Sorvegliare e punire a 16 anni?

Genova che osa
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Articolo di Domenico Chionetti uscito sulle pagine de il manifesto di oggi

“I controlli li facciamo in tutte le scuole e ora sarebbe sbagliato interromperli dopo questa tragedia. Ce l’ha chiesto anche la Mamma di andare avanti, perché dobbiamo salvarli questi ragazzi”.
Queste le parole di Emilio Fiora, Comandante del primo gruppo della Guardia di Finanza da cui dipende la compagnia di Chiavari che ha eseguito il blitz.
In queste parole è racchiusa la situazione attuale in cui ci troviamo oggi, paradossale eppura viva nel “benpensare” pubblico dominante.
Varrebbe la pena, ancor prima di parlare di legalizzazione delle droghe leggere, per cercare un dialogo di ragionamento anche con il comandante Fiora, con tutti quelli che la pensano come lui di provare a mettersi nei panni degli adolescenti che provano a “salvare”!
Il ragazzo di 16 anni muore suicida a Lavagna per una perquisizione fuori dalla scuola, che gli troverà addosso dieci grammi di cannabinoidi.
La perquisizione ha poi un secondo atto, in casa sua, ma risulterà negativa, nulla verrà trovato.
Ma a 16 anni tutto questo è stato troppo per lui e non ha retto, si sente perduto: l’auto con il lampeggiante sotto casa, i militari nella sua camera, i genitori che lo redarguiranno, è un attimo, corre verso la finestra e si butta giù.
Queste modalità si ripetono quotidianamente in centinaia di Istituti scolastici Italiani, con effetti più deflagranti nei piccoli centri urbani perché i media locali tendono a dare risalto nella provincia anche a fatti di piccola entità.
Non ci sono dunque logiche educative, nessuna mediazione solo reprimere e colpire con la paura.
Un ragazzo che a scuola viene “beccato” da una cane che gli annusa nello zaino e gli troverà quattro grammi di hashish sarà condannato dalla Scuola, da tutti gli insegnanti, e isolato dai compagni di classe che avranno paura a relazionarsi con lui, condannato dalla famiglia, messo alla gogna dalla perquisizione delle forze dell’ordine come punizione esemplare.
Qui vorrei chiedere al Comandante Fiora, ma ora che lo avete “salvato”, chi lo aiuta e lo salva da questa situazione, voi a 15 o 16 anni come vi sentireste?
Purtroppo il ragazzo di Lavagna non è il primo a rimanere schiacciato da logiche punitive e non sarà l’ultimo.
La narrazione di quello che è successo ieri a Lavagna termina con un paradosso che ci fa perdere completamente, se già non bastasse, il senso di queste azioni.
Lavagna da un punto di vista politico istituzionale è stata ed è tuttora “una montagna di merda” per dirla con le parole di Peppino Impastato.
Un Comune cioè che si è “autosciolto” per mafia, dove il Sindaco finì ai domiciliari e tutta l’amministrazione con buona parte del consiglio comunale si dimise avviandosi così al commissariamento; dove i fratelli ‘ndranghetisti Nucera governano ampiamente il mercato di droga e prostituzione.
In una città così e in periodi di scarse risorse come queste per le forze dell’ordine ci chiediamo se debbano ancora impiegare il loro tempo in questo modo.
A sedici anni è l’età in cui inizi a scoprire cosa ti circonda, le prime esperienze quelle che poi ti permetteranno di essere e vivere con consapevolezza le tue decisioni. Un mondo adulto, se tale fosse veramente, accompagnerebbe questo periodo di vita cercando di dare informazioni, spiegando e facendo in modo che quelle esperienze, qualunque esse siano, abbiano il minor tasso di rischio possibile. Un mondo adulto, non caricherebbe sulle spalle di ragazzi il peso, a volte insopportabile, dello stigma del giudizio e della “repressione”.

Probabilmente però siamo ancora lontani da tutto questo, ancora non siamo capaci di educare veramente e la scorciatoia del punire è quella che meglio si adatta ai nostri tempi.

Solo pochi giorni fa le associazioni che si riconoscono nel Cartello di Genova, “Sulle orme di DonGallo” avevano fatto una conferenza stampa in Parlamento chiedendo per l’ennesima volta una risposta da parte del Governo su questi temi. La Conferenza nazionale sulle droghe, prevista per legge ogni tre anni, non viene convocata da nove anni. Una riforma della legge 309 del ’90, superata dalla realtà e dai tempi, nonostante le associazioni e gli operatori ne richiedano la revisione giace in parlamento.
“Educare e non punire” diceva Don Andrea Gallo è lo sforzo che dobbiamo fare tutti, non sarà semplice in questi tempi ma ostinatamente ci proveremo.
Domenico “Megu” Chionetti — Comunità San Benedetto al Porto

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