RAGIONIAMO SUL DDL RUFA — RIAPERTURA DELLE CASE CHIUSE

Daniele Amatulli
Rassegna Stanca
Published in
3 min readMar 6, 2019

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Il dibattito sulla legalizzazione della prostituzione è spinoso e andrebbe studiato. Lo diciamo perché ci rendiamo conto che è facile ergersi a portatori di luoghi comuni; siamo chiamati, da cittadini attivi, a prendere una posizione chiara, senza mezzi termini, completamente conscia del contesto.

Si, perché il pericolo che avvertiamo è che questo disegno di legge Rufa sia più propenso a legalizzare i clienti che vanno a prostitute, piuttosto che tutelare mestiere e chi lo pratica. E non basta sollevare il tema della tutela sanitaria per togliere di mezzo ogni dubbio. Quindi non ci sentiamo di doverci esprimere se essere favorevoli o meno alla legalizzazione. A noi interessa in che termine questa legalizzazione può avvenire.

La ricerca sul tema è iniziata andando a spulciare le legislazioni in materia di prostituzione degli altri paesi europei, forse una delle prime notizie girate assieme alla proposta della Lega. A tal proposito due sono i dati importanti: altri paesi, in testa la Germania, da anni tentano di regolamentare al meglio il mestiere, spesso anche fallendo miseramente; ma soprattutto ci hanno attirato le condizione di paesi vicini, come la Grecia, le cui problematiche sono più affini al nostro paese:

In Grecia, la prostituzione è legale nei bordelli registrati. La prostituzione di strada è illegale, eppure le donne vendono abitualmente sesso negli angoli delle strade. Molte entrano nella professione per necessità economiche, altre sono vittime della tratta e costrette a prostituirsi.

E giungiamo dunque al secondo tassello da analizzare: lo sfruttamento, soprattutto in virtù delle cosiddette “vittime della tratta”, le donne cioè che più di tutte si prostituiscono per le nostre strade. Un mondo, quello della prostituzione in Italia, ampio, che conta “70 mila donne […] Duemila le minorenni, altrettante le ragazze ridotte in schiavitù”, come riportato dalla commissione Affari sociali della Camera. Difficile, dunque, fare di tutta l’erba un fascio.

Il grosso della prostituzione in strada è frutto dell'enorme tratta di donne dall'Est Europa, dall'Africa e dal Sud America. Schiave sessuali.

Se il Ddl Rufa passasse, queste donne si troverebbero dentro un ingranaggio che continuerebbe ugualmente a sfruttarle (perché non avrebbero certo, come non hanno ora, il coraggio di denunciare i loro aguzzini che le minacciano di ritorsioni contro le loro famiglie), con la differenza che lo Stato smetterebbe di combattere per loro, e anzi inizierebbe a far cassa sugli stupri che sarebbero costrette a subire.

Queste sono le dure parole riportare su CitizenGo che intanto lancia una petizione contro il dl Rufa. Parole forti che però ci sentiamo di dover analizzare. La visione, anche se sicuramente di parte, mette in mostra una sensibilità che si può avere solo se l’obiettivo è la tutela delle prostitute, non dei clienti. Queste parole ci restituiscono la visione di uno Stato che prima lo sfruttamento e la violenza la combatteva, ora la legalizza.

Il punto della tutela si gioca su questo, sulla reale intenzione di sdradicare pratiche illecite di sfruttamento, prima ancora che di legalizzare il mestiere. A tal proposito, intendiamo chiudere con le parole di Giulia Basi, scrittrice e femminista, che si interroga sui veri obiettivi:

Il vero obiettivo ? Dovrebbe impedire alla criminalità organizzata «di usare i bordelli come mezzo di riciclaggio del denaro sporco, riempiendoli di prigioniere e mettendole a disposizione di chiunque desideri farne uso, come oggetti». Ogni prostituta, diventata lavoratrice autonoma e non più schiava, spiega la scrittrice, «dovrebbe essere in grado di scegliersi i clienti, fare il suo prezzo e lavorare in sicurezza, senza timore di essere messa ai margini della società».

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