla questione, proponendo al Governo di iniziare applicando la Flat Tax solo ai redditi inferiori a 50.000 euro in misura di ISEE, cercando di dare la parvenza che lottino per le classi deboli (esattamente, parvenza è il termine esatto). Questa proposta ha scatenato le ire dei Leghisti e del Ministro dell’Interno, che si fa parte del Governo del Cambiamento, ma da buon politico di destra vuole il meglio anche per le classi più alte e ricche. Si prospetta un dibattito lungo e logorante, considerate le frizioni continue che fanno sembrare l’Esecutivo sempre più traballante. Tutto ciò fa partire anche due discorsi diversi sulla questione, uno economico e uno filosofico.

Sul versante economico, viviamo nell’incertezza. Il MEF stima il costo della manovra sui 60 miliardi, Salvini minimizza la cifra tra i 12 e i 15 miliardi. La quadra della situazione la si trova nello studio condotto da alcuni economisti fuori dall’area di governo, che raggiungono la cifra intermedia di 30 miliardi di euro. Mi rallegro del quantitativo finalmente stabilito, ma poi mi rendo conto della cifra e svengo sul PC. Da dove si prendono tutti questi soldi? Se abbassi le tasse sui redditi, qualcosa dovrai pure aumentare se non vuoi andare in default il giorno dopo. Quindi, aumenti le tasse sui consumi o abbassi i dazi per aumentare le esportazioni. L’Iva però non si tocca, anche perchè l’introduzione del reddito di cittadinanza è una riforma che dovrebbe alzare il livello dei consumi, se vai a tassarli di più, non fai il gioco delle famiglie in difficoltà, che non sono più incentivate a comprare. Sulle esportazioni, non parliamo nemmeno, dato che dobbiamo comprare i prodotti nazionali. Sinceramente, queste stupidaggini mi stanno portando a pensare che stampare carta moneta senza ritegno, ignorando tutte le leggi internazionali sulle basi monetaria sia la soluzione migliore.

Tuttavia, sotto il profilo costituzionale arriva il secondo problema, che molti nelle testate giornalistiche non trattano. Essendo l’Italia uno stato sociale, ovvero una forma in cui è l’istituzione ad eliminare le disparità di trattamento tra gli individui, come puoi pretendere di farlo? Inserisci un’aliquota unica per tutti i livelli di reddito, ma le classi più ricche pagheranno di meno. Stranamente, quella che una volta era considerata la classe medio-bassa non vede la reintroduzione di questa disparità, andando superficialmente a constatare che con minori tasse tutti pagano e tutti possono consumare di più. Qui si vedere il vero significato del populismo, la totale ignoranza rispetto alla condizione generale dello stato in confronto all’importanza del singolo, che con i paraocchi accetta la propaganda in cui si gettano degli ossi che come i cani raccolgono e tutti stanno buoni.

L’ultima parte invece la vorrei dedicare al concetto di “Cambiamento”, che viene visto in modo positivamente sbagliato. Infatti, una delle prime manovre economiche attuate dalla legislatura vigente è stato proprio un condono per gli evasori fiscali, in pieno stile berlusconiano. Una sorta di carta jolly da usare se l’evasione ha raggiunto un picco e bisogna riscuotere qualche soldo liquido, anche in minor misura all’aspettativa. Ma allora ci si pone la domanda: un vero cambiamento non si avrebbe riformando il sistema penale e condannando gli evasori a pene peggiori? Perchè a molti potrebbe dare fastidio che invece di reprimere l’evasione fiscale, si abbracci un sistema in cui si tende a recuperare piuttosto che a sequestrare. Forse una cosa non si è ancora capita: puoi mettere l’aliquota sui redditi anche all’1% ma non sconfiggerai mai il virus dell’evasione fiscale che colpisce gli italiani.

Grazie a Marco Rossignoli per il contributo!

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