Appunti su welfare, casa, accoglienza e integrazione

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4 min readSep 24, 2016

Gli appunti sono frutto della prima riunione del tavolo tematico su welfare, casa, accoglienza e integrazione.

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Appunti dell’incontro dell’8 luglio 2016, prima riunione del tavolo

La riforma costituzionale Renzi-Boschi

È il primo tassello della riflessione. La proposta di riforma costituzionale è improntata a un modello di forte ri-accentramento delle competenze in capo allo Stato (nuova lettera m) del comma secondo e nuovo comma quarto dell’Articolo 117 che riportano alle legge statale non solo la definizione di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, ma delle molto più ampie e indefinite “disposizioni generali e comuni” per le politiche sociali e la potestà d’intervenire ogniqualvolta, secondo il giudizio del Governo, lo richieda “la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica [o] dell’interesse nazionale”). Nel campo dei servizi sociali la riforma Renzi-Boschi mette a rischio l’autonomia regionale e locale, che per il principio di sussidiarietà è la più adeguata a disciplinare nel questa materia; soprattutto mette a rischio la libertà di sperimentare e sviluppare progetti d’avanguardie nel garantire i diritti delle persone.

Le risorse comunali

Il secondo tassello riguarda la consistenza della spesa per i servizi sociale di Genova, che è tra le più basse dei Comuni maggiori (superiori a 200.000 abitanti). Nel 2014 ammontava a 136,49 € pro capite contro un valore mediano dei Comuni maggiori di 239,42 € pro capite, cioè quasi doppio. Precisamente, in questa classifica Genova precede solo Palermo. La spesa sociale di Genova è storicamente debole: nel 2005 raggiungeva appena i 141 € pro capite.

Come è noto, una fetta consistente del bilancio comunale è assorbita dal costo dei trasporti pubblici (nel 2014 circa 206 € pro capite, il 156% della mediana dei Comuni maggiori) e dalla spesa per rimborso debiti e interessi (rispettivamente 120 e 59 € pro capite circa, cioè il 130 e 115% della mediana), ma esistono dei margini rispetto ad altre spese non vincolate che assorbono allo stesso modo una quota sproporzionata del bilancio di Genova, a esempio quelle per gli organi istituzionali e i servizi amministrativi interni (circa 445 € pro capite, il 109% della mediana) o per la gestione urbanistica (circa 57 € pro capite, addirittura il 224% della mediana).

Punti di lavoro

1. Cambiare modello — Il modello del welfare comunale deve essere rovesciato, anche secondo l’esempio di esperienze più avanzate in Europa, per una maggiore efficacia ed efficienza. Da politiche di assistenza a politiche di prevenzione. Il passaggio deve avvenire garantendo la tutela nei confronti di chi accede ai servizi di assistenza esistenti.

2. Regia pubblica di tutte le energie — Un nuovo modello può prevedere una forte regia pubblica del Comune, con un ruolo di direzione, verso un soggetto come un’agenzia apposita, anche con la partecipazione di privati, che raccolga tutto il capitale di risorse disponibili nel campo dei servizi sociali. Questa agenzia riceverebbe in affidamento e sotto il controllo del Comune la missione di progettare, gestire e fornire ai cittadini una rete di servizi sociali universali di prevenzione. I servizi rivolti a chiunque senza discriminazione sarebbero gratuiti o a pagamento a seconda della loro natura e delle condizioni economiche di chi li richiede. L’agenzia si sosterrebbe colle nuove risorse economiche generate dai proventi delle tariffe oltre i contributi comunali. Il modello dell’agenzia permetterebbe di ricondurre alla direzione pubblica tutta la rete di servizi sociali, superando anche il problema di quei servizi che oggi sfuggono dalla pianificazione comunale in un quadro di rapporto diretto tra il privato finanziato e il soggetto pubblico, magari non comunale, che finanzia.

3. Nuovi servizi contro il bisogno — Le risorse nuove generate dal sistema dell’agenzia permetterebbero di finanziare nuovi strumenti di prevenzione del bisogno, come una forma di reddito d’autonomia comunale, piuttosto che in materia di aiuto alla famiglia come asili nido familiari.

4. La casa per tutti — Nel quadro delle nuove politiche sociali si possono avviare sperimentazioni sulle cooperative per gli alloggi, con gestione di case in proprietà indivisa che affittano gli appartamenti ai soci. Le cooperative possono funzionare in immobili pubblici locali per termini lunghi (a esempio, 99ennali). La questione degli alloggi per gli studenti universitari può essere affrontata assieme al tema dell’invecchiamento, a esempio sperimentando forme di alloggio gratuito in case di riposo in cambio dell’impegno a trascorrere del tempo con gli anziani che vi abitano. Posto che il patrimonio comunale non dovrebbe essere sufficiente e quello pubblico in senso lato non accessibile (a esempio gli immobili di IREN), va approfondita la questione di come si possano rimettere nel mercato, in condizioni di accessibilità soprattuto per le coppie giovani che spesso si trovano in una situazione economica poco migliore di quella limite per l’edilizia popolare, tutti quegli alloggi sfitti che rispondono a una proprietà frammentata.

5. Accoglienza — Sempre nel contesto del nuovo modello, va implementato un sistema di accoglienza diffusa tramite una rete di servizi rivolti alle famiglie che accolgono e i migranti.

6. Ambulatori sociali — Da approfondire: oggi a Genova ne sono presenti due.

7. Favorire la sussidiarietà — Il Comune deve essere capace di dare sostengo attivo e valorizzare quelle esperienze di volontariato e associazionismo locale che animano i quartieri e possono anche fornire servizi a concittadini, come nel caso delle cooperative di comunità. Questa non può essere una forma di welfare alternativo, ma complementare. La rete si può rafforzare sperimentando le consulte di quartiere.

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