Dove non arriva lo Stato, ci pensa Zuckerberg

Pietro Ranieri
Ready Player One
Published in
5 min readSep 17, 2019

Il caso del ‘ban’ da Facebook e Instagram dei profili di CasaPound e Forza Nuova sta occupando il dibattito nazionale tra questioni di legalità, diritto alla libertà di espressione e politiche interne di un’azienda privata che ha deciso autonomamente di intervenire contro “chi dissemina odio”. Ma, secondo legge, non dovrebbe pensarci l’Autorità giudiziaria?

foto: Il Fatto Quotidiano

Analizziamo una cosa che dovrebbe essere imparziale e cristallina, cioè la legge. In Italia l’apologia di fascismo e le condotte in qualche modo riconducibili all’ideologia fascista sono reati previsti e sanzionati dalla Costituzione, dalla legge Scelba del 1952 e dalla Mancino del 1993, oltre che dalla Convenzione internazionale sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966 e recepita dall’ordinamento italiano con legge 13 ottobre 1975, n. 654.

Ebbene, in questi giorni il dibattito politico nazionale, imperniato sulla formazione del nuovo Governo fresco di fiducia alle Camere, è stato caratterizzato anche dalla scomparsa dai social dei profili facenti capo a CasaPound e Forza Nuova, nonché dell’intero ecosistema ad essi collegato. Il provvedimento è stato attivato proprio nel giorno in cui attivisti, dirigenti e leader dei due principali movimenti neofascisti italiani — lo dicono abbastanza chiaramente nel programma e se non bastasse anche i loro stessi vertici, non io (e con dichiarazioni anche più recenti) — avevano deciso di scendere in piazza per contestare il ‘Conte bis’.

“Qui non c’è spazio per l’odio”, la sintesi delle motivazioni espresse da Mark Zuckerberg. Apriti cielo. “Schifati da un attacco senza precedenti” e “uno sputo in faccia alla democrazia”, i commenti dei due leader di Casapound, Gianluca Iannone e Simone Di Stefano, mentre Roberto Fiore, vertice di Forza Nuova, ha parlato di “repressione del pensiero” — si, sono gli stessi che vogliono abrogare la Scelba e la Mancino, chissà come mai — Ma non è la prima volta che i due movimenti finiscono sotto la lente degli admin di Facebook: Anche lo scorso aprile, pochi giorni prima delle elezioni europee, la società decise di cancellare i profili di alcuni esponenti della tartaruga frecciata. Le motivazioni sono le stesse: “Le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Candidati e partiti politici, così come tutti gli individui e le organizzazioni devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia”. Interviene anche il segretario dem Nicola Zingaretti: “Quella di Facebook è una motivazione esemplare a sostegno di una scelta giusta e coraggiosa. Dobbiamo condividere e diffondere queste parole importanti per mettere fine alla stagione dell’odio. Ci sono persone che se vincessero negherebbero ad altre persone il diritto di esistere. Non bisogna mai dimenticarlo”.

Per lavoro, ho contattato Agostino Di Giacomo, vertice di CasaPound in Molise, dove banhammer è caduto implacabile come altrove. Secondo Di Giacomo il provvedimento “è un modo per reprimere ulteriormente, qualora non fosse chiaro, le persone che portano avanti una politica che non si rivede in questo nuovo Governo e nelle politiche portate avanti negli ultimi anni da governi ultraliberisti. È una limitazione dell’espressione, la nostra libertà che viene violata: e domani potrebbe essere quella di qualcun altro. È chiaro che, se fosse successo ad altri, non ci saremmo ugualmente allineati a questo modus operandi. Anche se si tratta di una decisione presa da un’azienda estera, non dallo Stato, crediamo comunque che sia sbagliato: perché oggi ci siamo capitati noi, ma poteva succedere a chiunque. Noi pensiamo che le opinioni debbano poter circolare liberamente, soprattutto sui social, che sono stati per anni uno spazio dove ognuno poteva confrontarsi alla pari con gli altri senza subire le censure che anni addietro venivano applicate in altri ambiti”. Avrei dovuto chiedere cosa ne pensasse del fatto che il loro movimento si ispira a regimi che hanno avuto tra le proprie pratiche proprio la repressione della libertà d’espressione, ma ho glissato, perché poi ho sentito anche Giustino D’Uva, già candidato con Fn alle elezioni europee di maggio, che pure ha visto sparire i suoi profili personali e politici. Il quale mi ha spiegato che siccome “Facebook ed Instagram sono delle piattaforme private, che svolgono un importante ruolo mediatico, è evidente che debbano sottostare alle leggi statali sulla libertà di espressione e sulla libera manifestazione del pensiero (anche se quando ti registri a un qualsiasi sito ne accetti i Termini di utilizzo, dove si parla chiaramente di quello che succederà al tuo profilo se sgarri? NdR); pertanto, non essendo Forza Nuova mai stata legalmente censurata ed essendo sempre stata regolarmente ammessa alle elezioni (e allora perché abolire la Scelba e la Mancino? Hmmm chissà, NdR), non è ammissibile che un privato si sostituisca all’esercizio eventuale del potere giurisdizionale. Tanto più è inaccettabile la decisione della multinazionale poiché, per giustificare la censura, ha addotto la presunta commissione di atti di istigazione all’odio ed alla violenza; ebbene, per quanto neanche chi scrive sia particolarmente affezionato alla totale libertà di espressione (COME SCUSA?! NdR), è lapalissiano che, in assenza di un provvedimento di un magistrato che sanzioni la commissione di certi reati, nessuno, tantomeno una multinazionale privata, possa sostituirsi alla giustizia e sentenziare apoditticamente la messa al bando di un partito e di migliaia di persone”. E ci crede così tanto che, dice, faranno causa al gruppo di Zuckerberg facendosi rappresentare da Carlo Taormina. Esatto, proprio lui.

Ma questa legge Scelba che tanto crea problemi a Fn, che prevede? Questo, tra le altre cose: “Anche prima dell’inizio dell’azione penale, l’autorità giudiziaria (tenetelo a mente questo, NdR) può disporre il sequestro dei giornali, delle pubblicazioni o degli stampati (quindi, nell’ordinamento attuale, anche delle pagine social, NdR) nell’ipotesi del delitto preveduto dall’art.4 della presente legge. Nel caso previsto dal precedente comma, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro dei giornali e delle altre pubblicazioni periodiche può essere eseguito dagli ufficiali di polizia giudiziaria, che debbono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore successive, farne denuncia all’autorità giudiziaria”.

Il punto è che qui l’Ag non è intervenuta affatto (e su questo, possiamo discutere a lungo): è stata l’azienda Facebook a ritenere autonomamente che i contenuti proposti dalle pagine bannate fossero contrari ai propri termini di utilizzo. E l’ha fatto in maniera del tutto legittima, perché forse lorsignori dimenticano che, come dicevo anche sopra, registrarsi a un sito vuol dire accettarne i termini e le condizioni di utilizzo che nel caso di Facebook sono anche abbastanza chiari, come anche gli Standard della community, che non fanno altro che ribadire il concetto semplice per il quale “Qui non c’è spazio per l’odio, per i criminali, per le fake news e per i sobillatori.”. Qualsiasi persona con la quinta elementare saprebbe leggerli e capirli. Come vengono applicati questi standard è tutta un’altra questione, ma la domanda che mi pongo io è: ci prendiamo la briga di leggere quello che firmiamo, o cediamo la nostra privacy liberamente senza nemmeno sforzarci di conoscere il terribile e meraviglioso strumento offerto dai social network?

Provate solo a pensare a quanti guai passa il M5S ogni volta che i militanti o i suoi rappresentanti postano qualche idiozia e poi provano a rimuovere tutto nascondendolo goffamente sotto il tappeto. Non ci riescono mai. Salta sempre fuori il Puente di turno che li sbugiarda. E voi credete veramente che Facebook, in sede di eventuale dibattimento, non renderà disponibile ogni singolo post di Di Giacomo, D’Uva, Fiore, Di Stefano e tutta l’allegra compagnia — roba tipo questa, per capirci — per farvi le pulci fino all’ultimo?

Ma forse è meglio così. Bisogna pure imparare, prima o poi, che internet non dimentica mai nulla.

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Pietro Ranieri
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Lawful Good doesn’t necessarly mean Lawful Nice. I write for The Shelter Network