Didattica a distanza: un esperimento.

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4 min readMar 11, 2020

In questi giorni particolari, abbiamo fatto un piccolo esperimento di didattica a distanza con un gruppo di ragazzini di prima media. Abbiamo imparato davvero molte cose, e proviamo a raccontarle.

Si fa un gran parlare, di questi tempi, di smart working e didattica a distanza. Mentre il primo lo conosco già bene, visto che siamo abituati a lavorare anche in posti (e orari) diversi, la didattica a distanza non l’avevo mai sperimentata in maniera diretta. Non ero particolarmente preoccupata: sono abituata a fare riunioni in videoconferenza, seguire dirette streaming, ho fatto anche diversi colloqui di lavoro via Skype. Devo ammettere, però, che questa esperienza si è rivelata una grande sorpresa.

Ho utilizzato la piattaforma Google Meet, che è quella che usiamo sempre e che, tra l’altro, Google ha deciso di offrire gratuitamente a tutti i clienti Gsuite fino a luglio 2020 per stimolare la didattica a distanza in questo momento di emergenza.

Innanzitutto, già da mezz’ora prima dell’ora fissata per il collegamento, i ragazzi hanno iniziato a chiedermi il link per connettersi. Non attribuisco questo allo strumento usato, quanto piuttosto alla noia che i ragazzini italiani si trovano a sperimentare in questi giorni. La domanda che mi facevano prima del collegamento era “ma come faremo a vederci tutti insieme?”. Ho quindi scoperto, e ammetto che non lo sapevo, che WhatsApp consente videochiamate con, al massimo, quattro partecipanti. Non vi preoccupate, ho detto io. Infatti Google Meet consente di gestire fino a 250 partecipanti.

Io ne avevo “solo” dodici, e ho scoperto la prima cosa: gli adulti in videoconferenza sono spesso impacciati e non sanno bene quando parlare, i ragazzini sono naturalissimi e si comportano esattamente come dal vivo, dicendo tutto quello che gli viene in mente, contemporaneamente. Ho dovuto quindi farli parlare, uno alla volta. Ognuno ha raccontato come vive questi giorni. Ci sono dei compiti da fare, ma non tanti. Per lo più stanno dai nonni. Ci sono dei videogiochi a cui giocare, soprattutto Browl Stars. Ora gli amici non possono più venire a casa nostra, dice qualcuno molto dispiaciuto.

Nel frattempo, qualcuno aveva problemi tecnici. Non riusciva a attivare il microfono, la fotocamera etc. Io ho iniziato a spiegare quando ho visto che c’era un ragazzino che lo sapeva spiegare molto meglio di me. Ho nominato lui responsabile tecnico. Ogni volta che qualcuno aveva una difficoltà, subentrava lui per spiegare come risolverla. La seconda cosa che ho imparato è quindi che la peer education e la tecnologia vanno davvero bene a braccetto insieme.

Ho dovuto poi chiedere a tutti di silenziare i propri microfoni, perché altrimenti si crea una eco che rende impossibile seguire la conversazione. Inizialmente ho pensato “che cosa fantastica, magari anche dal vivo potessi silenziarli e attivarli a comando” ma ben presto mi sono accorta che la mia modalità di fare lezione, tutta basata sulla costante interazione, non si concilia bene con un microfono silenziato. Tendo a impostare le frasi in modo che siano i ragazzi a completarle, tendo a fare continuamente domande per tenerli attenti, vigili, per sapere che stanno seguendo e capendo.

Non funzionava. Stavo pensando di passare a una modalità più frontale quando, ancora una volta, mi sono venuti in soccorso loro: da soli, hanno iniziato a rispondere alle mie domande in chat. Non solo, hanno iniziato a commentare quello che dicevo e a fare domande. La lezione allora ha preso il via, facilissima e interattiva. In ogni momento sapevo che mi stavano seguendo e cosa pensavano.

Ho utilizzato alcuni oggetti, che avevo preparato prima, e che mostravo in webcam per facilitare il discorso. Questo ha riscosso molto successo. Quando ho chiuso la videoconferenza ero davvero stanca, più stanca che quando faccio lezione dal vivo, ma soddisfatta.

Alla fine mi hanno chiesto “quando lo rifacciamo?”. Lo rifaremo, e adesso so meglio come impostare tutto. Ho quindi deciso di scrivere questo breve contributo per tutti coloro che in questi giorni vorrebbero sperimentare questa modalità.

Riepilogando, alcuni consigli appresi “sul campo” per fare lezione a distanza con gli adolescenti:

1- Impostate uno schema di lezione più preciso e puntuale di quando fate lezione dal vivo. Meno concetti, frasi più brevi.

2- Utilizzate oggetti o vignette di supporto visivo per quello che volete dire. Vi seguiranno meglio.

3- Iniziate coinvolgendo ognuno di loro. Lasciate che parlino, che inquadrino la loro camera, che raccontino qualcosa. Poi chiedete di silenziare tutti i microfoni.

4- Invitateli a utilizzare la chat per commentare quello che dite. Senza rumore di sottofondo, saprete in tempo reale se vi stanno seguendo e cosa pensano.

5- Fatevi aiutare da loro per qualsiasi difficoltà tecnica. Rendeteli co-responsabili della lezione e dello strumento.

6- Alla fine, fate aprire tutti i microfoni e fate parlare tutti contemporaneamente. Godetevi per qualche istante il caos e la confusione. Non ne avevate un po’ nostalgia?

Volendo fare una sintesi, la sensazione che ho avuto in questo primo esperimento è che, incredibilmente, questo esperimento a distanza, mi ha avvicinata tantissimo a questi ragazzi e al loro mondo. La tecnologia accorcia sul serio le distanze fisiche ed emotive e, in questi giorni, è più preziosa che mai.

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