Hand of Fate 2 crede fortissimo nel Cuore delle Carte

Pietro Ranieri
Ready Player One
Published in
5 min readNov 28, 2017

C’era una volta il librogame: un’esperienza fantastica che, di recente, è stata meravigliosamente esplorata e ricostruita per le piattaforme elettroniche in titoli come Sorcery! e 80 Days.Un genere unico, con quel particolare mix di narrativa e interattività, inseguito e desiderato da alcuni sviluppatori più ambiziosi, magari legati a un certo modo di raccontare storie. Perché alla fine di questo si tratta: un modo diverso di narrare, di coinvolgere il giocatore attraverso sistemi innovativi , ma che in realtà non hanno inventato nulla di particolare.

Ed è qui che i ragazzi di Defiant, software house indipendente, hanno deciso di mettere qualcosa di proprio. Mischiando un normalissimo gioco di ruolo action alla narrativa a scelte tipica dei librigame, sono riusciti a ricreare una sorta di tabletop RPG atipico, che alterna sessioni di pura narrativa a mini-livelli in cui bisogna mulinare spada e scudo in prima persona. La curiosa atmosfera fantasy è dettata dal Mazziere, il narratore-guida (per certi versi anche antagonista ) che con una componente di “fortuna” e di rischio (data da un mazzo di carte e occasionalmente dai dadi) guida i nostri passi. Da qui l’azzeccato titolo del primo capitolo: Hand of Fate, perché alla fine di questo si tratta. Le molteplici componenti del gioco finivano tutte per convergere e scontrarsi con l’insuperabile Fattore S degli 883, diventando parecchio ripetitivo e trasformandosi in un’esperienza frustrante da portare a termine.

Ciononostante, Hand of Fate conta su uno zoccolo duro di appassionati che hanno spinto la software house a riprovarci con questo Hand of Fate 2 da poco uscito su Steam (lo trovate a 27,99€). Il gioco ripropone lo stesso particolarissimo mix, ma dimostra la volontà del team di sviluppo di ascoltare i desideri del proprio fandom e di tentare un approccio conciliatorio e migliorativo, che si avvicini ai giocatori senza snaturare l’essenza del lavoro che i dev si erano prefissati. E, sorprendentemente, Defiant riesce abbastanza bene in questo non semplice compito. Quello che colpisce fin da subito è l’atmosfera: il gioco ci cala immediatamente in questa sorta di realtà sospesa dove siamo davanti al misterioso Mazziere, il quale ci dispiegherà la nostra esistenza attraverso un semplice mazzo di carte.

Il Gioco del Fato è ineluttabile ma imperscrutabile: le ventidue missioni in cui è diviso il gioco si differenziano ciascuna per le proprie carte peculiari. Grazie a ciò, la componente narrativa risulta molto più variegata, e questo si nota con piacere già dalla diversa profondità delle carte narrazione, o dal maggiore impatto sul gameplay che hanno le carte speciali — in grado di ribaltare le sorti di un livello particolarmente ostico, sia in positivo che in negativo. Inoltre, non solo le singole carte risultano più strutturate rispetto al passato, ma ci troviamo davanti a vere e proprie Chain Quest: alcune carte hanno dei gettoni, sbloccabili con specifici requisiti, che sbloccano a loro volta nuove carte speciali direttamente collegate alle precedenti in perfetta consecutio. Per ovviare all’eccessiva ripetitività, le carte hanno anche diverse varianti: roba da poco, le ricompense saranno sempre le stesse, ma di certo non ci si annoierà troppo.

Anche il sistema di combattimento è stato rivisto e aggiornato. A seconda delle carte equipaggiamento che troveremo nel corso dell’avventura, dovremo modificare il nostro approccio alle sfide a seconda dei nemici che il gioco ci metterà di fronte. Ad esempio, gli Uomini del Nord sono più vulnerabili alle armi a una mano, quindi non converrà equipaggiare asce da guerra pesanti. Troviamo un’ulteriore aggiunta rispetto al passato, ovvero i Seguaci: carte speciali che non solo ci serviranno per avere accesso a determinati set di carte narrative con i relativi premi altrimenti inaccessibili, ma che ci verranno anche in soccorso durante la battaglia. Per esempio, il mago ci proteggerà con uno scudo e attaccherà i nemici da lontano, mentre il berserker aumenterà i nostri danni. A questo si aggiungono le nostre abilità, che principalmente saranno gestite in fase di equipaggiamento. Ogni arma e strumento ha poteri peculiari che potremo scatenare in combattimento e che possono davvero sovvertire le sorti della battaglia; tutte componenti interessanti che mostrano davvero il grande lavoro fatto dagli sviluppatori soprattutto per rimanere fedeli a se stessi e al proprio progetto.

Ovviamente però non è tutto rose e fiori. Un nuovo giocatore potrebbe non notarlo, ma questo Hand of Fate 2 è semplicemente un remake del suo predecessore migliorato sotto ogni punto di vista. Non c’è nulla di veramente nuovo, ma vista l’idea innovativa dietro questo concept era anche legittimo attendersi un ulteriore passo in avanti, un osare ancora che però non è arrivato. Dal punto di vista tecnico, quello che pesa più di tutto è il sistema di combattimento, che pur essendo variegato sotto diversi aspetti pecca ancora per una certa incompletezza: input che falliscono, parate e affondi inesistenti, e un’intelligenza artificiale abbastanza prevedibile non rendono gli incontri action particolarmente memorabili — ed essendo l’unica sezione davvero concitata del gioco, quella che spezza un po’ la monotonia, spiace che non si sia costruito qualcosa di tecnicamente più affidabile.

In sostanza Hand of Fate 2 è un prodotto particolare che piacerà agli appassionati di GDR da tavolo, a chi ama i librigame e la narrazione rispetto all’azione. Tutti gli altri potrebbero trovarlo lento e poco appetibile. Io, personalmente, mi colloco nel mezzo: l’esperienza è divertente, ma un ibrido così particolare a volte rischia di cadere sotto il peso delle sue stesse ambizioni.

Il Mazziere ha dispiegato il mio Fato grazie a un codice fornito dagli sviluppatori.

7,5

Originally published at https://theshelter.online on November 28, 2017.

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Pietro Ranieri
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Lawful Good doesn’t necessarly mean Lawful Nice. I write for The Shelter Network