Farm Cultural Park: il non museo che produce cultura

Chiara Di Salvo
Rinascimento_2.0
Published in
5 min readMay 16, 2020

La Sicilia è una terra piena di contraddizioni. Se tanti sono gli esempi di abbagliante bellezza che si offrono agli occhi di ogni suo visitatore, altrettanti sono quelli di squallore, indifferenza e criminalità che attanagliano e mortificano i suoi abitanti.

Farm Cultural Park (Favara), ph. Francesco Musmarra

Nella cittadina di Favara (AG), a pochi passi dalla più famosa Valle dei Templi e parallelamente alla triste realtà dell’abusivismo edilizio, è nata però una realtà che ha saputo coniugare e redimere questo duplice aspetto: si tratta di Farm Cultural Park, un centro d’arte contemporanea a cielo aperto nato nel 2010 dalla coraggiosa intuizione di una coppia siciliana.

Andrea e Florinda hanno deciso di contrastare l’abbandono e il decadimento di Favara attraverso la cultura, rendendolo oggi la seconda meta turistica della provincia di Agrigento.

Nel 2010 il volto del piccolo centro siciliano era segnato da un gran numero di immobili fatiscenti e dall’abusivismo edilizio, dall’assenza di investimenti e attività sul territorio, dalla rassegnazione dell’amministrazione comunale e da una mancanza di coesione e aggregazione tra le diverse componenti sociali di Favara. Uno di quei luoghi su cui nessuno avrebbe mai scommesso, insomma. Ecco perché, quando Andrea Bartoli e Florinda Saieva scelsero di scommettere su quella terra che per lungo tempo li aveva visti lontani, importando dai loro numerosi viaggi un modello di recupero e riuso non affine alle politiche locali, la comunità favarese fu prima diffidente spettatrice e poi grata protagonista di un esempio tangibile ed efficace di rigenerazione urbana e sociale, che oggi ha stravolto (in bene) l’immagine della città.

Farm Cultural Park (Favara), Foto di Francesco Musmarra

Nel giro di pochi mesi, i palazzotti degradati sono stati trasformati in tanti piccoli padiglioni espositivi, destinati alle molteplici forme della creatività — pittura, scultura, fotografia, musica, design, architettura — e in colorate ed eccentriche residenze per artisti, riqualificando l’area dei Sette Cortili e dando vita al primo parco turistico culturale made in Sicily.
Al suo interno, esposizioni, laboratori, workshop, spettacoli, mercatini handmade e un’ampia offerta di esperienze permettono di riscoprire la convivialità attraverso l’arte contemporanea.
Farm Cultural Park non ha la presunzione di essere chiamato “museo”: è più uno spazio culturale diffuso, un centro di gravità permanente per artisti, architetti, scrittori, talenti, ma anche per curiosi di ogni tipo, di ogni età e provenienza, che guarda alla cultura come uno strumento per preservare e
rinnovare la tradizione di Favara e al turismo come mezzo per rinsaldare le proprie radici.

Farm Cultural Park (Favara), Foto di Francesco Musmarra

L’efficace rigenerazione urbana compiuta a Favara ha permesso non soltanto di recuperare un’area altresì destinata a sparire, restituendola ai suoi cittadini di oggi e di domani, ma anche di creare e catalizzare un turismo di qualità su un territorio privo di ogni valore attrattivo. E se è vero che esso debba essere sostenibile, scegliere di intervenire in un centro storico lungamente corroso
dall’indolenza delle istituzioni e dalla morsa dell’abusivismo ha inevitabilmente condotto all’utilizzo e all’applicazione di alcune forme di sostenibilità ambientale, economica e sociale.

L’intuizione di non radere al suolo l’area ha portato da un lato alla messa in sicurezza di edifici precari e dismessi, che erano fonte di pericolo e di preoccupazione costante, mentre dall’altro alla riqualificazione urbana dell’area e alla valorizzazione degli edifici storici della città e delle sue aree verdi.

Inoltre, la piaga dell’abusivismo è stata parzialmente sanata grazie all’applicazione dei corretti protocolli per la qualità costruttiva, seppur a fatica a causa di un’amministrazione comunale e provinciale non attenta.
Il tessuto attrattivo generato da una così ampia commistione di elementi culturali ha poi generato un tipo di turismo attento alla comunità di appartenenza, dal punto di vista economico certamente, ma anche sociale.

Favara era uno di quei luoghi in cui nessuno capitava mai, nemmeno per sbaglio. Non vi era un prodotto “da vendere”, mancavano le idee e la volontà di metterle in pratica.

Ma quando queste sono giunte, si è trattato soltanto di dar loro fiducia.

Due singoli cittadini hanno deciso di dedicare tempo e denaro ad un progetto che, a fronte di un grande investimento iniziale, ha portato in media 120mila visitatori all’anno e ha creato svariate opportunità di lavoro. È stato dato impulso alle piccole imprese, i produttori locali sono stati coinvolti nel progetto, sono nate strutture ricettive, nuove attività economiche, spazi per la sperimentazione e la fruizione della cultura.

La scelta non casuale di puntare su degli strumenti, sfuggenti ma anche potentissimi, come l’arte e l’architettura contemporanea e il design, hanno posto Favara all’interno di un dialogo attuale e dinamico non solo italiano, ma europeo: la città ha ridisegnato il proprio volto, offrendosi come un nuovo laboratorio innovativo che non dimentica il proprio passato. E il guadagno, che rimane sul territorio, viene riutilizzato per sanare altre aree della
città e generare nuovi investimenti.

La coppia di mecenati non è la sola che ha creduto in questo progetto.

Tra gli attori dell’innovazione, ci sono stati anche tutti gli artisti e i creativi che hanno collaborato, mettendo a disposizione le proprie opere e partecipando all’attività di cambiamento. E con loro, i residenti di Favara, inizialmente investiti dalla responsabilità di esserne protagonisti, adesso sono partecipanti attivi nella mutazione della propria città.

Farm Cultural Park (Favara), ph. Francesco Musmarra

Farm Cultural Park non è stata solo un’azione economico-turistica e nemmeno esclusivamente artistica.

Si è voluto realizzare un progetto in relazione alla comunità di appartenenza, per la comunità di appartenenza e per coloro che avevano visto Favara perdersi sotto il peso delle sue macerie e nella desolazione delle sue piazze, e che la vivono adesso nella sua nuova veste di centro culturale, di officina creativa, di polo turistico e sociale.

È stata pensata un’azione di riscatto per gli spettatori inermi del decadimento della propria città e che ha generato, prima ancora di un turismo efficace e risanatore, un nuovo senso di comunità e di partecipazione, attraverso la fruizione della cultura in tutte le sue declinazioni.

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Chiara Di Salvo
Rinascimento_2.0

Dal 1993, scrivo cose giusto per il piacere di lamentarmene.