Ebrei e campi di concentramento In Italia, quell’anniversario dimenticato
Sono passati 75 anni da quando furono liberati ritrovando così la piena di dignità di persona. Loro sono i circa 2000 tra ebrei, stranieri apolidi e antifascisti di varie nazionalità rinchiusi nel campo di concentramento italiano di Ferramonti, una frazione del Comune di Tarsia (Cosenza) al confine con San Marco Argentano. Il loro campo ha anche il triste primato di essere stata la prima struttura attivata in Italia durante il triste periodo della II Guerra mondiale e la promulgazione delle leggi razziali che ancora oggi fa vergognare l’Italia. Ritrovarono la libertà grazie ai soldati inglesi di re Giorgio VI. Le cronache indicano il 14 settembre del 1943 come giorno della liberazione. Le truppe britanniche stavano risalendo la penisola italiana, erano inquadrate nell’VIII Armata (Eighty Army) al comando del famoso generale Bernard Law Montgomery, che già si era distinto contro i tedeschi di Rommel nel deserto nordafricano.
Per leggere la storia del campo di concentramento, oltre al link a Wikipedia già indicato sopra, c’è il sito della Fondazione che gestisce il Museo virtuale di Ferramonti (MuViF), clicca QUI
Cercando in rete poi ci sono tanti altri riferimenti per approfondire questo argomento.
Quel che è importante da evidenziare sono altri aspetti. Su tutto la dimenticanza di questo anniversario. Ho aspettato alcuni giorni per pubblicare il post, per vedere di trovare traccia a una veloce ricerca sul web. Il sito del MuVif è fermo addirittura al 2016, come anche la pagina Facebook @muvif… Il sito del Comune di Tarsia non ne fa menzione alcuna, neanche nella voce Storia.
Questo è davvero un peccato per quelle comunità calabresi che hanno il senso dell’accoglienza nel Dna. Chi avrà la pazienza di leggere la storia del campo scoprirà che gli internati avevano anche la possibilità di uscire dalla struttura per procurarsi da mangiare. È facile supporre che abbiano trovato sostegno materiale e morale proprio negli abitanti della zona e dei paesi confinanti. Eppure, dopo tanti anni questa storia sta passando nel dimenticatoio e proprio in un momento storico dell’Italia in cui ci sarebbe da ricordare la scelleratezza delle leggi razziali, del razzismo e chi combatté per ridarci quella dignità che rischiamo di perdere oggi. Non so se nel passato è stato fatto, ma questo anniversario poteva essere l’occasione — specie per le Amministrazioni comunali — di riscoprire e rinsaldare l’amicizia con gli ebrei, di essere veri promotori di pace e fraternità tra le genti. Poteva essere l’occasione per ringraziare gli inglesi per aver ridato lustro a un territorio calabrese sporcato dalle decisioni romane dell’epoca.
Quasi fosse uno scherzo del destino, nell’emigrazione italiana postbellica, da queste zone calabresi molte famiglie partirono per trasferirsi proprio nel Regno Unito, nelle varie contee inglesi del tempo. Un esempio è il Lancashire, dove ancora oggi vi sono le terze-quarte generazioni di quegli emigranti, specie nelle piccole cittadine a forte presenza industriale. Molti sono rimasti, altri sono rientrati in Italia ma con il pensiero sempre «Oltremanica». Loro sono l’unica espressione attuale dell’amicizia nata tra due popoli sulle macerie della guerra, che li aveva visti anche contrapposti. La storia ha sempre da insegnare il bello. Quanto all’amicizia con gli internati non so se oggi basta solo la cerimonia nella Giornata della Memoria.