Diritti come pietre

Rights and Stones
rightsandstones
Published in
5 min readSep 16, 2020

di Patrizio Gonnella*

Nel 1955 Piero Calamandrei, insigne giurista, tenne a Milano, nel Salone degli affreschi della Società Umanitaria, un discorso sulla Costituzione in cui così si rivolgeva agli studenti universitari e medi: «La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità». Dunque è responsabilità individuale, sociale, comunitaria, politica, tenere alta la cultura costituzionale del nostro Paese. La Costituzione è uno spettro attraverso cui guardare in profondità il nostro mondo e cercare di renderlo più a dimensione di uomo, di donna, di bambino. Essa non è una noiosa elencazione di principi, direttive, prescrizioni organizzative. È cuore e cervello della nostra democrazia rappresentativa. È essenza per un benessere diffuso equamente distribuito. La nostra Costituzione ha anticipato quella cultura sovra-nazionale dell’interdipendenza e dell’indivisibilità dei diritti sociali, culturali, civili, politici ed economici che oggi qualcuno, nel nome di una falsa sovranità autolesionista, vorrebbe definitivamente archiviare. È dunque interesse, nonché dovere politico e morale di tutti noi, singoli e associazioni, studenti e professori, governanti e governati, cittadini e politici, attraverso l’impegno sociale e politico, dare vita alla Costituzione.

Così proseguiva Calamandrei: «Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica». La Costituzione è patrimonio democratico che va salvaguardato, promosso e attualizzato. Bisognerebbe studiare le biografie dei nostri padri costituenti per rendercene conto e per capire quale grande classe umana e politica ha costruito, tassello per tassello, la Carta Costituzionale. I 556 componenti dell’Assemblea costituente non poterono che essere eletti con il sistema elettorale proporzionale in quanto avrebbero dovuto rappresentare tutte le anime politiche e le ideologie dell’epoca. Dopo la tragica esperienza del regime fascista, fatta di violenza criminale e di guerra, il multipartitismo e il rispetto delle minoranze non poteva che essere la clausola di salvaguardia contro i rischi di derive maggioritarie e declini autoritari. Solo il sistema elettorale proporzionale avrebbe costituito una vera garanzia contro queste distorsioni.

La Costituzione era dunque stata scritta da chi aveva lottato per la libertà e aveva sofferto la durezza della repressione del regime nazi-fascista: «Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione». Ecco il messaggio dinamico di Calamandrei. Un messaggio fortemente politico, perché solo credendo nella politica e partecipando ad essa come attore pubblico (in tutte le forme consentite), si costruisce una società più giusta. La politica non è una brutta cosa, spiegava Calamandrei ai ragazzi: «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?”. Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: “Ma siamo in pericolo?” E questo dice: “Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda”. Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno. Dice: “Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda”. Quello dice: “Che me ne importa? Unn’è mica mio!”. Questo è l’indifferentismo alla politica». L’indifferenza si combatte con la responsabilità, la partecipazione, l’impegno sociale. Si combatte rispettando la funzione politico-parlamentare, fulcro della ricetta anti-autoritaria della nostra Costituzione. Nei prossimi giorni andremo a votare il referendum confermativo che riforma la nostra Costituzione agli articoli 56, 57 e 59 riducendo di circa un terzo il numero dei parlamentari. Posto che i nostri costituenti hanno scritto pagine memorabili di storia giuridica e politica lavorandoci incessantemente non per pochi giorni, ma per un lungo glorioso anno e mezzo (giugno ’46-dicembre 48), e che tutte le riforme costituzionali sinora approvate o discusse nel nome della modernità dei tempi hanno sostanzialmente reso o rischiato di rendere più fragile o confusa l’architettura istituzionale (si veda quanto accaduto con la riforma del titolo V approvata in epoca di sbornia federalista che, ad esempio, non ha aiutato a risolvere la gestione dell’emergenza sanitaria COVID-19 nel 2020, acuendo il conflitto tra Stato e regioni), si tratta di guardare con lucidità ai contenuti del testo referendario, disancorandolo dal gramo dibattito sul risparmio degli stipendi di deputati e senatori. Non è questo un argomento che Calamandrei avrebbe mai ritenuto degno di discussione, in quanto le funzioni rappresentative non sono una merce di scambio. La nostra è una Costituzione pensata per tutelare le minoranze, i meno rappresentati, i più vulnerabili. È dunque intrisa, anche nella parte relativa alle istituzioni di garanzia, di cultura proporzionale, la più rispettosa delle profonde diversità presenti nella società. Da questo bisogna partire per orientarsi nella scelta di voto.

Esiste dunque il bisogno di approfondire temi costituzionali, nella consapevolezza che essi sono alla radice del vivere comune e del nostro Stato sociale fondato sulle libertà individuali. A questo bisogno risponderà il nostro blog, aprendosi a collaborazioni dentro e fuori il mondo delle organizzazioni non governative. C’è necessità di riflettere, discutere, dialogare intorno allo Stato costituzionale di diritto. Il dialogo è una forma straordinaria di conoscenza. Esso sarà l’essenza di questo spazio di informazione, non proprio e non solo strettamente giuridica.

*Patrizio Gonnella dal 2005 presiede l’associazione Antigone. E’ stato fondatore della Coalizione Italiana per i diritti e le libertà civili. Svolge per conto di organizzazioni internazionali funzioni di monitoraggio di luoghi di privazione della libertà. Insegna filosofia e sociologia del diritto presso il Dipartimento di Giurisprudenza all’Università Roma Tre. Ha scritto numerosi articoli, saggi e monografie sui temi della pena, dei diritti umani e della giustizia. Collabora con numerose testate giornalistiche.

--

--