IL PD VELTRONIANO È MORTO. EVVIVA IL PD!

#Approfondimento

Daniele Amatulli
Rassegna Stanca

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Oggi, un po’ per gioco, un po’ per nostalgia, l’ho rifatto. Ho aperto Youtube, ho digitato nella barra di ricerca “discorso veltroni lingotto 2007”, ho premuto invio. Mi sono apparsi una serie di risultati più o meno congrui con quanto da me cercato, poi, eccolo lì, sempre lì.

Parlo di un vecchio video, che ogni tanto rispolvero per capire un po’ quanto tempo è passato, cosa è cambiato, se siamo ancora su una direzione giusta.
Si tratta di una clip caricata il 5 ottobre del 2007, dal titolo “È Partito Democratico”. Niente hashtag, tag, intro, card. Qualità 360p. 6 likes, un dislike. Un commento: “grande, peccato.”, digitato sei anni fa (era il 2013 e avevamo appena “pareggiato” le politiche) e scritto da Vincenzo Emanuele, niente nickname, un selfie (che forse nel 2013 si chiamava ancora autoscatto) come immagine del profilo.

Il video, della durata di 7 minuti e 39 secondi, è un estratto dal primo discorso di Walter Veltroni al Lingotto di Torino. Era l’inizio della storia del Partito Democratico.

Poco più di sette minuti di narrazioni veltroniane, conditi da immagini epiche di Gandhi, Papa Wojtyla, JFK. Nel mentre le parole sognanti del primo segretario. Già il sogno. Quello di poter riunire liberaldemocratici e socialdemocratici sotto la stessa casa, una grande casa, che avrebbe potuto lottare e sconfiggere “la destra”.

Già la destra. Quella berlusconiana, liberale e liberista, non nazionalista, alleata della Lega (di Bossi, non di Salvini) e di Alleanza nazionale (di Fini, non di Meloni), la destra non ancora così (totalmente) xenofoba e neofascista. Quella che firmava il Regolamento di Dublino, che approvava la Bossi-Fini. Quella della “Padania libera” e che ancora non lasciava in mare 150 persone.

“Solo un grande partito può battere la destra”, era lo slogan che capeggiava su un manifesto nel circolo molfettese del Partito Democratico. Poi ci abbiamo ripensato e lo abbiamo rimosso. Qualche mese fa. Forse perché non ci crediamo più nemmeno noi, o forse perché, purtroppo o per fortuna, dal sogno veltroniano ci siamo svegliati.

Grazie ad Adriano Failli per il contributo!

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