DAGON POINT PT.I
Dom è un investigatore dell’FBI piuttosto atipico; calmo, ordinato, razionale fino all’eccesso. Nulla sembra toccarlo, nulla riesce a impensierirlo. Il suo primo incarico lo porta a investigare su una banda di surfisti amanti delle rapine; ma il loro capo, Masterton, è un personaggio forte e carismatico dal quale Dom non riesce a prendere le distanze. Anche Hookie, la sua giovane ragazza, rischia di coinvolgerlo in una relazione più profonda di quanto non voglia. Sotto la pressione dei capi e delle sue responsabilità, la sua facciata di tutore della legge, solida e affidabile, rischia di incrinarsi irrimediabilmente.
Tra misteriosi rapimenti di ragazze, rituali notturni sulla spiaggia e immagini ossessive e ricorrenti, Dom dovrà affrontare la realtà di un vortice da incubo.
Dom aveva il sedere incollato alla sedia già da diverso tempo.
La luce liquescente del tardo pomeriggio penetrava dalle serrande delle finestre, illuminando le scrivanie ingombre di carte, i computer ronzanti, le mani degli investigatori, larghe, marroni, abbronzate come foglie di tabacco.
Osservare i corpi in camicia corta che entravano e uscivano dalla penombra dell’ufficio gli metteva addosso un piacevole effetto soporifero, smorzato dalle occhiate di sdegno e di vaga curiosità che ogni tanto qualcuno gli rivolgeva. Attendere in silenzio con la tuta da surf ancora addosso e la faccia sporca di sabbia e arrossata dal sole doveva essere una punizione sufficiente, ma Dom sapeva che esporsi per mezz’ora al ludibrio dei suoi colleghi, non era neanche minimamente bastevole a placare l’impazienza dei superiori del Capitano che lo avevano costretto a mollare ogni attività per rendere conto all’ufficio investigativo. In quei giorni, vuoi per il caldo, vuoi per l’improvviso ciclone in arrivo dal Pacifico — che aveva alzato il tasso di umidità a livelli da record– sembravano tutti matti come lepri.
Prese un’altra tazza di caffè amaro dalla brocca panciuta sulla scrivania, nella speranza di togliersi finalmente il sapore di salsedine dalla bocca, ma il familiare sentore di ceneriera e fondo di caffè non riusciva a scrostargli dal palato il gusto del mare, né ci riuscivano i ventilatori che giravano pigri sul soffitto a non ricordargli le eliche di un peschereccio.
Aveva il mare addosso.
Lo aveva dappertutto e non riusciva a toglierselo dalla testa.
– Scusami Dom– il Capitano parcheggiò il sedere quadrato sulla sedia di fronte, la cravatta storta e spiegazzata incollata sulla spilla del distintivo all’altezza del petto — Sei sposato?–
Dom scosse la testa.
– Meno male. Quello che è capace di darti il matrimonio se lo prende il divorzio, e con gli interessi anche. Dunque, vediamo un po’–, il Capitano finse di guardare le carte e intercettò con la sua mole un raggio obliquo proveniente dalla finestra. La sua testa era come un promontorio sabbioso sul quale un quad avesse scavato una pista con grosse e larghe ruote dentate. Un naso dalle narici schiacciate, da pugile, gli occhi come la cupola limpida di una bomboniera di vetro, la pelle grigia, color ematite, butterata di cicatrici da varicella.
Finse di guardare le carte e spostò la sedia accanto a lui con un terribile rumore scricchiolante. Come i tossici, il Capitano aveva l’abitudine di parlare a dieci centimetri dalla bocca, evitando di fissare gli occhi, concentrandosi solo sul suono della voce, un’abitudine che Dom giudicava poco ortodossa e ancor meno professionale.
– Vorrei che tu mi spiegassi una cosa Dom– ,disse il Capitano portandosi le mani giunte all’altezza del naso schiacciato, — Tu sei un bravo ragazzo, vero?
Dom scosse la testa, “Non di nuovo, Gesù. Non oggi.”
Il Capitano aggrottò le sopracciglia sottili sulla pelle da rinoceronte e prese un fascicolo dal cassetto della scrivania.
– Qui è scritto che sei laureato in psicologia criminale e hai un master in Antropologia applicata ai contesti urbani. Giusto?–, disse senza neanche osservare i fogli. — Avanti, confessalo, passi per la psicologia, ma Antropologia si segue all’università per un solo, semplice, scopo…
Durante la pausa ad effetto il capo si concesse il lusso di guardarlo negli occhi.
– …varrebbe a dire per l’immensa quantità di passera che pullula in ogni dove. –
Dom lo fissò con aria risentita ma il Capitano non ricambiò lo sguardo. Stava già osservando un punto lontano, oltre le sue spalle.
– Vedi– ,proseguì, — Facciamo conto che io sia tuo padre, Dio me ne scampi, ho già due figli piccoli e quella stronza di mia moglie sta facendo di tutto per farsi dare l’affidamento. Dicevo, facciamo caso che io sia tuo padre. Sono un padre modello, non molto ricco ma diligente. Mi spacco la schiena tutto il giorno per mantenere la famiglia, lavoro come un mulo, come un negro, o un taco imbottito di coca. Un giorno, sedendomi alla scrivania, mi arriva una nota spese della lunghezza di un poema di Elliot,– prese un altro foglio e lo sventolò sotto il naso di Dom. La carta puzzava di sudore e di colla a poco prezzo.
– Leggo le voci,– disse il Capitano, fingendo di inforcarsi gli occhiali. — 200 dollari per attrezzatura da sub ultimo modello -color pervinca-…ottima scelta, adoro il pervinca, mi piacciono le violette di campo…600 dollari per un pick up di seconda mano, pagato in contanti da un rivenditore– color rosso metallizzato– una scelta opinabile, un pick up rosso, secondo me, fa l’effetto di un pugno in un occhio. Ora viene la parte bella…1500 dollari per tre tavole da surf, pagate con assegno a carico del dipartimento di Stato.
Appoggiò le carte al tavolo con una smorfia sorpresa e Dom si preparò ad affrontare il colpo. Avrebbe avuto maggiori probabilità di cavarsela se avesse mantenuto il contatto visivo, ma il Capitano era sfuggente, forse aveva avuto problemi con l’autorità da piccolo.
– Ora, se io fossi il paterfamilias, e mi trovassi di fronte una nota spese del genere, come mi dovrei regolare? Bada bene, a me il pelo piace. Mia moglie era, è , una donna meravigliosa con tutti i suoi difetti. Abbiamo frequentato l’università insieme, le ho permesso di mantenere il suo cognome da signorina, ma ti confesso che, ogni tanto, ho sentito il desiderio di andare a caccia di qualche bell’animale da letto, riempiendolo di regali costosi. Ciò non toglie che le volessi comunque un bene dell’anima, e che la mia fedeltà coniugale andasse comunque a lei. Capisci quello che intendo, Anderson?-
- Capisco, ma…-
- Buono, buono, non siamo arrivati ancora al punto- ironizzò il Capitano.
Dom non condivideva questa forma di difesa psichica. Il distacco emotivo, dalle situazioni e dalle persone, era spesso molto più efficace di mille metafore relazionali vomitate sul bancone di un bar.
– Ora il padre modello di cui parlavo non sono io–, proseguì il Capitano lisciandosi la cravatta di seconda scelta, –Piuttosto, il vecchio e catarroso Signor Dipartimento di stato. Capiamoci bene, tu hai tutta la mia simpatia, sei un ragazzo a posto, ti stimo dal profondo.Vorrei solo saperne di più su quanto hai scoperto, prima che il Dipartimento di Stato tiri fuori la cinghia al pensiero che tu abbia fatto regali costosi solo per portarti a letto qualche passera con gli omaggi del contribuente. Ecco, ho detto tutto.
Dom prese un respiro profondo e osservò la tavola da surf giallo limone appoggiata alla vetrata della sala interrogatori, la osservò come l’idolo di un dio al quale implorare una preghiera.
Ora doveva applicare a sé stesso quanto sperava di applicare agli altri. Distacco emotivo.
– L’operazione Esse 27 è nata come un’operazione di sorveglianza–, iniziò in tono neutro e con gli occhi bassi, l’atteggiamento di chi non vuole guai, –Lopez e Keynes dovevano seguire gli spostamenti di una banda di ragazzi, poco meno di una dozzina, di età variabile tra i venti e i trentacinque anni.-
– Vedo che conosci bene la storia,– disse il Capitano, — Vai avanti.
– Per un po’ di tempo gli sono stati col fiato sul collo. Hanno individuato rapporti stretti fra i ragazzi della Esse 27 e alcuni clan di bikers per il controllo dello spaccio di droghe sulla costa della California. Hanno organizzato qualche retata, sequestrato un bel po’ di roba, anche pesante, ma non hanno trovato prove dirette che conducessero alla Esse 27.-
Il Capitano finalmente lo guardò negli occhi e sorrise, un sorriso odioso, da primo della classe:
– Continua, ti prego-
Dom prese un altro respiro, il momento del confronto stava arrivando, lo sentiva crepitare nell’aria come elettricità statica. Dom se lo aspettava.
– Il Dipartimento di Stato ha deciso di trasformare quella che inizialmente era una semplice attività di monitoraggio e pedinamento in un’operazione di infiltrazione, e sono entrato in gioco io. Quella nota spese, per come la vedo, è un effetto di quella scelta–
Il Capitano fece un lungo fischio. Un insulso fischio da tifoso dei Lakers che tremolò nell’aria per almeno dieci secondi.
– Parole un po’ stringate per un laureato in Psicologia con un master in Antropologia criminale–
Dom ignorò la storpiatura dei suoi titoli, la stanchezza e la spossatezza provocate dal nuotare tutto il giorno nell’Oceano si stavano trasformando in disperata determinazione. Arrivato al punto in cui era arrivato non poteva permettersi di perdere la fiducia dei capi. Aveva l’impressione che il ventilatore sopra la sua testa iniziasse a girare sempre più velocemente e che la corrente d’aria lo stesse risucchiando, come un pesce fra le eliche di un peschereccio.
Prese un sorso di caffè e si schiarì la voce, sforzandosi di mantenere un tono neutro.
– Ho fatto grandi progressi con la Esse 27– disse dopo poco — Hookie mi ha presentato al gruppo circa due mesi fa e da quel giorno ho fatto di tutto per farmi bello col capo, Masterton. È un patito del surf, non rivolge parola a chi non sa stare in piedi sulla tavola, perciò, ho dovuto fare un corso accelerato. Sono molto competitivi e non fanno sconti. Vogliono che diventi “animale”, questo dicono, che la natura del mare diventi parte di me.–
– Sono commosso, credimi, molto commosso– commentò il Capitano — Di solito sono refrattario a queste cazzate New Age, come l’olio all’acqua, ma questa metafora mi ha fatto uscire una lacrimuccia — tirò su col naso, scosse la testa e prese un altro fascicolo dalla scrivania.
– Parliamo di questa signorina Hookie. Janet Parker, per le anagrafe.–
Dom dovette resistere all’impulso di tirarsi indietro. L’alito del Capitano odorava di pesci putrefatti, di meduse lasciate a marcire al sole. Prese un altro respiro e il sapore del mare che gli impastava la bocca gli venne in soccorso.
– Hookie è il soggetto preferito dai pescecani dell’Esse 27. Etnia bianca, giovane, senza precedenti penali, senza genitori o parenti. Cresciuta in un orfanotrofio a S.Francisco, trasferita sulla costa per lavorare in un negozio di articoli sportivi. L’ho conosciuta lì–
Il Capitano prese una foto dal fascicolo e la osservò con i suoi occhi limpidi. Dom non riuscì a resistere alla tentazione di allungare una mano per prendere il pacchetto di sigarette dalla tasca e si sentì uno stupido quando si ricordò di avere ancora la tuta di neoprene addosso.
– E’ bionda anche di sotto?– chiese il Capitano mostrando la foto. Il viso sbarazzino e vagamente triangolare di Hookie osservava un punto distante, fra le labbra sottili e disegnate di nero una sigaretta. Dom fece spallucce, allungò una mano e prese una sigaretta dal pacchetto sulla scrivania senza chiedersi come avrebbe reagito il Capitano.
– Siamo diventati intimi– disse mentre recuperava l’accendino dalle scartoffie — È una brava ragazza, lavoratrice, con una predisposizione naturale per il surf. È stata lei a insegnarmi come tenermi dritto sulla tavola, seguire la corrente, spingere con i reni e tutte quelle altre robe–
Prese una lunga boccata. Tabacco e salsedine, come fumare una sigaretta al mentolo.
– E’ una disadattata. Conosce tutti sulla spiaggia ma non lega con nessuno, ha troppa paura di essere rifiutata. È stata lei a farmi conoscere Masterton. Quando ha saputo che volevo entrare nella sua banda ha diminuito drasticamente le nostre uscite. Non si fida.–
“ E fa bene se sapesse tutte le informazioni che sappiamo noi”.
Il Capitano si tormentò una crosticina sul sopracciglio e prese un’altra foto. Si era fatto improvvisamente serio e concentrato. Dom non concesse a sé stesso di esultare per questa piccola vittoria.
– Parliamo di Masterton-
Il suo atteggiamento sembrava drasticamente cambiato. Sembrava quello di un professore durante l’interrogazione di storia dell’Indipendenza.
Dom era pronto all’evenienza di essere spremuto come un limone dai suoi capi.
Prese un’altra boccata di fumo e lo trattenne in bocca prima di espirare verso le pale del ventilatore.
- A giudicare da quello che vedo, Masterton non si direbbe un figurino– commentò il Capitano.
Dom ammise che la foto in bianco e nero non rendeva giustizia al personaggio.
Masterton era un ragazzo di età indefinita fra i venti e i trent’anni, l’età in cui i body builder sviluppano al massimo la propria potenza muscolare. Dalla stampa patinata i muscoli del petto e delle spalle risaltavano lisci e tondi fra i tatuaggi tribali, vagamente serpentiformi, dando l’impressione di stare osservando il prossimo probabile candidato al titolo di Mr. Olympia. Poi si fermavano bruscamente dal collo in sù. Le ossa del viso premevano contro la pelle tesa e tirata di un tossicodipendente, le occhiaie profonde, il naso dritto, aquilino, incastrato fra due zigomi sporgenti e un mento appuntito e crudele. Nemmeno i capelli lunghi e biondi tenuti fermi da una bandana colorata riuscivano ad addolcire i lineamenti del volto.
– Su Masterton ho appreso molte informazioni, più di quante Lopez e Keynes siano riusciti a raccogliere fino ad ora–
– Cos’hai raccolto più di noi, stronzetto?–
Come evocati dalle tenebre i due tenenti entrarono nel campo visivo di Dom, stagliandosi contro lo sfondo color pompelmo della tavola da surf. Lopez era un portoricano dalla pelle olivastra, Keynes era il tipico nordamericano di origini irlandesi, lentigginoso e rosso di capelli, anche se l’abbronzatura aveva contribuito a spellarlo in più punti. Le camicie sgargianti hawayane cadevano flosce sopra i corpi mollicci. Insieme formavano la coppia “Olive–Onion”, come l’avevano ribattezzata nel dipartimento. Oliva verde e Cipolla bianca. Dom fu costretto ad ammettere che il nomignolo calzava loro a pennello.
– Stai guardando la tua tavola, Dom?– disse Oliva — Ti serve per stirare un paio di camice?–
–Ignorali– disse il Capitano — Oliva e Cipolla sono i classici bulli della scuola. Abbaiano ma non mordono.–
– Questo è ancora da vedersi, Capitano– disse Cipolla — Se questo cretino qui davanti non condivide le sue informazioni con noi possiamo trasformarci in mastini con uno schiocco di dita.–
Dom prese un altro respiro e il sapore del tabacco e del pessimo caffè, per poco, non gli fece rigettare il contenuto dello stomaco sulla scrivania. Sarebbe stato difficile a quel punto comporre in toni civili la discussione con i suoi colleghi.
– Stavi dicendo, coglione?– disse Oliva con un sorriso storto.
Dom spense la sigaretta e chiuse per un attimo gli occhi. C’erano cose più importanti nella vita che tirare un pugno in faccia a due incompetenti; una doccia calda, un paio d’ore di sonno, un paio di scopate con Hookie mentre il sole si immergeva lentamente nella baia, e poi il mare di notte, piatto come l’olio, caldo come un ventre in cui immergersi e al tempo stesso forte, subdolo, ingannatore.
– Come stavo dicendo– proseguì in tono neutro — Ho scoperto diverse cose interessanti sul passato di Masterton, grazie ad Hookie e a Scrub, la specie di “istruttore” e guru che mi hanno affiancato. Masterton è stato nell’esercito per due anni, poi in Marina da cui è stato congedato con disonore. Pare che durante alcune manovre al largo del New England abbia provocato un incidente che ha coinvolto almeno tre membri dell’equipaggio della corvetta su cui prestava servizio. Tre dispersi in mare, ci sono state delle inchieste. Accuse di omicidio ma nulla che si potesse provare con elementi tangibili. Sembra che durante una tempesta Masterton abbia spinto in mare i compagni appoggiati alla balaustra, nessuno sa per quale motivo. Si sarebbe difeso dicendo che il ponte era scivoloso e che, per aggrapparsi alla ringhiera, abbia inavvertitamente urtato i ragazzi–
– Non c’è dubbio– commentò il Capitano indicando la foto — Come si farebbe a non credere a questo bel faccino?–
- Abbiamo controllato ma le informazioni sono ancora confuse- disse Cipolla allo scopo di mostrarsi zelante — Stiamo incrociando i dati avuti dal Ministero e dagli Archivi di Stato-
– Dopo il congedo…- proseguì imperterrito Dom — Masterton ha rubato una macchina e si è diretto verso ovest. Fra autostop e altri furti ha attraversato gli stati centrali, stringendo amicizia con i clan di bikers che poi lo hanno seguito fino in California giurandogli fedeltà. Una volta arrivato qui ha tirato sù una banda di ragazzi, tutti elementi dalla fedina penale sporca e le idee confuse. Almeno la metà di loro hanno precedenti per spaccio e violenza domestica, l’altra metà sono ragazzi disadattati che campano di piccoli furti, troppo giovani per rappresentare una minaccia. Li chiama “ goonies” e li utilizza spesso per fare commissioni di vario genere, li usa come corrieri o come pali quando ha il sospetto che la polizia stia per venire a ficcare il naso sulla spiaggia– l’ultima frecciata era diretta a Oliva e Cipolla.
– Dicci qualcosa che non sappiamo– disse Oliva da sopra la sua spalla — I tipi come te sono come quei ragazzi che vogliono fare a botte quando qualcuno vuole ballare con la loro ragazza. A proposito, la tua troietta sa ballare?-
Dom si sollevò di scatto dalla sedia. Il caldo era soffocante, si addensava in pesanti gocce di sudore sopra la fronte e dietro il collo rasato. Il puzzo del tabacco, il sapore del caffè, l’odore stantio di quei corpi sudati che si agitavano nella penombra, fantasmi di fumo dall’alito pesante, odoranti di aperitivo a poco prezzo e di riviste patinate, fascicoli polverosi e carta di seconda mano. Si sentiva mancare.
Masterton aveva ragione su una cosa: “Niente è più pulito del mare, nulla al mondo può darti quella atmosfera assolutamente asettica. Buttati in acqua bellezza, non temere l’oscurità”.
– Ehilà, c’è nessuno?– era Cipolla che parlava a pochi centimetri dal suo orecchio, sopra il ronzio costante del ventilatore, quello sporco ventilatore e le sue pale rugginose che lo attiravano come un pesce segue la corrente, verso l’inevitabile incontro col coltello sul banco da pesca.
– Voi dovete smetterla di finirmi tra le palle– mormorò — È la mia pelle quella che rischio giorno dopo giorno mentre voi andate avanti e indietro con quella schifosa utilitaria che ha scritto “polizia” su tutti i lati– Oliva aprì bocca e disse qualcosa ma Dom non riusciva a sentirlo, il rumore del ventilatore che si muoveva lento sopra di lui era troppo forte — Non me ne frega niente se avete i presupposti per un’irruzione. Me li sono lavorati tutti, mi sono fatto amico Masterton e quelli che contano, sono a un passo dallo scoprire dove tengono nascoste le ragazze. Non manderò tutto a puttane perché due sbirri di merda, nemmeno troppo attenti, vogliono insegnarmi come si fa il mio mestiere.–
Dom stava fissando Oliva dritto negli occhi, era quello il suo bersaglio. Cipolla puzzava di stantio, come un pugno di uova di quaglia andate a male. L’odore tipico della paura. Poteva sentirlo forte sopra la nota di salsedine che gli riempiva il palato. Ma Oliva era un’altra faccenda, se ne stava davanti a lui con un mezzo sorriso, gli occhi color nocciola più aperti del normale, la mascella pronta a serrarsi di scatto poco prima di assalire o di essere assalito. Era calato il silenzio. Non sentiva più il ventilatore, anzi, non sentiva più l’accenno di un rumore. La sua reazione, per quanto contenuta, aveva contribuito a zittire tutto l’ufficio e a concentrare l’attenzione su di lui.
– Ora vediamo di mettere le tessere nella giusta sequenza– disse il Capitano come se nulla fosse, le gambe accavallate, la matita fra i denti. Sembrava lui, adesso, lo psicologo.
– Dom, tu hai detto che sei vicino a scoprire il luogo dove tengono le ragazze, come fai a essere certo di questa informazione?–
– Perché finalmente hanno chiesto di Hookie– rispose, sempre guardando Oliva negli occhi.
“Dio, quanto avrei voglia di staccargli la faccia a morsi. Con una mano entrerei nel palato, gli tasterei la gola, scenderei giù nella trachea, fino allo stomaco gorgogliante, per assaggiare la sua bile. Quanto vorrei che il suo sapore fosse aspro e metallico come me lo immagino. Avrebbe lo stesso sapore delle uova di muggine? Avrebbe lo stesso sapore amaro di quelle alghe con cui Masterton prepara la sua eucarestia?”.
– Ci sono almeno sei ragazze nel gruppo e sono tutte entrate nell’Esse 27 durante l’ultima settimana– proseguì, sforzandosi di mantenere un tono piatto e non provocatorio. Man mano che il suo tono diminuiva di intensità, il cuore lo seguiva decelerando i battiti. L’odore di Oliva cambiò, era amaro come quello di Cipolla, con una nota eccitante. Odore di sospetto.
– Stanno preparando una cerimonia in grande stile . Stanotte andremo al largo a fare surf sulle onde più alte, e i capi si porteranno le ragazze dietro, posso scommetterci sopra quello che volete. So che almeno uno di loro possiede un motoscafo, forse gli altri, uno o più motoscooter. Non so come li abbiano ottenuti, forse li hanno rubati, ma so che ce l’hanno– tornò a fissare il Capitano il cui aspetto trasandato, questa volta, sembrava essere quasi rassicurante.
– Con un po’ di fortuna mi porteranno al loro nascondiglio e poi mi accompagneranno a terra, allora potrò chiedere rinforzi via radio–
Il Capitano rimase a meditare per qualche istante. Oliva non era più una minaccia ma a Dom sembrava di bruciare, doveva togliersi immediatamente da sotto il vortice di quel ventilatore.
– Troppo rischioso– disse il capo alla fine — Se ti porteranno al largo non potremo più tracciarti, non sapremmo dove ti trovi fino al tuo ritorno a terra, ammesso che tu possa ritornarci.–
– Capo– disse Dom, e cercò di sembrare deciso anche se la nausea lo incalzava — Negli ultimi due mesi sono scomparse più di dodici ragazze. Nessuna traccia, nessun nascondiglio, nessun indumento o indizio ritrovato. Stasera, sono sicuro, ci sarà la cerimonia, non possiamo lasciarci sfuggire un’opportunità come questa. Conosco i rischi.–
– Sì, ma potresti anche farti prendere la mano– replicò il Capitano — Da quello che vedo hai preso la situazione con la massima serietà–
– In teoria, si potrebbe fare– ,disse Oliva. Dom non se lo aspettava, un fulmine a ciel sereno.
– Abbiamo già fatto alcune prove in passato– , e batté con le nocche sulla superficie del surf giallo,
– In questo trabiccolo abbiamo inserito un vano. Dom potrebbe nascondere una pistola, una ricetrasmittente e tracciare la sua posizione. Nel caso in cui le cose si facessero complicate potremmo arrivare con la guardia costiera e circondare il posto.–
– Facciamolo– disse il Capitano — E che Dio ci assista. Non riuscirei a dormire sapendo di avere sei ragazze morte sulla coscienza–
Dom attese che gli investigatori e il capo discutessero dei dettagli, poi si allontanò, sapendo bene che qualunque cosa avessero deciso di fare non era di sua competenza. Lui avrebbe dovuto essere un osservatore partecipante, garantire che non facessero del male a Hookie e alle ragazze. Il suo compito era semplicemente questo. Questo e tornare in mare.
– In bocca al lupo stronzetto– , la voce di Oliva gli giunse da sopra le spalle. Il rumore penetrante del ventilatore non lo abbandonò fino a quando non si ritrovò in strada, sotto il sole rovente del pomeriggio.
(CONTINUA…)
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