GLOBAL STRIKE FOR FUTURE

Daniele Amatulli
Rassegna Stanca
Published in
2 min readMar 15, 2019

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Quando una sedicenne apre una discussione sul futuro della terra e fa quello che la politica non fa da anni: trascina gente in piazza a manifestare. Gente che viene da tutto il mondo.

Un messaggio tra gli altri ci ha colpito di Greta: quando prende la parola non chiede altro che di essere presa sul serio, al di là della sua età. La capiamo perfettamente. Ed è per questo che oltre ad empatizzare ci caliamo in analisi sincere e spesso critiche. Sul tema ambientale non c'è da discutere: la sua tenacia ha smosso le coscienza, ha portato alla nascita di un movimento generazionale che punta proprio su quel tema. Un qualcosa che si ricerca a da tempo. È stata capace di farlo una ragazzina, mentre la politica sostanzialmente sta a guardare. E questo è un dato di fatto.

Ma sulle parole usate, quelle contro la classe dirigente, contro politica e governanti, citando anche un articolo di Francesco Costa, Greta prende un abbaglio: quella stessa retorica ha portato, ad esempio proprio in Italia, al potere forze politiche non di certo vicine al tema ambientale, anzi.

Nell'analisi c'è un errore di fondo, che ritroviamo nelle parole di Greta come in tanti altri articoli con firme prestigiose: se prendiamo in considerazione il fenomeno ambientale nel suo complesso, nella sua dimensione globale, non si può di certo individuare una sola causa, un solo nemico. La classe dirigente ha le sue colpe, certo, ma anche le multinazionali, che sicché hanno potuto hanno fatto profitti alla faccia dell'ambiente;

"gran parte dell’inquinamento al livello globale è dato dalla produzione e dai consumi di massa, voluti dalle grandi aziende che ne traggono profitti che basterebbero a sfamare 3 o 4 pianeti interi. Chiunque volesse combattere i cambiamenti climatici dovrebbe puntare a una transizione ecologica che punti a rendere sostenibile ogni singola azienda." — Dario Corallo

la retorica suoi governati dei maggiori paesi industrializzati ha senso, ma ad essa va' collegata la scelleratezza dei paesi in via di sviluppo che al tema ambientale ci arrivano piano piano oppure ne sono del tutto estranei;

"è noto che negli ultimi vent’anni siano stati i paesi in via di sviluppo a fare resistenza davanti alla possibilità di introdurre norme comuni più severe e stringenti a salvaguardia del pianeta. La Cina, l’India, i paesi dell’Africa." — Francesco Costa su Il Post

infine, ma non per ultimo, la colpa dovrebbe ricadere su di noi: sul popolo.

Oggi in tutto il mondo la gente è in piazza per chiedere leggi più stringenti per quanto riguarda l’ambiente. Piena consapevolezza o onda di durata limitata? Saremo tutti pronti ad un passo tanto fondamentale quanto urgente?

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