nicola castello
Riflessioni in bianco e nero
2 min readOct 2, 2015

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Ombre

Le sue mani erano segnate da profonde rughe. A lei piaceva immaginare che ognuna di esse nascondesse un segreto mai svelato.
Passava ore ad osservarle, scrutandone con attenzione ogni minimo movimento. Spesso si ritrovava a confrontarle con le sue, così minute, piccole, delicate. Mani di chi aveva appena iniziato il lungo percorso della vita. La sera, quando era a letto, si metteva sotto le coperte lasciando fuori solo gli occhi e gli chiedeva di farle la solita magia. E lui era felice di accontentarla. Allora quelle grosse mani rugose, segnate dal tempo, sembravano animarsi di vita propria. Muovendosi con abilità e con una grazia quasi innaturale, proiettavano sul muro ombre di mille animali diversi, spesso reali, a volte immaginari.
Quando terminava, rimaneva lunghi istanti a fissare il muro, vuoto, poi guardava il nonno con un pizzico di tristezza. Immaginava quelle ombre imprigionate tra la luce ed il muro e nutriva sempre in sé la speranza che un giorno quelle ombre potessero animarsi ed iniziare a vivere di vita propria e non a sopravvivere solo come proiezioni delle luci. E quindi chiedeva sempre a suo nonno se le sue mani potessero esaudire questo suo desiderio. Il nonno sorrideva, le poggiava una mano sul capo in silenzio e poi, uscendo lentamente dalla camera, rispondeva che no, le sue mani non erano magiche e che quelle ombre non avrebbero mai potuto animarsi e vivere. Lei però si rifiutava di credergli e si addormentava serena, certa che ci fosse magia in quelle mani; la stessa magia che la proteggeva mentre dormiva.
Una sera, una sera come tante, una calda sera d’estate, mentre il nonno riproduceva sul muro l’immagine di un cervo, questi sembrò muoversi da solo, autonomamente, senza seguire il movimento di quelle vecchie mani.
Inizialmente solo un poco, poi sempre di più, come se fosse vivo, reale. Ad un certo punto l’ombra iniziò a correre sul muro, si avviò verso la finestra aperta e saltò fuori, verso il bosco. Entrambi sentirono distintamente lo scalpiccio degli zoccoli sui rami secchi. I due si fissarono negli occhi. Il nonno era madido di sudore, ed aveva gli occhi fissi e sbarrati mentre la osservava.
Lei, tranquilla, si limitò a dire con voce serena:
“hai visto nonno, lo sapevo che le tue mani erano magiche. Ed il cervo non si limiterà più a sopravvivere tra le ombre, ma potrà finalmente vivere la sua vita”

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