Il difficile incontro fra uno scienziato e un’umanista
Ricordi dal futuro
Quando si è giovani, appena usciti dall’Università, il rischio più grande è quello di essere talmente assorbiti dalle cose che si sono studiate, e che si stanno studiando, da pensare che tutto il mondo debba saperne qualcosa. Ricordo ancora, ero già un giovane ricercatore, quando, al volante di una vecchia Ritmo bianca, chiacchieravo con la mia futura moglie, laureata in Letteratura inglese a Pavia con Tomaso Kemeny. Mi capitò, per la prima volta dopo molte uscite insieme, di raccontare l’oggetto dei miei studi. Fui estremamente semplice — o così pensai. Spiegai che le cellule dei muscoli sono dette fibre perchè sono molto lunghe e sottili e vanno da un tendine all’altro. Esse si contraggono grazie a strutture, formate da filamenti proteici, lunghe quanto la stessa cellula e disposte come gli spaghetti in un pacchetto di pasta. Quando cominciai a dire che l’energia per la contrazione veniva dai mitocondri mi girai e colsi un’ espressione attonita. Chiesi, ma tu non sai cosa sono i mitocondri? “No”. Mi indignai, ma allora tu non sai com’è fatta una cellula? “No!”. Mi accorsi che davo per scontato che tutti sapessero, o dovessero possedere minime nozioni di biologia di base. Dimenticavo, dopo anni di studio concentrati sul corpo umano, che la biologia è una materia che non tutti studiano con la stessa attenzione nella scuola secondaria e che si dimentica facilmente se non viene ripresa negli studi universitari.
Spesso raccontiamo e ridiamo di questo episodio. A me ricorda sempre come sia necessario tenere la mente aperta ed essere capaci di immedesimarsi nell’altro; nulla è mai scontato, che si tratti di una cellula, una poesia, un articolo della Costituzione o talvolta, anche di una regola grammaticale.