Nous accusons la France, i suoi campioni del disordine repubblicano

Intervista di Diak e di Kaba, delegati dei Gilets Noirs, in seguito all’occupazione del Panthéon di Parigi il 12 luglio scorso. L’intervista originale è apparsa sul n.18 de “La Voix des Sans-Papiers”, bollettino delle lotte e dei movimenti dei/delle migranti. Ne proponiamo qui una traduzione.

La scelta dell’obbiettivo non è stata facile. Vi erano diversi posti dove avremmo potuto fare un’azione d’impatto; abbiamo finito per scegliere il Panthéon a sfregio e in ragione del suo carattere sacro. Da un lato, sapevamo che non bisognava commettere alcuna sciocchezza una volta all’interno: sarebbe stata un’offesa alla repubblica. Dall’altro lato, è proprio questo carattere sacralizzato che ci ha affascinato: i/le grandi uomini e donne che vi riposano hanno fatto della lotta contro l’ingiustizia e il razzismo, per la giustizia e i diritti dell’uomo, la ragione della loro vita. Noi vogliamo, per così dire, “risvegliare i morti”: mostrare loro a che punto la Francia di oggi è diversa dalla Francia che avevano sognato, fino a che punto la loro ragione di vita, per la quale avevano tanto lottato, vi si trova degradata.

È stato intorno alle 13 che siamo arrivati, in tre gruppi separati di circa 200 / 250 persone ciascuno. Siamo entrati nell’edificio in maniera totalmente pacifica, senza intralci né danneggiamenti. Avevamo con noi di ché mangiare e bere, e anche dei sacchi della spazzatura, di modo che nessuno scarto restasse a terra, e che non potessero poi accusarci di aver insozzato il luogo. Con noi, c’erano una ventina di solidali di La Chapelle debout! E di Droits devant! — molti altri si sono poi aggiunti, una volta lanciato l’appello a raggiungerci (tra loro, qualche deputato e una senatrice), ma l’ingresso di questi è stato impedito dalla polizia.

All’interno, vi erano molti turisti. Abbiamo distribuito loro dei volantini e cominciato a spiegare, organizzati in piccoli gruppi, tranquillamente, chi siamo, le ragioni della nostra lotta e della nostra azione. Ma non erano passati dieci minuti che ecco i poliziotti frapporsi, invitando i turisti a uscire. Cosa che hanno fatto tutti. E le contrattazioni sono cominciate. Inizialmente il direttore del Panthéon. Gli abbiamo richiesto di chiamare il primo ministro, capo del governo, a cui avevamo indirizzato una lettera un mese prima, senza ottenere risposta. Volevamo incontrarlo perché tutte le nostre procedure di regolarizzazione in prefettura erano state rifiutate. Lo scorso dicembre avevamo occupato la Comédie Française: la prefettura ci aveva promesso il deposito e la presa in considerazione di 30 dossier ogni mese. In seguito è stato però possibile effettuare un solo deposito; la prefettura ha poi continuato a prendersi gioco di noi inviandoci mail che rinviano il deposito dei dossier al mese seguente… inoltre, tra i 30 (anziché 240) dossiers così depositati in otto mesi, uno solo è stato trattato (con risultati positivi, almeno questo!). Conclusione: vogliamo aggirare la prefettura e vedere il grande capo al vertice. Il direttore [del Panthéon] ha rifiutato di chiamare il primo ministro e si è volatilizzato.

Le contrattazioni sono poi continuate con tre capi della polizia, i primi due in borghese. Abbiamo domandato loro la stessa cosa: chiamate il ministro. Il primo è partito e tornato per dirci che aveva inoltrato il messaggio, poi se n’è andato e non l’abbiamo più visto. Il secondo è venuto a dirci che era lui che gestiva la contrattazione, e ha precisato che il ministro non aveva mai ricevuto la nostra lettera. Precisazione curiosa, visto che quella lettera gli era stata consegnata di persona all’Assemblea Nazionale da una deputata il giorno della dichiarazione di politica generale del governo all’indomani delle elezioni europee.

Poi, il terzo capo della polizia, questo in uniforme, si è imposto con aria e toni imperiosi: ha rifiutato ogni possibilità di intesa che restava ancora ambigua con i primi due. Ha preso il microfono e ci ha intimato di uscire immediatamente, non avevamo diritto di restare. In caso contrario avrebbe fatto uso della forza. Noi abbiamo imparato a contrattare con la polizia. Abbiamo richiesto di uscire tutti insieme, per l’entrata principale. Lui ha rifiutato, ma aggiungendo: “Siete venuti tranquillamente, altrettanto tranquillamente potete uscire. Ma ve ne andrete, di vostra volontà o con la forza”. E se lo avremmo fatto volontariamente, ha aggiunto, attraverso la piccola porta dell’uscita sul retro, allora nessun arresto, nessun controllo di identità, niente violenza, tutti potranno andarsene liberamente. Noi abbiamo accettato. Ed è così che siamo caduti in trappola.

Durante le tre ore circa di contrattazioni, continuavano a succedersi le prese di parola: testimonianze dirette della sofferenza dei sans-papiers, delle condizioni di vita schiavile riservate in Francia a questi-e lavoratori-ci, uomini e donne, come noi, trattati dentro e fuori i posti di lavoro al pari di cose piuttosto che persone, come esseri disumanizzati.
All’interno, poi all’esterno, ci è sempre stato rifiutato l’accesso ai bagni, sottolinea in particolare Kaba. A tutte e tutti coloro che domandavano di andare a fare pipì, dopo un primo momento (in cui una decina di persone al massimo hanno potuto servirsene) la risposta è sempre stata un NO categorico. E’ stato rifiutato l’accesso ai bagni anche per le persone malate! Stessa cosa anche all’esterno. Al momento dell’uscita, trovandoci circondati e senza idea di quanto a lungo questo potesse durare, la Chapelle debout ha domandato che le persone potessero almeno andare ai bagni. Ci è stato rifiutato. Anche quando un ragazzo, malato, non ha potuto trattenersi e per questo è stato arrestato: arrestato perché non si sentiva bene! Forse si impedisce alle bestie di fare pipì? Ma nou, è così che veniamo trattati — siamo al di sotto delle bestie!

All’esterno le prese di parola hanno continuato per un’oretta: poi, quando meno ce lo aspettavamo, senza avvertimento, l’aggressione è cominciata. Tre cariche successive. Da prima delle cariche, dice Kaba, io non ero più lì. Insieme ad alcuni altri sono stato tra i primi arrestati per colpa della falsa promessa del poliziotto, che non ci sarebbero stati arresti. Eravamo un piccolo gruppo di sei, seduti per terra, quando un sasn-papier si è sentito male, è svenuto. Abbiamo chiamato i poliziotti di un furgone a lato perché allertassero l’ambulanza. Sono venuti a “vedere” loro stessi. Solo che, anziché occuparsi dello svenuto, si sono occupati di noi. Ci hanno circondati, perquisiti dalla testa ai piedi, hanno svuotato i nostri zaini, cercato i nostri documenti; e infine, verso il commissariato. Perché, indovinate un po’, tutto ciò che hanno trovato è che non abbiamo documenti. E tuttavia, con il senno di poi, devo dire che non è stato un particolare colpo di sfortuna. Coloro che, dopo la nostra partenza, sono rimasti sono stati gasati, bastonati, feriti, portati in ospedale (37), arrestati (36) e portati al commissariato del V arrondissement, e da là in 15 al CRA [corrispettivo CPR], in 16 al tribunale. Noi sei del commissariato del XIII arrondissement, invece, dopo tre ore: “Va bene! Potete andare, siete liberi!” — l’unico inconveniente, per me, sono state le mie scarpe. Mi si erano sfilate durante l’arresto, ero a piedi nudi. E a piedi nudi sono dovuto tornare a casa. A questo commissariato del XIII uno tra noi (che si era già sentito male al Panthéon e aveva vomitato) si è rifiutato di dire (come tutti noi d’altronde) il suo paese di origine. Ebbene, per questa ragione gli sono stati rifiutati i bagni. Quando ha protestato che non poteva trattenersi e che era malato, un poliziotto gli ha risposto prendendolo in giro : “Niente paese, niente pipì!” e gli altri poliziotti ridevano tutto intorno.. non dovremmo concludere che la frustrazione dei bisogni corporali fa parte dei mezzi di tortura quotidiani presso la polizia?

Diak corregge Kaba su un punto: non è del tutto esatto dire che siete stati i primi arrestati. Prima di voi, qualcun altro lo è stato, all’interno stesso del Panthéon. Proprio a causa dei bagni chiusi aveva finito, malato anche lui, per pisciarsi nei pantaloni e su uno sbirro accanto. E’ stato arrestato per “degradazione”. E’ lui il sedicesimo differito al tribunale, oltre ai 15 del CRA. Anche lui rilasciato.
Quando Kaba e gli altri sono stati portati via, gli sbirri hanno voluto arrestare altri sans-papiers, che, evidentemente, non sono rimasti immobili ad aspettare che li arrestassero, ma hanno cercato di sottrarsi. È allora, per spingere ad altri fermi, che gli sbirri hanno caricato una prima volta. Una seconda carica ha avuto luogo una decina di minuti più tardi. Molte delle persone erano molto preoccupate per ciò che era appena successo. Ci si domandava: ma che succede? Perché ci aggrediscono così? L’accordo era che non ci sarebbero stati arresti!” — abbiamo discusso tra noi e deciso avremmo dovuto subire la stessa sorte: o ci arrestano tutti insieme, o insieme ci lasciano partire secondo l’accordo fatto. Ci siamo seduti per terra nell’attesa degli eventi. Tutti, eccetto i.le compagni.e bianch.i.e di La Chapelle debout! E Droits devant!, e altri ancora, che si sono messi davanti ai Crs [la celere] per formare come una barriera protettiva dei compagni neri, esplicitamente presi di mira. Il grande capo in uniforme era là, nel mezzo dei suoi uomini, dirigeva le operazioni. Questa seconda carica è stata abbastanza singolare, e ha smontato la nostra risoluzione di una stessa sorte per tutti. Una ventina di CRS si sono lanciati aggirando i bianchi, li hanno separati dai neri seduti per terra, che hanno cominciato a bastonare. I compagni bianchi si sono allora gettati tra le braccia dei CRS per impedir loro di colpire, e i CRS li hanno nuovamente ricacciati indietro: ma, se così possiamo dire, “gentilmente”, senza colpirli. Sono tornati per finire il loro lavoro dal lato dei Neri, manganellarli più duramente, arrestarli.

Questa seconda carica ha causato, lei sola, diversi feriti. Non vedendo che una sola macchina dei pompieri ho chiamato il 18. Mi è stato risposto che erano stati allertati dalla polizia, che una vettura era sul posto. Giustamente, vedevo la macchina: ma i feriti erano troppo numerosi, una sola non bastava… la risposta è stata che non dovevo preoccuparmi. Non ho avuto tempo di domandarmi se i pompieri giocavano anche loro un doppio gioco, che ecco i lancio di lacrimogeni seguito da una nuova carica: tre volte più di CRS, un vero massacro. E insulti razzisti del tipo (testuale) “sporchi negri!”. C’era sangue ovunque, persone ferite alla testa, arcate delle sopracciglia aperte, persone ferite alle spalle, alle braccia, gambe, costole rotte… ho visto delle dita spaccate… un compagno nel coma (fortunatamente ne è uscito qualche ora più tardi). Tutto ciò, contro delle persone talmente inermi e attraverso una violenza scatenata in modo tanto imprevisto che nessuno ha nemmeno pensato di organizzare una qualsiasi resistenza. Non so per qualche miracolo non è scappato il morto. E mi domando se non fosse proprio questo che voleva il capo: sapendo che in seguito ci sarebbe certo stato un non-luogo a procedere, un’archiviazione fondata su parole come “incidente”, “mancanza di prove” e via dicendo. Tra gli ospedalizzati, alcuni sono usciti la sera stessa, altri l’indomani, altri ancora il giorno seguente. I 15 reclusi nel CRA e giudicati dal tribunale sono stati rilasciati il lunedì e martedì seguenti per “irregolarità nella procedura”.

Su questo, l’ultima parola è di Kaba. Credo, dice, che i morti del Panthéon sono stati veramente risvegliati questa volta: risvegliati da queste violenze, da questa ingiustizia sacrilega proprio sopra le loro tombe, da questa brutale profanazione commessa dalla polizia razzista francese. Noi sans-papiers ne abbiamo veramente abbastanza di tutto ciò! Essere sans-papiers, è essere schiavo. Non siamo qui per lavorare dall’alba a notte fonde per quattro soldi, e poi, in aggiunta, essere perseguiti in questo modo. Siamo venuti per migliorare la nostra condizione. È questo, tutto ciò che richiediamo alla Francia il cambio di tante ricchezze saccheggiate nelle nostre terre: di tante ricchezze che la Francia continua, anche oggi, a saccheggiare in noi, uomini e donne sans-papiers delle vecchie colonie francesi d’Africa

(23, 30 Luglio, 2 Agosto 2019)

Contatto : gilets-noirs-en-lutte@riseup.net

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