Amiu-Iren: adesso che succede?

Genova che osa
genovacheosa
Published in
5 min readFeb 9, 2017

Il consiglio comunale ha respinto l’aggregazione tra Amiu-Iren. A questo punto cosa succederà? Proviamo a spiegare un po’ meglio la vicenda, a partire dal perchè abbiamo deciso di votare contro la proposta del Sindaco.

Quello che succede adesso è che abbiamo tempo fino al 2020 per studiare strade alternative, che avevamo già proposto ma che sono state ignorate.

L’obiettivo è garantire un effettivo controllo pubblico e la realizzazione piena del piano industriale all’avanguardia che l’attuale maggioranza ha approvato nel 2014.

La nostra non è una pregiudiziale ideologica contro Iren o la presenza di un socio industriale privato che concorra ad Amiu ma un giudizio di merito sull’operazione portata in consiglio qualche giorno fa.

La vicenda Iren-Amiu dal 2014 ad oggi e le posizioni della Rete a Sinistra

Per capire meglio cosa è successo e cosa succederà proviamo a spiegare un po’ meglio la vicenda.

La proposta della giunta

La proposta della giunta era di far entrare Iren, una grande società multiservizi (acqua, gas, rifiuti, …) in Amiu. La maggior parte delle quote di Iren spa sono direttamente o indirettamente in mano ad alcuni comuni (Genova, Torino, Reggio Emilia, Parma) si tratta quindi di una azienda pubblica.

Il problema è che, purtroppo, il semplice fatto che i comuni siano i soci di maggioranza di una spa non garantisce, di per se, il controllo pubblico.

Controllo pubblico?

Ad esempio, il comune di Genova possiede a metà, l’altra è del comune di Torino, una società chiamata FSU che possiede circa il 35% delle azioni di Iren. Le altre quote sono in mano ad altri comuni (Reggio Emilia 8%, Parma 6%) ad alcune banche (Gruppo Intesa San Paolo 3%) e a un gran numero di piccoli investitori privati.

Il controllo è quindi esercitato da tutti questi soggetti che non sempre condividono idee e obiettivi.

Lo scopo di una società per azioni è produrre utili, profitti, da rividere fra i soci.

Il caso di Acam è emblematico. Il fatto che i comuni della provincia della Spezia possedessero il 100% delle quote della spa non ha impedito la cattiva gestione, le speculazioni finanziarie e varie scelte folli. Il risultato sono centinaia di milioni di debito e un futuro incerto. Sappiamo bene che pubblico non è automaticamente sinonimo di buona gestione.

Aggregando Amiu a Iren che sarebbe successo?

Iren avrebbe messo nuovo capitale dentro ad Amiu, consentendo di fare nuove spese, ma acquisendo anche il completo controllo della società. Ovviamente il Comune di Genova avrebbe definito un contratto di servizio, dei patti parasociali e delle clausole statutarie per stabilire i compiti della nuova Amiu e per tutelare i lavoratori, ad esempio.

Si tratta però di una tipologia di garanzie deboli o temporanee. I patti parasociali devono essere rinegoziate dopo 5 anni. Oggi, aggregando le società, abbiamo un qualche potere contrattuale con Iren, che però non avremo più tra cinque anni. Iren potrà quindi decidere di fare ciò che ritiene meglio per i suoi interessi: licenziare lavoratori così come ridurre o modificare il servizio.

Potrebbe persino capitare che una società grande come Iren decida, per un qualche interesse, di violare deliberatamente il contatto di servizio, sapendo che le penali per tali violazioni, anche ammontassero a milioni di euro, sono sostenibili da un colosso che ha un fatturato annuo di 3,4 miliardi di euro.

Paure assurde? Leggendo le cronache di Reggio Emilia in questi mesi non si direbbe. Nel comune emiliano Iren vuole stracciare i contratti di 200 lavoratori, eredità delle fusioni delle precedenti società municipalizzate. Una decisione su cui sembra stiano tornando indietro vista la fiera opposizione del sindaco Luca Vecchi e del PD.

Allora come si esercita un effettivo controllo pubblico?

La nostra proposta, che abbiamo già presentato al sindaco 10 mesi fa e che è già stata votata da tutto il consiglio comunale, è di mantenere pubblica, cioè in mano al Comune di Genova, la propietà degli impianti, così da avere sempre uno strumento di contrattazione con Iren o con qualsiasi altra eventuale società.

In parole povere, siccome gli impianti per lo smaltimento dei rifiuti sono di noi genovesi, decidiamo noi chi li gestisce e in che modo. Può essere Iren se mantiene certi accordi, può essere un’altra società se ci presenterà un’offerta o delle garanzie migliori.

Sull’enciclopedia Treccani si legge:La distinzione fra titolarità della rete e fornitura dei servizi che utilizzano la rete è essenziale per la trasformazione di un mercato di monopolio naturale come è quello dei servizi di pubblica utilità, in un mercato ‘’contenibile’’, dove cioè è assicurata la libertà d’ingresso e uscita dei concorrenti, senza costi.” La nostra proposta sembra quindi piuttosto ragionevole.

E come si realizzano gli impianti?

Il costo per la realizzazione degli impianti è stimato in circa 60 milioni. Abbiamo chiesto al sindaco, fin dal 2014, di verificare varie possibilità per realizzarli, tra cui ricorrere al project financing oppure di accedere a bandi europei o, anche in parte, a risorse del Comune stesso.

Purtroppo in questi anni non è stato riportato nulla dei tentativi di percorrere strade diverse all’aggregazione con Iren, ritenuta però l’unica strada per avere le risorse per realizzare gli impianti.

Questa è la ragione principale per cui abbiamo votato contro a questa delibera. Se davvero le altre strade fossero state impraticabili ci avremmo anche pensato. Ma il punto è che nessuno le ha cercate.

Proprio ieri il presidente di Amiu, Marco Castagna, ha indicato nel project financing la strada da seguire per realizzare gli impianti. Una strada che, quindi, poteva essere percorsa già anni fa.

Però aumenterà la Tari…

Non necessariamente. La tariffa sui rifiuti è calcolata in modo da pagare il semplice costo del servizio. Il problema di Genova è che attualmente si è deciso di includere i costi derivati dal disastro della discarica di Scarpino nel costo del servizio, aumentando così la Tari.

Il prossimo bilancio del comune è tutto da fare e su questo tema, così come chiedono le associazioni dei commercianti, bisogna aprire immediatamente un tavolo di confronto.

Il Comune ha un bilancio annuale di circa 800 milioni, e negli ultimi anni abbiamo ridotto il debito per circa 20 milioni l’anno. Soldi che, ad esempio, avremmo potuto spendere in modo differente. A riguardo abbiamo pubblicato uno studio comparativo tra Genova e altri comuni per capire meglio su quali e quante risorse si può fare affidamento.

--

--

Genova che osa
genovacheosa

Siamo una rete di genovesi, convinti che Genova sia ad un bivio, o la abbandoniamo per cercare opportunità altrove, o entriamo in azione per restare.