Tre idee per dare un’anima alle periferie di Genova

Stefano Gaggero
genovacheosa
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4 min readJul 25, 2016

La crisi della nostra città impone di assumere decisioni per migliorare la qualità della vita dei genovesi, queste possono nascere solo dalla conoscenza di Genova e dei suoi quartieri. Ringrazio, pertanto, l’edizione ligure de La Repubblica per l’importante dibattito partito proprio dalle sue pagine, che hanno approfondito lo studio di Rete a Sinistra, “Prossima Genova”.

“Prossima Genova” consiste in elaborazioni sui dati e gli studi dell’Ufficio di statistica del Comune di Genova, in particolare riferiti ai calcoli del 2014, e sui dati dell’ISTAT, riferiti al censimento del 2011. Lo studio è articolato su 10 capitoli e contiene più di 60 mappe interattive.

A volte i numeri raccontano meglio di tante parole lo stato in cui versa un territorio: a Genova, il 68% della popolazione vive in quartieri con aspetti di disagio sociale ed economico, con picchi di particolare gravità lungo il Polcevera. In questa città di periferie, le persone vivono in solitudine: il 45% delle famiglie ha soltanto un componente; il 39% degli anziani oltre i 75 anni abita senza familiari. La quota di residenti con un titolo delle superiori o universitario fa da spartiacque: raggiunge il 72% nei quartieri benestanti, dal Centro storico a Nervi, ma non supera il 50% negli altri. Infine, dal 2007 gli astenuti superano gli elettori che hanno votato il sindaco.

Nel 2007, 200.240 astenuti contro 158.238 voti per Marta Vincenzi; nel 2012, 224.069 astenuti a fronte di 127.477 voti per Marco Doria (al primo turno; al ballottaggio l’astensione ha superato quota 300 mila).

I quartieri deprivati, che si possono definire periferici, sono 47 su 71 e ospitano 402 mila genovesi; tra questi, se ne contano 10 in situazione di grave disagio, quelli appunto concentrati perlopiù tra Sampierdarena e Cornigliano fino a Bolzaneto, dove risiede il 14% della popolazione.
Il tasso di famiglie unipersonali è uniforme in città, anzi le famiglie numerose tendono a concentrasi nei quartieri benestanti.
Invece, il tasso di anziani soli caratterizza i quartieri periferici: su tre quartieri dove è più alto, due sono deprivati; raggiunge a Campasso il 45%, uno dei massimi cittadini.

Trovi tutte le mappe e lo studio completo sul sito reteasinistra.it/prossimagenova

Propongo tre elementi, per avanzare il ragionamento: (1) restituiamo spazi ai cittadini con l’ambizione di pedonalizzare una via centrale in ogni quartiere, per portare aree vivibili alle comunità, servizi e piccolo commercio; (2) diffondiamo le iniziative culturali in tutti i quartieri, con un’offerta diversa secondo uno specifico programma, per animare l’intera città e dare occasioni per muoversi alle persone, nella consapevolezza che Genova non può ridursi, per quanto rilevanti, al Carlo Felice e al Ducale; (3) ripensiamo la rete dei trasporti pubblici, proseguendo i collegamenti in Val Polcevera e realizzando quelli in Val Bisagno e nel Ponente, qui in particolare col potenziamento del nodo ferroviario.

I quartieri della nostra città devono avere lo stesso livello di vivibilità e servizi. Per questo è necessario, come ricordato da Walter Massa, riavviare il decentramento. Secondo l’esempio di Milano, possiamo rafforzare i municipi portandoli a cinque e dotandoli effettivamente del personale e delle risorse necessari per fornire servizi di prossimità. Per favorire la partecipazione, possiamo istituire strumenti come le consulte di quartiere, che mettano in rete cittadini e associazioni, e il bilancio partecipato.

Oggi Genova è una città di periferie. Queste periferie nascono però come paesi e hanno tutte un potenziale, che può essere liberato con un lavoro serio e scelte radicali e coraggiose.

Genova ha bisogno di ricostruire un tessuto urbano dinamico e condiviso. Una città funziona se le persone possono abitare con senso di appartenenza in quartieri belli e vivibili, delle comunità coese nelle quali stringere rapporti solidali, e allo stesso tempo muoversi in tutta l’area urbana, che offre un quadro più ampio di opportunità e relazioni. Senza questi ingredienti non esiste città, anzi si realizza l’anti-città, come l’ha chiamata Stefano Boeri.

Con questo spirito, Rete a Sinistra ha organizzato una riflessione pubblica con vari ospiti, alcuni già intervenuti su queste pagine: Giuliano Carlini, sociologo, Luca Borzani, presidente della Fondazione Palazzo Ducale, Carlo Besana, fra i primi a lavorare sull’intelligenza delle periferie, e Iole Murruni, da quattro anni presidente della Val Polcevera, luogo di servitù ed emblema del fallimento delle politiche sui bisogni. L’appuntamento è lunedì 25 luglio alle ore 18, presso “La Passeggiata Libro Cafè” in Piazza di Santa Croce nel Centro storico genovese.

Articolo pubblica su La Repubblica del 25 luglio 2016

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