Chi ha votato per lasciare l’Europa?

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11 min readJun 29, 2016

I giovani inglesi hanno davvero votato compatti per restare nell’Unione Europea? Ed è vero che sono i più poveri, i più emarginati, ad aver votato per uscire dalla UE? A pochi giorni dal referendum che ha sconvolto l’Europa sono tante le domande ancora aperte, tra chi cerca di capire cosa è successo e chi cosa succederà nei prossimi mesi.

Abbiamo provato a rispondere ad alcune di queste attraverso una analisi puntuale dei dati elettorali intrecciati con quelli sociodemografici zona per zona.

Testi e grafici di Stefano Gaggero.

Chi ha vinto, e dove.

Il voto per restare nell’UE ha vinto nelle Nazioni della Scozia e Irlanda del Nord, a Londra e nel territorio di Gibilterra, ha perso nel Galles e nelle altre otto regioni inglesi.

In 129 aree locali il margine tra le due opzioni è stato inferiore a 10 punti percentuali; in circa metà di queste è rimasto entro 5 punti.

Al contrario, il voto per rimanere si è aggiudicato 45 aree locali con più di 20 punti e quello per uscire dall’UE 102 con analogo vantaggio.

Il pullman del “Leave”, il fronte anti-UE, dipinto con la scritta: “noi mandiamo all’UE 350 milioni di sterline la settimana, usiamole per il nostro sistema sanitario”.

I giovani hanno davvero votato per restare nell’UE?

Si è detto che i giovani hanno votato in modo preponderante per restare nell’Unione e gli anziani per uscire. A livello territoriale, tuttavia, non si percepisce una particolare correlazione tra la maggiore presenza elettori con sessantacinque anni o più e il voto per lasciare l’UE.

Nelle due tabelle il comportamento degli elettori in base all’età (più di 65 contro meno di 24)

Il rapporto tra il voto per mantenere l’Unione e la presenza di elettori fino a ventiquattro anni è ancora più impercettibile.

Un nesso si trova andando a guardare le aree locali con la struttura demografica più sbilanciata: 12 delle 13 aree con una presenza di over sessantaquattrenni sotto il 10% hanno votato per restare nell’Unione europea (tranne Slough, nell’Inghilterra di Sud-Est; peraltro uno dei quattro solitari collegi laburisti nella regione), con un vantaggio medio di 36 punti percentuali; all’opposto, tutte le 11 aree con una popolazione di anziani maggiore al 25% hanno scelto di uscire, con un margine medio di 20 punti percentuali.

In ogni caso, le 65 aree locali che hanno votato per abbandonare l’UE con un margine di oltre 25 punti hanno tutte una popolazione anziana superiore al 15%, salvo 8 (tra le quali Thurrock, nell’Inghilterra orientale, che è la più giovane con una quota di ultra sessantaquattrenni del 12,7% e si distingue perché corrisponde a un raro collegio dove Conservatori, Laburisti e UKIP sono compresi nello spazio di 1.000 voti).

Viceversa, le 29 aree locali che hanno scelto l’UE con uno scarto di 25 punti o più hanno tutte una popolazione anziana inferiore al 20% dei residenti e, tra queste, quelle aree dove la percentuale è superiore al 15% sono collocate in Scozia, eccetto una.

Dei 5 municipi di Londra che, in controtendenza col resto della città, hanno votato per lasciare l’UE, Havering e Bexley, a Est, e Sutton, a Sud, si collocano tra quelli con la maggior presenza di residenti anziani di tutta la metropoli.

Sadiq Kahn (laburista), appena eletto sindaco di Londra, si è schierato con “Remain”, per restare nella UE.
Boris Johnson (conservatore), ex sindaco di Londra, è uno dei leader anti-UE insieme a Nigel Farage (UKIP)

Cambiando punto di vista, delle 13 aree locali dove i giovani elettori sono più del 15% della popolazione, 5 hanno comunque votato per lasciare l’Unione europea, di cui due con margine superiore a 10 punti percentuali (Lincoln, nelle Midlands orientali e Portsmouth, nell’Inghilterra di Sud-Est). In più, solo le città universitarie di Oxford e Cambridge si collocano allo stesso tempo tra le aree più giovani e quelle che hanno votato per l’Europa con uno scarto superiore a 25 punti.

In conclusione, se i giovani hanno comunque preferito l’Europa con largo margine nel complesso, è possibile che il favore per l’Unione sia stato più tenue in certe aree del Paese come le Midlands orientali e l’Inghilterra sud-orientale. Si è poi trattato di un favore limitato: sul debole impatto del voto di ragazze e ragazzi ha pesato, con tutta probabilità, la minore partecipazione al referendum, unita al graduale ridursi del peso relativo della loro fascia demografica sul totale dell’elettorato (era il 15% nel 1987, ma circa un quinto in meno tre decenni dopo).

I giovani hanno largamente preferito l’Europa ma hanno pesato ben poco nel determinare il risulato. Da una parte perchè hanno partecipato poco, e tantissimi non sono andati a votare, dall’altra perchè i giovani rappresentano una fascia di popolazione sempre più ridotta.

La partecipazione al voto dei giovani comparata con quella degli elettori con più di 65 anni di età.

L’affluenza di ragazze e ragazzi alle urne del referendum è stata stimata da Sky News nel 36%, contro l’83% delle persone da sessantacinque anni in avanti e a fronte di un 72% globale; è un dato corrispondente al tradizionale scarso coinvolgimento dei giovani britannici nelle elezioni: uno studio di Eurobarometro dell’aprile 2013 aveva rilevato come siano tra i meno coinvolti in politica di tutta Europa tra i loro coetanei.

L’insuccesso nel coinvolgere più giovani nel voto è una sconfitta per la campagna pro-Unione Europea.

strongerin.co.uk il sito della campagna per restare nella UE

Ha vinto il voto di protesta? Sono gli emarginati ad aver bocciato l’UE?

Molti commenti sulla vittoria del Leave hanno indicato come si tratterebbe dell’ennesimo voto di protesta degli emarginati ed esclusi della società. C’è sicuramente del vero, ma è un’ipotesi che deve essere verificata. Tra le altre cose, è difficile immaginare i giovani britannici come una categoria privilegiata e ben integrata: basti pensare che il Regno Unito ha assistito negli ultimi anni a più scontri e polemiche politiche sui costi molto elevati dei corsi universitari.

Il comportamento degli elettori rispetto alla deprivazione (calcolata su quattro dimensioni: occupazione, educazione, salute, alloggio; una famiglia può essere deprivata rispetto a nessuna dimensione fino a tutte e quattro) e all’IMB (indice di deprivazione multipla che tiene conto zona per zona dei parametri: reddito, occupazione, salute e disabilità, istruzione e formazione, accesso all’alloggio, criminalità e qualità delle aree residenziali). Più dettagli in fondo all’articolo.

A livello territoriale non si percepisce una correlazione subito evidente tra la maggioranza per l’uscita e la presenza di persone che vivono in famiglie deprivate. A esempio, ha votato per la permanenza nell’UE oltre un quarto delle 61 aree dove più del 30% dei residenti vive in famiglie deprivate su due o più dimensioni. Ancora, 6 delle 29 già citate aree più favorevoli all’Unione europea hanno oltre il 30% di abitanti in famiglie deprivate su due e più dimensioni e altre 12 di queste aree superano la soglia del 25%.

Il risultato non cambia facendo riferimento a una diversa misura della deprivazione. Anche in questo caso, alcune delle aree con il più alto indice di deprivazione multipla hanno segnato dei risultati tra i più favorevoli all’Europa unita: 8 aree con un indice ponderato maggiore di 25 hanno scelto l’Unione con margini superiori ai 25 punti percentuali.

Da una parte lo stesso grafico di prima con il comportamento degli elettori rispetto alla deprivazione, dall’altra lo stesso grafico ma escludendo Londra e la Scozia.

Si nota però come le aree deprivate che votano a favore dell’Europa siano tendenzialmente concentrate in Scozia e nella Grande Londra. Senza considerare i municipi londinesi e le aree amministrative scozzesi, è in effetti possibile individuare uno schema di correlazione tra deprivazione e voto per abbandonare l’UE.

Restano così nella colonna europeista solo alcune aree urbane fuori dalla capitale, quasi tutte nelle regioni centro-settentrionali: Liverpool, Leicester, Manchester, Sefton, Newcastle upon Tyne, Wirral, Norwich, Cardiff, Leeds, Bristol, Brighton & Hove, Exeter e Stockport. Solo Gwynedd, Ceredigion e Vale of Glamorgan, tutte in Galles, sono aree rurali che hanno preferito l’Europa nonostante elevati indici di deprivazione.

Dall’altro punto di vista, oltre il 60% delle aree locali dove meno del 20% dei residenti vive in famiglie deprivate su due o più dimensioni ha scelto di uscire dall’UE. Ad aver chiesto di lasciare l’Europa sono però solo 2 delle 13 aree dove le persone in famiglie deprivate costituiscono meno del 15% dei residenti.

La Turchia si sta unendo all’Europa. Uno dei cavalli di battaglia della campagna anti-UE.

Quanto hanno influito lavoro e status sociale

La condizione lavorativa e di stato sociale sembra aver inciso molto sulla scelta di voto. Laddove sono più numerose le persone in famiglie della classe medio-alta, con un capofamiglia che svolge almeno un lavoro impiegatizio, sembra che gli elettori abbiano più apprezzato la permanenza nell’UE (oppure i rischi dell’uscita), anche in presenza di condizioni di deprivazione.

Infatti, per contro, a una maggiore quota di residenti che appartengono a classi sociali basse è connesso un più netto voto per abbandonare l’UE. Per dare un’idea, delle 159 aree locali dove oltre metà dei residenti vive in famiglie di classe C2, D o E, solo 30 (meno di un quinto) hanno preferito l’Europa e 20 di queste si trovano in Scozia.

A Londra, il municipio di Barking & Dagenham, nel settore orientale della città, è un altro dei cinque solitari ad aver preferito l’uscita dall’UE e si distingue come quello con più persone delle classi combinate C2DE. La particolarità di Londra sta, in effetti, nella bassa quota di persone appartenenti a queste classi: appena in 6 quartieri su 33 sono oltre il 45% e solo in 2 si collocano tra il 50 e il 60% di tutti i residenti.

Il comportamento degli elettori sulla base dell’attività lavorativa a sinistra e del grado di istruzione a destra.

L’impiego è anche correlato al livello d’istruzione. Infatti, il grafico rispetto ai livelli d’istruzione è quello che descrive una correlazione più marcata: il voto per uscire dall’UE si riduce in proporzione all’aumento di persone con un titolo universitario o post universitario.

In particolare, delle 43 aree con un tasso di laureati superiore al 35%, solo due hanno votato per lasciare l’Unione (Rushcliffe, nelle Midlands orientali, e South Bucks, nell’Inghilterra sud-orientale) e con un margine inferiore a 1,5 punti percentuali. Viceversa, solo 5 delle 66 aree dove il tasso di laureati non supera il 20% hanno votato per l’UE e si trovano tutte in Scozia.

La correlazione tra situazione di disagio delle famiglie e voto anti-UE non è affatto così chiara e determinata. Piuttosto è evidente il rapporto tra situazione lavorativa, livello di istruzione e la scelta dell’Europa. Le famiglie con uno status sociale più elevato ma non necessariamente meno in difficoltà economiche scelgono di restare.

Nigel Farage, leader dell’UKIP, partito di estrema destra che da anni spinge per far uscire l’Inghilterra dall’Unione Europea. E’ stato uno degli esponenti più attivi del “Leave”.

C’è stato un voto anti-migranti?

Per quanto uno dei temi principali della campagna per uscire dall’UE sia stato l’immigrazione, le aree dove le percentuali di migranti arrivati da fuori del Regno Unito in un anno risultano più alte sono anche tra quelle che hanno votato per rimanere nell’Unione (e si tratta per lo più di municipi londinesi). Il tema ha probabilmente assunto un valore di percezione virtuale di un fenomeno e ideologico nel senso negativo del termine, che non la reazione alla sua manifestazione reale.

Le zone con il maggior numero di migranti sono quelle che si sono schierate più nettamente per restare in Europa.

Nonostante l’aspra campagna anti-migranti, culminata anche con l’uccisione della deputata laburista Jo Cox da parte di un pazzo fanatico della destra più radicale, i quartieri con più migranti hanno scelto di restare nell’UE.

Come si sono comportati i laburisti di Corbyn?

Confrontando i risultati del referendum con quelli delle elezioni politiche britanniche del 2015 (a livello di Nazioni, tranne l’Irlanda del Nord, e regioni dell’Inghilterra), si vede la corrispondenza tra il voto dell’UKIP e quello per abbandonare l’Unione.

È invece meno scontato che il voto per uscire dall’Unione abbia tanto più guadagnato campo sulle previsioni pre-elettorali, determinate in base ai sondaggi e la composizione sociale e demografica dei territori, laddove i Laburisti avevano ottenuto i migliori risultati nel 2015.

In particolare, in questo grafico è preso in considerazione lo scarto tra i risultati effettivi del Leave e quelli attesi secondo le stime di Chris Hanretty dell’Università dell’East Anglia. Si può anche vedere che fa eccezione Londra, dove il Labour aveva segnato il terzo risultato percentuale nel Paese.

Il risultato è la riprova della campagna piuttosto debole per rimanere nell’UE condotta dal Partito laburista: un problema per Jeremy Corbin che, pure dovendo in buona misura al voto di molte ragazze e ragazzi la sua elezione a leader, non ha saputo farsi carico di un tema sentito dalla parte più giovane dell’elettorato. Non solo, va anche ricordato che gli stessi giovani sono stati poco coinvolti nel referendum.

Il sindaco di Londra laburista Sadiq Kahn in compagnia del premier David Cameron, conservatore, per una iniziativa della campagna elettorale.
Jeremy Corbyn, leader del Labour.

Il Labour non ha fatto una campagna molto netta a sostegno del “remain”. Da una parte ha deluso su un tema caro alla larga base di giovani che avevano sostenuto Corbyn fin dalla sua elezione a leader dall’altra non si è attivato per portarne a votare altri.

Il Labour ha sempre primeggiato nel gruppo di elettori 18–24 anni, ma solo nel 2015 con Miliband e il crollo dei Liberaldemocratici è riuscito a recuperare alti livelli di consenso, ma a fronte di una diminuita partecipazione alle elezioni.

Per i Laburisti in crisi nelle tradizionali aree di forza, innanzitutto la Scozia, sarebbe determinante per una ripresa elettorale la capacità di espandere i consensi e ancora di più la capacità di coinvolgere la fascia più giovane dell’elettorato.

Il fronte largo del “remain” comprendeva oltre ai laburisti anche i verdi e l’SNP, il partito nazionale scozzese, oltre allo stesso premier conservatore David Cameron.

NOTE

Per “aree locali” s’intendono le autorità locali in Gran Bretagna (distretti e autorità unitarie dell’Inghilterra, inclusi i municipi londinesi; aree principali del Galles; aree amministrative della Scozia), i collegi elettorali del Parlamento britannico in Irlanda del Nord e il territorio di Gibilterra.

I dati demografici, sociali ed economici si riferiscono alle autorità locali della Gran Bretagna, alla data del censimento 2011 salvo diversa specificazione.

La deprivazione delle famiglie è determinata in base a quattro dimensioni: occupazione, educazione, salute e alloggio. Una famiglia può essere deprivata rispetto a nessuna dimensione fino a tutte e quattro. Ai fini delle tabelle, è preso in considerazione il numero di famiglie, ogni mille, che siano deprivate su almeno due dimensioni.

L’IMD (Index of Multiple Deprivation: indice di deprivazione multipla) è calcolato dal Dipartimento per le Comunità e il Governo locale (Department for Communities and Local Government) dell’Esecutivo britannico al 2015. L’indice è determinato per i singoli quartieri e le suddivisioni territoriali equivalenti, in base a questa serie di fattori differenti: reddito, occupazione, salute e disabilità, istruzione e formazione, accesso all’alloggio, criminalità e qualità delle aree residenziali. I dati per le autorità locali sono calcolati come le medie ponderate dei valori dei rispettivi quartieri e suddivisioni territoriali equivalenti e sono disponibili solo per le autorità locali dell’Inghilterra.

La classe sociale (social grade) delle persone è determinata per approssimazione con riferimento al tipo di occupazione del capofamiglia. Le classi basse C2, D ed E sono identificate da operai e disoccupati, mentre le classi medio-alte C1, B e A sono composte intorno a impiegati, quadri e dirigenti.

Le persone con istruzione universitaria e post universitaria sono calcolate come coloro che abbiano raggiunto una “Level 4 Qualifications & Above”, in percentuale su tutta la popolazione dai 16 anni in su.

La fonte dei dati sulle stime elettorali è Ipsos MORI, salvo sia specificato diversamente.

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