UN TUFFO DENTRO JOSIP

Nicola Maria Fioni
Riflessioni sportive
4 min readAug 12, 2020

Dalle mie parti, nella bassa lombarda, “andare giù di testa” è un detto piuttosto comune.
Letteralmente uno va giù di testa quando perde lucidità mentale e non connette più, quasi stesse affogando.

Questo non è un trattato di psicologia e perdere il senno come Astolfo nell’Orlando Furioso può capitare a tutti, ma c’è chi per natura o per traumi pregressi, la testa tende a perderla più degli altri.
Molte persone hanno richiesto cure psicoterapeutiche durante la quarantena e nel periodo successivo al lockdown, a causa dello stress post traumatico e decine di altri disturbi e turbe psicologiche.
L’arrivo del covid-19 è stato probabilmente l’evento di massa più epocale dall’inizio del millennio al pari dell’11 settembre, ma con strascichi ancor più evidenti.
Eppure per qualcuno il 2020 sembrava l’anno in cui i tasselli cominciavano finalmente ad incastrarsi meticolosamente: c’è chi nel 2020 sembrava aver trovato la serenità.
Fra tutti un giocatore di calcio sloveno: Josip Ilicic.

È il 10 marzo e Ilicic è nello stato di grazia più alto di tutta la sua carriera.
Da inizio 2020 ha già segnato 10 gol: 8 in campionato, 1 in Champions League e 1 in Coppa Italia, forgiando anche innumerevoli occasioni da rete e assist per i compagni.
La pandemia pare essere appena iniziata, in Italia è stato da poche ore dichiarato il lockdown e l’’Atalanta va a giocare a Valencia il ritorno degli ottavi di Champions League allo stadio Mestalla.
Passano pochi secondi e il numero 72 ha già guadagnato e realizzato un calcio di rigore.
Entro il primo tempo ne rimedia un altro, grazie al tocco di mano di Diakhaby, e lo trasforma.
La partita però è divertente e combattuta, e quando il punteggio segna 3–2 per la squadra di casa, e il fantasista della Dea ha la forza di segnare il suo terzo gol.
Sembra voler chiedere il cambio, cammina sulla linea della metà campo, quasi fosse pago, serafico. Invece Mister Gasp lo tiene in campo e così sigla, prepotente, il quarto gol.
La sua squadra vince 3–4, è ai quarti di finale di Champions League.
La situazione sembra surreale, incredibile: c’è chi parla di Pallone d’Oro, chi comincia a definirlo la rivelazione sportiva dell’anno. L’ex calciatore viola è sulla cresta dell’onda.
E invece da allora, il default.

Si è discusso molto su quale sia la ragione della scomparsa di Ilicic dai campi.
Ma in questo momento francamente, quale sia la goccia che ha fatto traboccare il vaso, passa in secondo piano, perché la ricerca della serenità è un tema molto più radicato e profondo di un singolo episodio.

Quella del calciatore sloveno infatti è una storia tortuosa, tutta spigoli e poche curve dolci.
Al di là dell’infanzia tipica del ragazzino balcanico nato a cavallo fra gli anni 80 e 90, il nativo di Prijedor (Bosnia-Erzegovina) è sempre stato un giocatore discontinuo, dalle poche garanzie.

Arrivato in Italia dal Maribor sbarca a Palermo con il suo compagno di squadra Bacinovic; a detta del DS del tempo Sabatini, il centrocampista di cui ormai si sono perse le tracce era l’acquisto sicuro, mentre Ilicic era la grande incognita, un enorme punto di domanda.

Durante il periodo in viola è allo stesso modo altalenante, si pensa che nelle ultime due stagioni conta in entrambe trenta presenze in campionato con rispettivamente 13 e 5 gol.
Ma soprattutto è fra tutti i compagni di spogliatoio di Davide Astori quello che appare più scosso e sensibile alla sua scomparsa, tanto da scoppiare in lacrime durante il minuto di silenzio dedicato al numero tredici.

E così come quando una penna viene colta dal blocco dello scrittore, mi trovo nella testa di Ilicic e comincio a chiedermi, ha davvero senso fare qualcosa se sai che alla fine, in un attimo, la tua vita potrebbe finire.
Perché Ilicic nel momento in cui poteva raccogliere tutto è tornato in Slovenia e si limita a mandare messaggi d’affetto ai compagni di squadra tramite Instagram?
Perché non è stato inserito nella lista dei convocati per le final eight di Champions League?
Raggiungerà mai i compagni questa sera?

Sono tutte domande retoriche e ognuno può guardare dentro se stesso e rispondersi.
Ciò che conta quando si “va giù di testa” è uscire dalla melma e la testa tirarla su.
Con l’augurio che l’uomo Josip possa tornare ad amare quello che forse fa meglio al mondo, sapendo che realizzarsi è tanto difficile, quanto bello, e forse l’unico modo per dare davvero senso alla propria vita.

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