Il carcere di Latina

Lo sport in carcere per ridare la speranza di una vita nuova

Remigio Russo
remigioblog
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4 min readJul 26, 2019

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Mai avrebbero pensato di finire in carcere, men che mai di ritrovarsi a giocare contro una squadra di detenute. Donne atlete contro donne carcerate per reati di mafia. Due mondi inconciliabili, per molti. Eppure, nel carcere di Latina il Centro Sportivo Italiano porta avanti un progetto educativo che sta dando i suoi frutti grazie anche al senso civico di alcune squadre di volley pontine. Che piaccia o meno, il carcere e i suoi detenuti fanno parte della città. C’è anche chi, come queste atlete, non si ferma solo a puntare il dito.

Dall’altro lato della rete ci sono loro, una decina di detenute della sezione «Alta sicurezza» dopo essere state arrestate nei blitz antimafia nel Sud. I reati contestati sono gravi, ma ciò non significa che proprio nell’esperienza carceraria, quella della privazione della libertà, non possano trovare occasioni per rimettersi in discussione o in gioco, tanto per restare in tema. Addirittura, ritrovarsi a disputare in questi mesi delle vere e proprie partite contro atlete agoniste, seppur all’interno del carcere. L’opportunità è stata offerta dalla sezione pontina del Centro Sportivo Italiano (Csi), l’organismo voluto nel 1944 dall’Azione Cattolica per con l’obiettivo di una precisa apertura apostolica verso tutta la gioventù italiana attraverso la pratica sportiva, la quale ha attivato il progetto Si vola con le proprie ali, usufruendo del bando “Il mio campo libero”, sempre del Csi nazionale. Le novelle atlete sono scese in campo con tanto di divisa (blu, la squadra si chiama Le Ali) e dopo vari incontri di allenamento, coordinati da Corinna Maiutto, responsabile del progetto Csi con la collaborazione di Cinzia Viola.

Le pallavoliste pontine prima di gareggiare contro le detenute

La sfida è stata raccolta dalle pallavoliste delle società Kim Volley Pontinia Polisportiva, Cosmos Volley Latina, Leonessa Volley Latina, Volley Ball Sabaudia e Bracciofonico, che partecipano al campionato open misto del Csi. «Le prime amichevoli sono state davvero un momento molto emozionante per tutti. C’è stata una bellissima accoglienza con le altre detenute sedute e pronte a fare il tifo per le loro compagne», ha riferito Corinna Maiutto, «al primo incontro l’emozione non le ha fatte giocare come sanno fare, erano davvero nervose, ma poi, l’ultima mezz’ora abbiamo giocato anche mischiati (3 detenute e 3 atlete) e li erano tranquille, hanno fatto gruppo e si fidavano delle loro compagne. Poi, allo scadere del tempo, c’è stato un breve cerchio finale tutti assieme, che ha permesso ad entrambe le squadre di esternare le proprie emozioni e i propri pensieri».

Le emozioni sono state diverse ma ugualmente forti anche per le atlete. Lo ha spiegato, per esempio, Chiara Carminati (Volley Ball Sabaudia): «È stata un’esperienza intensa quella dell’ingresso in carcere. Sono entrata nell’istituto con un po’ di timore ed ansia, ma è bastato il fischio dell’arbitro per azzerare tutto. Non conosco il loro vissuto, o i motivi per i quali sono detenute, ma mi sento fortunata per aver ricevuto e donato sorrisi sinceri. Solo lo sport è veramente democratico, azzera le distanze sociali, i vissuti, gli errori. Un grazie di cuore alle mie compagne per aver condiviso con me questa meravigliosa esperienza».

Tanta soddisfazione per la riuscita di questi incontri, che proseguiranno anche dopo l’estate, è stata espressa dal presidente provinciale del Csi pontino, Davide Emmanuel Vitamore: «Prima di tutto devo ringraziare la direttrice del carcere Nadia Fontana, e attraverso lei gli educatori e il personale di sorveglianza, per aver accettato di dare alle detenute questa possibilità. Rispetto all’esperienza particolare, posso dire che lo sport ha il potere e la forza di andare oltre i muri e le barriere e di portare speranza. È il secondo anno che svolgiamo questa attività nella casa circondariale di Latina con le detenute ed oggi siamo arrivati a formare la prima squadra dietro queste mura. Certo, sono undici errori, undici vissuti differenti che lungo questo cammino sono passate dall’individualismo ad essere squadra, accettare delle regole comuni e mettere il proprio Io a servizio degli altri. Per alcune di queste detenute la strada verso la riconciliazione è ancora lunga, ma lo sport le sta accompagnando ed allenando in questo cammino».

C’è solo un piccolo rimpianto, per motivi di sicurezza niente foto in gara.

Il progetto del Csi

Lo sport praticato dal detenuto è un importante elemento del trattamento rieducativo dello stesso e di prevenzione della recidiva. In particolare è toccata la sfera soggettiva grazie all’influenza che lo sport ha per il detenuto stesso visto che, oltre a fornire una valida occasione di svago, aggregazione e alternativa all’ozio, trasmette valori fondamentali nel processo di crescita personale e sociale del detenuto, quali ad esempio il fair play (gioco corretto), il rispetto delle regole, la partecipazione di tutti ad un obiettivo comune, il lavoro di squadra, l’accettazione dei limiti, il saper perdere e la lealtà nei confronti dell’avversario. Il progetto serve a introdurre il gioco di squadra nel carcere per veicolare i valori più importanti dello sport e attraverso questi lavorare sugli sani stili di vita.

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Remigio Russo
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Giornalista professionista. Digital Content Manager. Direttore Ufficio per le Comunicazioni sociali Diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno. Professo OFS