Quasi Amici

Cosa l’entertainment insegna al marketing, e viceversa

Stefano Panini
Redshirts
11 min readMay 4, 2021

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È passato quasi 1 anno dal mio ultimo articolo su Medium e le circostanze mi hanno portato ancora qui per parlare di Aspettativa Liquida. Il secondo episodio della serie non può cominciare senza prima un riassunto delle puntate precedenti → Nell’epoca della competizione convergente ogni brand, prodotto o servizio compete nel dare forma alle aspettative che le persone hanno nei confronti delle loro prossime esperienze, a prescindere dal mercato di riferimento. Concentrarsi (solo) sui competitor diretti non paga più: la chiave è costruire un benchmarking esperienziale che metta al centro le persone, per davvero.

Come dicevo, quello che è accaduto in questo ultimo mese mi ha fatto riflettere sul più importante prodotto del XXI secolo: l’intrattenimento. Parlerò di Netflix, LOL e il fenomeno Super League, tutti esempi in cui l’esperienza liquida ha preso una forma piuttosto solida.

1 — Play Something

Qualche giorno fa Netflix ha ufficialmente lanciato una nuova feature che suggerisce contenuti random tra quelli che ancora non hai guardato. Alcuni ipotizzano l’avvicinarsi di un futuro in cui Netflix si trasformerà in un canale televisivo con un vero palinsesto (“stasera alle nove c’è la terza puntata della nuova stagione di Narcos”). Ipotesi bizzarra, ma non troppo visto che qualche test in Francia già lo sta facendo.

Play Something NETFLIX

Non può essere però, questo, soltanto un ritorno nostalgico alla cara e vecchia televisione. A mio avviso si tratta più della continua guerra per accaparrarsi il nostro tempo che Netflix ora non condivide solo con il sonno (ricorderete la celebre frase di Reed Hastings) ma con tutte le piattaforme social e le nuove modalità di contenuti instant che queste ci offrono. Ed è qui che entra in gioco l’Aspettativa Liquida.

NETFLIX VS TIKTOK

Play Something è un progetto che tra gli uffici di Netflix veniva da tempo informalmente chiamato “Instant Joy”. Quando ancora era in fase di sperimentazione Glen Davis, designer di Netflix, disse: “abbiamo fatto molte ricerche sulla psicologia dietro a teorie come la fatica da decisione e provato a pensare alle possibili applicazioni per Netflix”. Sempre Davis ha parlato di armonia e contrapposizione tra “la virtù della scelta e il fardello della scelta”. Pensateci: sui social scegliamo o siamo scelti? Siamo passati in pochi anni dall’essere padroni dei contenuti che decidiamo di guardare, a schiavi di un palinsesto costruito ad hoc da un algoritmo. L’auto-scroll di Facebook Watch un video dopo l’altro non è tanto diverso dal funnel di contenuti in cui ci immergiamo aprendo TikTok. È sicuramente vero che alcuni di noi sono più consum-autori di altri, ma i consumatori (passivi) di contenuti saranno sempre la stragrande maggioranza.

Il paradosso della scelta è che di fronte al muro delle 450 capsule Nespresso andiamo tutti in crisi perché in fondo volevamo solo un caffè, what else?

Play Something è solo l’ultima innovazione di Netflix che, un mese prima, aveva introdotto Fast Laughs: la nuova funzione attiva solo in app (non ancora arrivata in Italia) che propone ogni giorno 100 brevi clip divertenti da guardare sulla piattaforma. I video vengono riprodotti verticalmente in successione su un vero e proprio feed dedicato che tanto ricorda l’immersività di TikTok. Sì, ancora lui.

2 — Play Laughing

A proposito di risate: avete visto LOL? Il futuro dell’intrattenimento — così è stato etichettato il format che è esploso qualche settimana fa — non si è inventato niente. LOL non ha anticipato nulla, semmai ha preso in prestito da Youtube anni e anni di challenge che hanno incollato al tablet dai Millennials in giù riadattandolo però in una logica del tutto nuova e che funziona alla grande.

Ma LOL è TV oppure Internet? Il format di Amazon Prime non è Televisione ma è come se lo fosse. L’hype creato sui social ha fatto sì che il pubblico si sintonizzasse più o meno nello stesso momento soprattutto perché era importante essere nel flusso, capire ad esempio i meme che hanno invaso il nostro feed. In questo senso LOL è anche Internet o, per meglio dire, LOL è Televisione che vive su Internet. Solo che non è il live tweeting durante la finale di X-Factor, è piuttosto incontro generazionale ed esperienziale. È l’esempio perfetto dell’Aspettativa Liquida al posto giusto e nel momento giusto.

Con LOL non c’è niente da ridere ma solo da imparare. La TV non deve per forza andare contro Internet e viceversa: nella società liquida è la cooperazione il metodo più efficiente per sopravvivere, non la competizione.

Cooperazione: la dominazione non violenta

La TV ha ucciso il cinema.
Il cinema ha ucciso il teatro.
Amazon ha ucciso i piccoli negozianti.

Quante volte avete frasi come queste? La realtà è molto più complessa di questa: è la natura dell’approccio cooperativo che ci fa cadere in inganno. Viviamo esperienze liquide dominate da cooperazione ma che non significa approccio buonista. Al contrario, mentre l’approccio competitivo può essere paragonato a colpire l’avversario frontalmente, l’approccio cooperativo è più simile a cambiare il campo da gioco. L’approccio competitivo punta a conseguire risultati che hanno senso di esistere all’interno dei limiti del mercato di riferimento (l’azienda con il fatturato più alto, il leader di settore…). L’approccio cooperativo punta a risultati che hanno senso di esistere anche al di fuori dei limiti di quel mercato (l’azienda che “cambia il mondo” perché concentrata sull’esperienza che genera, sul modo in cui le persone vivono l’ecosistema, che non è necessariamente il mercato). E questo perché nel business cooperativo ciò che fa la differenza è puntare a un cambiamento “dirompente”.

Questa definizione si adatta non soltanto al campo di applicazione di quella specifica innovazione, ma dirompe verso altri campi. Nessuna nuova tecnologia quindi uccide un mercato. Fu Clayton Christensen, nel 1997, a introdurre il termine di disruptive technology, sostenendo che le tecnologie più innovative prima creano nuovi mercati e, solo in conseguenza di ciò, disgregano quelli esistenti. Per fare un esempio: Thomas Edison, inventore della lampadina, non aveva come obiettivo quello di sconfiggere venditori di candele, anche se con la tecnologia ha distrutto il mercato delle cererie e dato vita ad un nuovo mercato (energia elettrica) e a mercati paralleli (elettricisti). Una visione competitiva è troppo limitata nel tempo per risultare dirompente. Troppo egoriferita e insoddisfacente per dominare il business dell’esperienza.

L’approccio cooperativo invece si fonda sull’utilizzare gli altri come risorsa e sul divenire risorsa per gli altri. Così vincono tutti. Per questo LOL è l’esempio perfetto di intrattenimento che si fa liquido: prendendo dalla TV buona parte dei protagonisti del programma e assorbendo la brevità e la sintesi delle micro-produzioni che vivono liberamente (e a costo zero) su Youtube, ma soprattutto costruendo una narrazione che è prima di tutto memeficazione. La sinergia perfetta tra Internet e TV sublimata dall’artista-presentatore più liquido di tutti perché capace di essere cittadino di questi due mondi, nello stesso tempo: Federico Lucia, in arte Fedez.

3— Play Football

Ed eccoci arrivati al Calcio, la cosa più importante tra le cose meno importanti, Arrigo Sacchi docet. A dire il vero è seguendo il caso Super Lega che mi è nata la voglia di scrivere le righe che avete appena letto. Prima di cominciare però un breve spoiler di quello che non leggerete nelle prossime righe. E cioè un’analisi approfondita del caso dal punto di vista economico e sportivo, né tantomeno del sistema calcio come business, prima ancora che come sport. È proprio questo dualismo infatti che, a mio avviso, ha messo i bastoni tra le ruote al progetto tramontato in sole 48 ore. È stato a tutti gli effetti un atto terroristico allo sport, perché un conto è chiedere che si trattino i problemi del calcio contemporaneo — dal Covid all’applicazione del Financial Fair Play — un altro lasciare che se ne occupino 12 proprietari privati.

Eppure sono sicuro che il progetto tornerà alla luce — sicuramente con forme diverse — perché il punto di partenza è sensato, almeno sulla carta. E guarda caso l’Aspettativa Liquida ci ha messo ancora lo zampino. In un’intervista Andrea Agnelli ha dichiarato che una delle minacce alla popolarità del calcio è la riduzione della capacità di attenzione dei giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni:

“I più giovani vogliono grandi eventi e non sono legati a elementi di campanilismo. La mia generazione lo era molto di più. Il 40% dei ragazzi tra i 15–24 anni non ha interesse per il calcio. Serve una competizione capace di opporsi a ciò che producono sulle piattaforme digitali, trasformando il virtuale in reale. Attraverso FIFA crei la tua competizione, quella competizione deve essere riportata nel mondo reale. A questo aggiungiamo pure gli effetti della concorrenza dei vari Fortnite, Call of Duty e altri, autentici catalizzatori dell’attenzione dei ragazzi di oggi destinati a ad essere gli spender di domani”.

Aspettativa Liquida e Calcio Fortnite Serie A

Non è la prima volta in cui vediamo il mondo dello sport cercare una sponda in quello del gaming, come quando a fine 2018 l’allora responsabile della Scuderia Ferrari dichiarò di vedere «nella PlayStation» un competitor forte per la Formula 1 e di sentirsi minacciato dalle nuove forme di intrattenimento. Concetto simile a quello espresso recentemente da Peter Moore, ex capo di Xbox e CEO del Liverpool, che aveva rivelato come sarebbe stato Fortnite a minare e cambiare profondamente le dinamiche che regolano lo sport in quanto spettacolo:

“Novanta minuti sono un lungo periodo per un millennial maschio che si deve sedere su una panchina”

— Peter Moore

Quindi il Calcio ha paura di Fortnite? O forse di Twitch visto che, dalla piattaforma di live streaming più usata ne ha scimmiottato persino il viola e il mood grafico ben visibile nel sito ufficiale. La SuperLeague ha fatto arrabbiare praticamente tutti quelli che a Fortnite non ci hanno mai giocato e che al sentire la parola “Twitch” al massimo ti rispondono con “Salute!”. Ironia a parte, la più grande lezione che il marketing ha imparato dal caso Super League è che la retention (di miliardi di fan in giro per il mondo) vale molto di più che l’acquisizione di nuove audience. La retention è più veloce, più facile e per certi versi anche più economica. L’operazione di Agnelli e Florentino Perez non è una strategia per acquisire nuove audience, piuttosto è tradire chiunque il calcio lo vive da prima di Fortnite.

“[You] can change your [partner], political parties or religions, but [you] cannot change [your] football team”

—Eduardo Galeano

Il calcio è di proprietà dei tifosi, non di 12 squadre. Eppure “se avessi chiesto ai miei clienti cosa avessero voluto, la loro risposta sarebbe stata: cavalli più veloci”. Su questa frase, attribuita a Ford, sedimentano tutti i pro e i contro del caso Super Lega. La bontà dell’operazione, come spesso accade, sta nel mezzo. Troppo facile schierarsi tra bianco nero, ha senso aprirsi al viola di Twitch e FIFA o al multicolor di Fortnite. Il punto è come.

Super League

Fortnite non è il competitor

L’assunto teorico è corretto. Il prodotto “Calcio” fatica ad attirare le attenzioni dei più giovani, oggi attratti più da un videogioco che non dallo sport, più dal consumo istantaneo che non da 90 minuti di catenaccio all’italiana. La Super Lega, per stessa ammissione dei presidenti che ne hanno siglato l’accordo, vede il contrapporsi di un nuovo modello di consumo: se i giovani vivranno la vita sempre più in uno schermo di 6 pollici più che dentro ad un rettangolo immaginario costruito da quattro magliette appoggiate a terra e un pallone, allora il Calcio ha seriamente un problema. Sono due modelli di engagement che differiscono al punto da sembrare l’uno rivale dell’altro, cosa che non per forza risulta essere così. Su questo Andrea Agnelli non sbaglia affatto: c’è un modello da ripensare per renderlo nuovamente appetibile. E tutto questo perché l’Aspettativa Liquida ci ha messo ancora un volta lo zampino.

Resta da capire se un’idea romantica di Calcio e un’idea imprenditoriale e speculativa dello stesso possano coesistere, senza che il Calcio debba trasformarsi in tutt’altro sport. O peggio, dribblare lo sport. Le proposte sul piatto sono molte: partite più brevi, tre tempi, Super Lega a circuito chiuso per moltiplicare le sfide di alto livello. Ma se lo scopo è quello della spettacolarizzazione (e aumentare proventi per ripianare i debiti di società ben poco virtuose), allora il rischio è di perdere di vista un elemento tanto sottile quanto tangibile nelle propensioni al consumo: la passione. Il Calcio è il Love Brand di miliardi di persone in tutto il mondo (non di miliardari). Sicuri che togliere il Love (o parte di esso) farà del Brand Calcio un business dal futuro roseo?

Il pubblico di Fortnite dura ben poco e ben poco può apportare alla piattaforma anche in termini di Lifetime Value, perché presto ci saranno nuovi modelli più eccitanti con engagement maggiore ad attirare la sua attenzione.

Fortnite Super League

Un modello in stile Fortnite non crea prospettive di lungo periodo, ma soltanto un grande exploit destinato a sradicare tutti coloro che hanno reso il calcio una passione da tramandare. Se c’è una cosa che ha reso il Calcio quello che è, questa cosa è l’adattabilità del modello nel tempo: la nascita del calcio di rigore ha cambiato lo spettacolo nell’area, l’introduzione del fuorigioco ha fatto nascere la tattica, i 5 cambi hanno permesso di affrontare la pandemia con il coinvolgimento maggiore di tutta la rosa. Il calcio non è dunque impermeabile al cambiamento, tutt’altro: le stesse regole cambiano continuamente per reinterpretare ritmi, velocità, sistemi di gioco. La Super League ha però provato a fare qualcosa che va oltre a tutto questo: ha provato ad imporre un gioco diverso, con regole diverse, con prospettive diverse.

Fortnite Super League

Imporre il modello Fortnite a chi adorava The Sims, non funziona. Imporre GTA a chi apprezza gli eSport, non funziona. Il problema evidenziato da Andrea Agnelli è reale, ma bisognerebbe rispondervi diversamente. Il contesto mutevole degli ultimi vent’anni ha tolto alle nuove generazioni quei piccoli piaceri su cui il calcio aveva costruito un’intera retorica, che ora non attecchisce più come un tempo. Questa resta la sfida da affrontare nei prossimi anni.

Una cosa però è spettacolarizzare uno sport (cosa che il calcio ha già dimostrato di saper fare pur con ampi margini di crescita), un’altra è trasformare lo sport in un format per Twitch, o per Netflix.

Key Takeaway: Coopetition > Competition

Il modello Ultimate Team di FIFA, Fortnite e Call of Duty non vanno visti come competitor da cui ripararsi: piuttosto come compagni di avventura potenziali presso cui cercare nuovi mercati e con i quali costruire i sogni delle nuove generazioni. Sono piattaforme e meccaniche grazie a cui il calcio dovrà essere capace di riscrivere la sua retorica, non cambiare le regole dello sport. Per il business del calcio sono bacini d’utenza verso cui il marketing può far presa con i giusti investimenti. Sono partner di grande potenziale, così come Twitch o mille altre dimensioni entro cui il calcio può farsi notare. È la cooperazione a guidare l’innovazione in una società così liquida.

Il sistema Calcio deve cambiare necessariamente consapevole di essere sì uno sport, ma anche un pezzo fondamentale nel puzzle dell’intrattenimento mondiale. Come tale, così come tutti gli attori che ne fanno parte, è necessario cercare continuamente sinergie per rispettare le aspettative delle persone che, quelle sì, mutano costantemente senza chiedere il permesso a nessuno. Sfruttare gli altri come risorsa ed esserlo a nostra volta, in un approccio sistemico ma non simbiotico, è l’essenza dell’approccio cooperativo nonché unica soluzione cui tendere. Netflix, Prime Video, Serie A, Fortnite, FIFA… la sfida per l’attenzione è appena iniziata.

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