Storytelling: quando la sinistra passa al lato oscuro

Lorenzo Azzolini
genovacheosa
Published in
5 min readJul 26, 2016

“Ora sto organizzando questo.”

“Ammazza che botta di novità.”

“Hai visto? Che ne dici?”

“L’avranno presa maluccio a sinistra. Boh te che mi parli di story-telling un po mi fa strano sinceramente. Però è giusto bisogna cambiare.”

Nessuna finzione narrativa o stratagemma retorico, sono messaggi e conversazioni vere.

Fa davvero così strano parlare di storytelling a sinistra? Dalle reazioni che ho raccolto direi proprio di si.

“Ma allora diventate renziani anche voi”… e “Siete passati al lato oscuro?”

Commenti anche ironici ma non negativi, più che altro sinceramente stupiti da questa nostra impostazione.

E allora, lo storytelling, le campagne digitali sono davvero il lato oscuro della politica?

“Il primo ad attingere a pieni mani al concetto di narrazione nel panorama politico italiano è stato Nichi Vendola.”

Questa frase è tratta da un articolo de “il Foglio”, molto critico e sprezzante rispetto al tema “storytelling”. Ma interessante proprio per questo. Anche chi disprezza questa comunicazione attribuisce a Nichi Vendola il suo arrivo nel panorama italiano.

Scrivono sulla Treccani che “tanti sono gli elementi interessanti da analizzare nella comunicazione politica di Vendola, dall’enfasi sulla narrazione all’utilizzo delle metafore, dalla capacità di organizzare un gruppo ampio di attivisti, all’uso attento e innovativo della Rete, fino alla capacità di affidarsi a professionisti della politica competenti, lasciando loro il giusto margine di libertà.”

Nel 2009, anno della nascita di Sinistra Ecologia Libertà, Nichi Vendola e la sinistra radicale sono l’avanguardia dell’innovazione in politica. Merito, certamente, della capacità del leader di parlare e affascinare gli elettori del PD e non solo ma anche della volontà di fare le cose in modo diverso, di giocarsi davvero la partita.

Vendola cambia anche la percezione stessa della sinistra, non più piccola e di testimonianza ma in gioco per davvero. A trascinare questo racconto c’è la doppia vittoria in Puglia, alle primarie e alle elezioni, e poi la stagione dei sindaci arancioni: Pisapia, Zedda, Doria. I sondaggi arrivano a dare Vendola davanti a Bersani nella sfida per la leadership del centrosinistra nazionale.

Marco Doria insieme a Nichi Vendola. Giuliano Pisapia e Massimo Zedda

Sappiamo tutti come andrà a finire. Ma non è questo il punto.

Il punto è che evidentemente nel giro di pochi anni ci siamo dimenticati cosa, nel bene e nel male, facevamo.

Sono tra i fondatori di SEL a Spezia e mi ricordo bene quella stagione. Mi ricordo l’orgoglio, anche dei compagni più anziani, per la novità che rappresentavamo, per la capacità di vincere sfide che sembrano impossibili e per farlo usando nuovi mezzi ribaltando a nostro favore la disparità delle forze in campo.

Per alcuni anni Nichi Vendola resta il politico più seguito sui social network in Italia, il secondo in Europa, mentre SEL è seconda solo al PD. Un lavoro che diventa un vero caso di studio nel campo della comunicazione politica.

Dino Amenduni a Parigi porta il caso di studio della comunicazione di Vendola, di cui è responsabile.

Come ogni storia di successo vive anche dei suoi eccessi. Il 5 ottobre 2011 muore Steve Jobs, fondatore della Apple. Pochi giorni dopo Roma viene riempita da manifesti di cordoglio a nome della federazione romana di SEL.

I manifesti di cordoglio per la morte di Steve Jobs affissi in tutta Roma.

Lo stesso Vendola critica la scelta dei romani su facebook, condannandola come un “abbaglio” e un “increscioso incidente di percorso”. Dietro a questo “incidente” c’è la dimostrazione di quanto profondamente, ed eccessivamente, questa idea dell’innovazione fosse radicata nel gruppo dirigente del partito. Anche in modo un po’ distorto.

Un episodio emblematico se pensiamo che, invece, oggi, pensando a politica e tecnologia non può che venire in mente la passione di Renzi per i prodotti della Apple.

Riguardando questi pezzi della nostra storia, vecchi solo di qualche anno, è incredibile pensare come sia già cambiata la percezione di quello che siamo e facciamo. Non solo tra “gli altri” ma anche tra “noi”.

Quando abbiamo smesso di vincere abbiamo abbandonato quegli strumenti, abbiamo smesso di innovare e ci siamo rifugiati nelle solite confortevoli forme della sinistra più tradizionale.

Anzi, da quando questi strumenti sono diventati di Renzi, di Grillo e di Salvini in molti casi abbiamo iniziato a guardarli male.

Quello che stiamo facendo come Rete a Sinistra è riprendere quel percorso di innovazione. Il web e il digitale sono una grande risorsa, non solo per amplificare la nostra voce, ma soprattutto per coinvolgere e costruire una nuova partecipazione.

Virtuale e reale sono, ormai, due facce della stessa medaglia. Chi non è presente nelle piazze non è presente nemmeno su internet e viceversa. Un esempio che vale per il movimento 5 stelle e anche per la Lega Nord.

Sabato 16 luglio a Genova ci siamo scambiati conoscenze e esperienze dandoci l’obiettivo di realizzare una campagna digitale sul referendum costituzionale pensata dai giovani per i giovani. Nei prossimi mesi organizzeremo altri incontri di questo tipo.

Puntiamo sull’innovazione in modo radicale, guardando con curiosità al meglio di quello che succede nel mondo.

Senza dimenticarci però che i mezzi qualificano il fine e che se facciamo politica non è la tecnica che deve essere messa al centro ma la nostra visione del mondo. Perché, se no, è solo marketing.

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