Shazam, perché a volte basta la parola

Pietro Ranieri
Ready Player One
Published in
3 min readMay 2, 2019
immagine: Warner Bros.

Per anni noi fan DC Comics ci siamo dovuti sorbire le lamentele di praticamente chiunque — soprattutto i ‘critici cinematografici’ — sulla presunta eccessiva serietà dei film tratti dalle storie di Superman, Batman e compagnia cantante. Ad un certo punto, però, qualcosa è cambiato. Glissiamo dolorosamente sull’occasione mancata rappresentata da Justice League, e andiamo direttamente a quello che è, a tutti gli effetti, il nuovo corso. Aquaman a inizio anno ha dimostrato che si può creare un film con un eroe DC Comics perfettamente calato nell’universo narrativo di Batman v Superman, senza rinnegarne i punti chiave ma abbracciando un modo nuovo di raccontare gli stessi temi.

Personalmente, sono un grande sostenitore della vecchia massima secondo la quale i personaggi DC sono dèi che tentano di mescolarsi agli uomini, mentre quelli Marvel uomini che tentano di mescolarsi agli dèi. Con le dovute eccezioni (Batman da una parte, Thor dall’altra, per esempio), l’epica supereroica delle due case rispetta quasi sempre questo assioma. Shazam parte così dalle stesse premesse de L’Uomo d’Acciaio, ma abbraccia le lezioni di BvS, Wonder Woman e soprattutto del già citato sovrano di Atlantide. I “super” sono eroi epici moderni: affondano a piene mani in quei topos narrativi e, per funzionare davvero, li mescolano con quel sense of wonder che solo le grandi storie sanno dare. Shazam prende dalla mitologia in senso davvero letterale, ampliando questa rilettura moderna della classicità con il tema della magia e dell’occulto dentro l’immaginario supereroico. La storia si ispira alla run fumettistica di Geoff Johns e Gary Frank che rinarra le origini del personaggio nell’universo New 52, dalla quale si discosta per pochissimi dettagli.

Un po’ Big (o meglio, Da Grande con Pozzetto — citazione per intenditori), un po’ Goonies, molto film con supertizi che si menano, Shazam sembra uscito direttamente dagli anni ’80 e non fa proprio nulla per dimostrare il contrario, anzi. La gang di ragazzini, il natale, i bulli, la quest, il mondo dei grandi per molti versi demonizzato, l’eroe bambino: i punti chiavi del genere ci sono tutti, solo con i superpoteri. Tutto però ruota attorno al grande tema della famiglia, disfunzionale, certo, ma non per questo meno vera. Shazam è in grado di regalare dei momenti davvero toccanti, oltre che delle punte di genuina comicità, anche e soprattutto grazie all’ottimo Zachary Levi e alla chimica nata con i co-protagonisti Asher Angel e Jack Dylan Grazer. Molto bene anche il dottor Sivana di Mark Strong, sempre una garanzia nel ruolo del villan — il suo Sinestro è una delle poche cose che si salva dal pessimo Lanterna Verde del 2011 — anche quando lo script non è proprio il massimo della profondità.

Il film scorre piacevole nonostante le due ore piene, forse un metraggio un po’ troppo lungo, e gli effetti speciali decisamente cheap. Il che, dato il budget del film, è comprensibile: alla fine i difetti tecnici vengono compensati dall’enorme cuore dentro questo film, che ha il grande pregio di saper intrattenere senza essere stucchevole pur toccando temi parecchio ‘facili’. “Basta la parola”, si legge nei claim pubblicitari: e per un po’ ci credi quasi, che per salvare il mondo bastino un cuore puro e l’aiuto di un mago.

7

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Pietro Ranieri
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