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Genova che osa
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5 min readJul 27, 2016

Una città di persone sole…

La prima cartina ritaglia i quartieri dove il tasso di famiglie con un solo componente (“famiglie unipersonali”) è superiore al 40%. Oltre un picco nel Centro storico — zona d’elezione degli adulti single dai 25 ai 49 anni — , la presenza di famiglie di persone sole è alta da un capo all’altro della città, anche se va notato che tra i quartieri benestanti solo Puggia rimane di poco sotto la soglia (al 39,7%).
Il valore genovese è infatti del 45,0%; la mediana si colloca poco sotto, al 43,1%. In questa Genova trasversale di persone sole possiamo segnalare San Vincenzo (52,4%) e Nervi (48,7%), Sant’Agata (49,3%) e Marassi (48,3%), Sampierdarena (46,8%) e Campasso (45,8%). Tra i 10 quartieri su 71 che segnano un dato inferiore al 40%, spicca Borzoli Ovest col valore più basso (34,1%).

In particolare gli anziani…

Il tasso di anziani con più di 75 anni che vivono da soli in casa è del 38,6%; il valore mediano è molto vicino, al 38,4%. In 20 quartieri il valore eccede il 40%, con il record a Molo (46,9%) e Campasso (45,3%). La solitudine degli anziani insiste in particolare nei quartieri deprivati — se ne contano 13 in questa selezione — , in una formula che accresce le situazioni di malessere. Soprattutto, incide a Campasso, Bolzaneto e Certosa, nella Val Polcevera.
Il tasso di anziani soli non è correlato all’indice di vecchiaia: dei quartieri evidenziati nella mappa, San Quirico, Molto, Maddalena, Campasso e Certosa presentano valori fino a 175, tra i meno vecchi in città; per contro, San Martino, Lido, Marassi, Borgoratti, Foce e Crevari superando quota 275 sono tra i più vecchi.

Una città senza giovani

Come si sa, Genova è una città vecchia in cui abitano 243 persone dai 65 anni in su per ogni ragazza e ragazzo fino a 14 anni (questa misura è il cosiddetto “indice di vecchiaia”). La quota di giovani fino a 24 anni che risiedono in città (“tasso di concentrazione giovanile”) è del 19,9%, poco meno di un quinto; il valore mediano dei quartieri è pure leggermente inferiore, pari al 19,7%.
Questa mappa ritaglia i quartieri di Genova dove il tasso di concentrazione giovanile supera il 20%, si tratta di 32 quartieri. La mappa individua sostanzialmente due aree omogenee della città: la zona della Val Polcevera, da un lato, che si distingue per l’alta presenza di migranti e condizioni di deprivazione e disagio, e seppure con discontinuità la fascia di quartieri benestanti lungo la costa est e le alture immediatamente retrostanti, che a fronte di un’alta presenza di anziani presentano però una rilevante quota di giovani.
La presenza di giovani nel primo gruppo di quartieri è facilmente riconducibile alla presenza di famiglie di migranti: a esempio, nel quartiere di Campasso il tasso d’incidenza di migranti è del 50,6% nella fascia d’età fino a 14 anni e del 46,7% in quella fino a 24 anni, a Sampierdarena è del 48,0% e del 47,5% rispettivamente.

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Nel secondo gruppo invece si spiega con l’esistenza di una correlazione positiva tra livelli di reddito e numero dei figli, per cui la maggioranza dei quartieri in cui il tasso di famiglie con due o più figli supera il 15% sono benestanti: Lido, San Nicola, Quartara, Manin, Albaro, Puggia e Castelletto, col primato cittadino al 17,0%.

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La concentrazione dei migranti

Il 9,5% dei residenti a Genova è costituito da migranti; il valore mediano dei quartieri si colloca ben più in basso al 5,6%, a segnalare una diffusione molto squilibrata in città. Infatti, la mappa che individua le unità urbanistiche dove l’incidenza supera il 10% ritaglia 21 quartieri con valori dal 10,3% di Belvedere fino al 30,5% di Sampierdarena, 30,7% di Campasso e 33,6% di Prè. Va notato che in città si trovano quartieri in cui l’incidenza di migranti si potrebbe definire trascurabile, coma Bavari (1,7%), Castagna (2,2%) o Pegli (3,5%).
I quartieri ad altra incidenza di migranti disegnano tre zone urbane: la Val Polcevera, la medio-bassa Val Bisagno e il Centro storico. Tra queste, abbiamo già citato la Val Polcevera come una zona di crisi con forti elementi di disagio sociale, in cui il fenomeno migratorio non può che accuire il malessere. La medio-bassa Val Bisagno ha più le caratteristiche di un’area residenziale, ma presenta tuttavia elementi di degrado. I tre quartieri del Centro storico sono l’unica area che accoglie migranti, pur con livelli molto alti (il valore minimo del Molo è pari al 17,5%), a fronte di una maggiore solidità sociale, secondo vari indicatori dall’istruzione al reddito. Molo, Maddalena e Prè hanno la caratteristica, su tutta Genova e in particolare rispetto alle unità urbanistiche di che potremmo definire benestanti, di presentare una quota enorme d’immobili degradati (rispettivamente, il 25,3%, 25,7% e 50,9%), eredità di un crollo demografico del 61% dal 1951 a oggi.

L’istruzione come uno spartiacque

Oltre i due terzi dei quartieri di Genova ospitano una quota di persone con una laurea o altro titolo universitario inferiore al 20%. Il dato genovese per il “tasso di scolarizzazione terziaria” è del 17,5%; il valore mediano è 13,4%. La scolarizzazione più di ogni altro indice disegna con precisione il confine tra quartieri benestanti e periferici in una città sempre divisa in due. La quota di laureati supera il 40% lungo la fascia costiera del Levante, in zone come San Vincenzo (40,5%), Puggia (42,1%) e Manin (43,5%) mentre non raggiunge il 10% in tante parti diverse dell’area urbana, come Parenzo (9,9%), Bolzaneto (8,1%), Cornigliano (6,8%) e Borzoli Est (5,0%).
La scolarizzazione è legata con un forte rapporto di correlazione positiva ai valori di reddito e di correlazione negativa ai livelli di disoccupazione. Questo è un dato che può essere spiegato con due ipotesi, che probabilmente si completano: da un lato si può affermare che è più facile trovare un impiego, e un impiego ben remunerato, per chi possiede una laurea, ma dall’altro si può leggere l’immutabilità della mappa, dove i quartieri benestanti di oggi sono praticamente gli stessi di mezzo secolo fa, e l’ampiezza del divario tra i quartieri come l’indicazione di una bassissima mobilità sociale, per cui tendono a laurearsi solo i figli di famiglie benestanti.

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