Resistere o lasciare andare?

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Oggi mi hanno rubato il lavoro.

Ho appena scoperto un collega che si occupa della mia stessa tematica, e che, come me, opera nelle scuole.

Puoi immaginare la mia rabbia: come è possibile che un’altra persona, per giunta meno preparata e competente di me, con meno esperienza sulla materia, possa svolgere un lavoro che dovrebbe spettare a me?

Poi l’illuminazione: il mio campo di indagine, ossia quello degli adolescenti ed il loro rapporto con le nuove tecnologie, è in Italia ancora agli inizi.

C’è ancora un pensiero selvaggio, io lo definirei indefinito.

Non si capisce ancora chi dovrebbe occuparsi di cosa.

D’altra parte c’è ancora scarsa consapevolezza: molte figure coinvolte, genitori, educatori, psicologi, assistenti sociali, insegnanti, sono disorientate, fanno fatica a capire i confini e gli ambiti, le singole parti in cui il problema è suddiviso.

Ancora di più, fanno fatica ad individuare la figura migliore per il singolo pezzettino di intervento.

Manca consapevolezza, dinamica tipica di un campo di indagine ancora agli inizi.

Resistere o lasciare andare?

Resistere, ossia arrabbiarsi perché qualcuno ti ha rubato il lavoro, oppure lasciare andare la ruota della vita, anche quella professionale?

In un Mondo sempre più indefinito, in cui i confini tra i Saperi sono sempre più sfumati, ha ancora senso rinchiudersi nel proprio recinto, puntando il fucile allo straniero invasore?

Il Mondo di oggi chiede circolarità, pretende connessioni, e condanna l’unilateralità e l’isolamento.

Li allontana, li schiaccia, gli impedisce di agire.

Il Web favorisce tutto ciò, sfuma i contorni, stravolge le tassonomie, confonde i significati, crea un Mondo in cui conta il risultato, in questo caso l’impegno sociale.

Accorgersi che stiamo tutti lavorando per un obiettivo comune: portare consapevolezza del fenomeno.

Perché dalla consapevolezza nasce la percezione dell’esigenza, e da questa deriva la domanda.

Singolarmente siamo concorrenti, nel momento in cui allarghiamo il nostro vertice di osservazione scopriamo che siamo una squadra, forse poco coordinata, poco consapevole delle sue potenzialità, ignara del gioco dei propri compagni di avventura.

E allora che cosa fai quando incontri il tuo “competitor”?

Gli punti il fucile contro, oppure entri in questo circolo di scambi e di connessioni?

Difficile lasciarsi andare, quando il Mondo di prima ti ha insegnato che homo homini lupus, che mors tua vita mea.

Ma soprattutto ci vuole coraggio.

Lasciarsi andare al Flusso, incontrare vortici burrascosi, attraversarli soffrendo per uscirne più forte.

Ne hai veramente il coraggio?

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